“IL CIRCOLO PUTIN, UN POTERE IMMENSO E SPAVENTOSO”: INTERVISTA A CATHERINE BELTON, EX CORRISPONDENTE DEL FINANCIAL TIMES
“I SUOI UOMINI INFILTRATI NEL CUORE DI UN’EUROPA DISTRATTA, DELLA GALASSIA LUI E’ IL FRONTMEN, NON L’ANIMA: ORMAI E’ OSTAGGIO DEL SUO STESSO POTERE”….OLIGARCHI, CRIMINALI, EX AGENTI DEI SERVIZI
“I capi della criminalità organizzata russa, i suoi membri, i suoi associati, si stanno spostando in Europa occidentale, stanno acquistando immobili, stanno aprendo conti bancari, stanno fondando aziende, si stanno infiltrando nel tessuto della società , e quando l’Europa se ne accorgerà sarà troppo tardi”.
Le parole di Bob Levinson, ex agente speciale dell’Fbi, si leggono sulla prima pagina della mastodontica opera di Catherine Belton, ex corrispondente a Mosca del Financial Times.
La reporter, dopo anni di lavoro passati a investigare sul posto, ha raccolto in un saggio solo – quasi 800 pagine, edito adesso in Italia dalla Nave di Teseo – storie e segreti de “Gli uomini di Putin”.
Uno per uno, la Belton ritrae oligarchi, criminali, ex agenti dei servizi segreti sovietici e poi russi, che “hanno concentrato nelle loro mani un potere immenso e spaventoso, e, nonostante i tanti libri a riguardo, c’è molto ancora che non abbiamo capito sull’arrivo di Putin e del Kgb al vertice russo dopo il collasso dell’Unione Sovietica”, dice l’autrice da Londra.
Parliamo de “Gli uomini di Putin”, con le loro storie e segreti, ma soprattutto milioni e fondi bancari.
Negli anni ’90 si è formata quella generazione di oligarchi che ha beneficiato delle privatizzazioni e ha cominciato a investire in Occidente, ma in quegli anni i tycoon rimanevano ancora indipendenti e non controllabili dal Cremlino. Anzi, in principio dettavano le regole negli anni di Eltsin. Dopo un paio di processi spettacolo agli uomini più ricchi della Federazione, le cose sono cambiate: adesso i magnati possono rimanere a capo delle loro compagnie solo rimanendo nella lista degli alleati di Mosca. Quando il capo della compagnia Yukos, Michail Khodorskovsky, è finito in tribunale, sono stati bravi a non spaventare la comunità finanziaria internazionale, che si abituò all’idea che sarebbe finito in galera. La pena inflittagli fungeva da avviso per gli altri oligarchi, che avrebbero fatto la stessa fine, se non fossero risultati obbedienti al sistema. Negli anni successivi noi corrispondenti a Mosca eravamo impegnati a scrivere dell’emergere della classe media russa durante la ripresa economica, sono gli anni in cui Putin stringe un patto con la popolazione dopo il caos degli anni Eltsin: non questionare il potere finchè l’economia avanza e gli standard di vita migliorano.
Un patto che esiste ancora?
È molto fragile ora, soprattutto dopo la decisione di modificare l’età pensionabile, che i russi hanno letto come un tradimento. Poi c’è la sfida dei prezzi del petrolio che oscillano, le conseguenze della pandemia, l’impoverimento e la crisi economica, peggiorata dalle sanzioni occidentali.
Quando investigava i casi di corruzione nella Federazione, poteva immaginare di doverlo fare un giorno per le operazioni russe in Europa o America?
Assolutamente no: non pensavo che lo schema corruttivo russo funzionasse così bene da arrivare oltre confine, o che il regime Putin ottenesse tanto successo ad Ovest. Quando sono andata via da Mosca, ho capito che le operazioni si erano mosse fino a qui, in Europa, con il finanziamento di partiti di estrema sinistra ed estrema destra, Italia compresa, per dividere l’Ue. Gli inquirenti dell’agenzia anti-crimine britannica, per esempio, non sono riusciti ad investigare adeguatamente i fondi russi finiti nella campagna Leave durante il referendum per la Brexit. In generale decine di milioni di dollari in arrivo dalla Russia non vengono tracciati, servono a corrompere ufficiali, finiscono in hedge fund, se non vinceremo la sfida della trasparenza, la nostra democrazia verrà sovvertita da questi capitali.
Europa e America, dove le urne sono state appena chiuse. Lei scrive in un capitolo del libro: “all’inizio l’attività di Trump non era altro che un comodo strumento attraverso cui trasferire fondi negli Stati Uniti…, a un certo punto è diventato un’opportunità politica per il Cremlino. Trump corrispondeva ai sogni di molti putiniani del Kgb”. Nel suo libro racconta anche dettagliatamente come, molto prima del 2016, la fauna ex sovietica di magnati, criminali, ex agenti o informatori del Kgb, circondava Trump già ai tempi della costruzione dei suoi casinò Taj Mahal.
Trump ha portato benefici al Cremlino: ha sbilanciato l’equilibrio dell’ordine nato alla fine della Guerra Fredda, ha eroso la potenza americana, ma la sua amministrazione ha reagito imponendo sanzioni alla Russia. Quando Trump fu eletto, al Cremlino rimasero sorpresi e contenti: nemmeno loro in principio pensavano si trattasse di un candidato eleggibile. L’influenza di Mosca alle elezioni 2016 è stata palese, quasi come se volessero essere scoperti, e non c’è stata un’elezione più importante di questa appena conclusasi negli ultimi anni. Alla luce dei risultati, penso a quello che Putin disse un paio di anni fa ad un mio collega del Financial Times: “la democrazia liberale è finita”. Non so con quanta certezza potrebbe affermarlo ora.
In un passaggio del suo libro un altissimo ufficiale dice: Putin “all’inizio aveva l’idea di arricchirsi e godersi la vita, sistemare problemi personali. E in linea di massima lo ha fatto alla svelta, ma durante i primi quattro anni del suo mandato, ha capito che erano successe cose che non gli avrebbero mai consentito di tornare indietro”. Il presidente ha creato la sua cerchia o la cerchia ha creato lui? Se Putin volesse, potrebbe abbandonare la carica?
Si è assicurato la possibilità di rimanere al potere con il referendum e cambio della Costituzione, ma non so se davvero voglia rimanerci fino al 2036, credo che sia stanco di essere presidente e forse anche larga parte dell’èlite di Mosca è stanca che lo sia. I quadri intorno a lui però sono nervosi per le conseguenze che potrebbero arrivare dai cambiamenti, o di quanto possa essere destabilizzante una transizione. Della galassia lui è il frontman, non l’anima e si è lasciato poco spazio di manovra. Putin è ostaggio del suo potere e del sistema che ha creato.
(da “Huffingtonpost”)
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