IL COMPLOTTO ANTIPAPA: DALLA LETTERA DEI 13 CARDINALI ALLE FALSE VOCI SULLA SUA MALATTIA
L’OSSERVATORE ROMANO: “INTENTI MANIPOLATORI”… PAPA FRANCESCO STA FACENDO PULIZIA SENZA GUARDARE IN FACCIA NESSUNO E VOGLIONO FARGLIELA PAGARE
La “nostalgia” del Papa infermo è l’unica, vera sindrome inguaribile, magari non maligna ma di sicuro maliziosa, che emerge da una radiografia multistrato, condotta in profondità fra le righe, e pieghe, dello “scoop” che ha turbato all’alba il risveglio dei vescovi, per riassopirsi e spegnersi all’ora della siesta pomeridiana: la quale peraltro, sulle sponde vaticane del Tevere, rimane in ogni caso un must irrinunciabile, anche in tempi di Sinodo e turbolenze epocali.
Non c’è nessuna “ombra” nel cervello, e nella mente, di Bergoglio, lucido e determinato, nonchè in salute nel portare avanti la propria rivoluzione, ma solo il rimpianto dei tempi che furono da parte di un ceto ecclesiastico che, “all’ombra” dei papi anziani, era de facto avvezzo a governare, in autonomia e per lunghi periodi, una delle maggiori potenze del pianeta, tra cerchi magici ed eminenze grigie.
Un destino a cui Ratzinger, avendolo vissuto e aborrito da vicino durante la malattia e agonia di Giovanni Paolo II, ha sottratto per sempre la Chiesa, con la più grande riforma costituzionale dai tempi dal Concilio a oggi.
Le dimissioni di Benedetto XVI, più volte indicate dal successore come modello da seguire, al quale intende lui stesso adeguarsi, hanno debellato strutturalmente il morbo di Vatileaks che tuttavia si riaffaccia in chiave congiunturale, quanto meno in funzione destabilizzante.
Anzi “manipolatoria”, chiosando le parole dell’Osservatore Romano, con spregiudicatezza e senza esclusione di colpi.
Non vogliamo alimentare dietrologie, di pessimo gusto quando si chiama in causa la salute, ma l’intervento esplicito e senza precedenti del quotidiano della Santa Sede le autorizza, in qualche modo le obbliga.
Non possiamo pertanto astenerci dal cogliere e rilevare che, a “fronte” della popolarità crescente del Pontefice, il “fronte” dell’opposizione si ingrandisce di giorno in giorno, in misura direttamente proporzionale, dentro e fuori la Chiesa.
Si tratta di un esercito variegato, che per adesso lascia uscire allo scoperto solamente una parte dei suoi effettivi, ma che annovera sin d’ora interi episcopati, settori della stampa, centrali economiche e finanziarie, movimenti cattolici e partiti politici: accomunati dal fatto di considerare il pontificato argentino un incidente di percorso, una parentesi e una nemesi, a scelta tra una tentazione del demonio e una distrazione dello Spirito Santo, nel peggiore o nel migliore dei casi.
La lettera dei tredici cardinali, numero fatidico, sancisce del resto, come abbiamo scritto subito, la rottura della maggioranza che il 13 marzo 2013 elesse Francesco, candidato di minoranza, in nome di una discontinuità geopolitica e territoriale, non certo ideologica e dottrinale.
Status di cui Bergoglio è perfettamente conscio e che lo ha spinto, sabato mattina, commemorando il cinquantesimo anniversario del sinodo, a stringere le redini, pronunciando un discorso apparentemente decentratore, ma in realtà preannunciando una svolta accentratrice.
E’ stata una risposta agli avversari, senz’altro, ma soprattutto a se stesso, alla fragilità che aveva evidenziato tre giorni prima, nell’udienza del mercoledì.
Per la prima volta dopo due anni e mezzo, che coincidono temporalmente, e probabilmente, con il giro di boa di un mandato breve, Francesco ha tradito il timore di non farcela, guardando fisso all’orizzonte, verso le sfide che lo attendono e che d’improvviso gli saranno sembrate immani.
Alla stregua di Mosè quando vide da lontano la Terra Promessa, sul Monte Nebo, sapendo che c’era una guerra da combattere, ancora lunga, e non sarebbe toccato a lui di raggiungerla.
Il suo, mentre chiedeva perdono ai fedeli per gli scandali di Roma e della Chiesa, non era il volto di Roncalli e Wojtyla, trionfatori politici e mediatici, ma di Montini e Ratzinger, i grandi sconfitti della storia.
Come “Ulisse “ che di ritorno dall’Odissea americana, dopo aver superato le prove, nella terra dei giganti, trova una reggia insidiata da usurpatori che ambiscono alla mano della sua Chiesa, sposa di Cristo.
Poi però deve essergli tornato a mente il congedo di Ratzinger, quando radunò i cardinali giunti a Roma per il conclave, giovedì 28 febbraio: “Vorrei lasciarvi un pensiero semplice…la Chiesa vive lungo il corso del tempo, in divenire, trasformandosi”.
Un incipit che Bergoglio avrebbe ripreso esattamente due settimane dopo, a mo’ di testimone, nella prima omelia da Successore di Pietro: la Chiesa si trasforma, è “in movimento”.
E due millenni di storia stanno lì ad assicurare che finora non è mai tornata indietro.
(da “Huffingtonpost”)
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