IL CUORE DEI MILANESI IN AIUTO AI PROFUGHI IN STAZIONE CENTRALE: 500 VOLONTARI E TANTI CITTADINI CHE PORTANO VESTITI E CIBO
I MEDICI: “BASTA ALLARMISMI SULLA SCABBIA, SI CURA FACILMENTE, NESSUN ITALIANO E’ MAI STATO CONTAGIATO”
Un ragazzo eritreo arriva al presidio sanitario. Indossa una tunica bianca, l’ha appena ricevuta da uno dei tanti volontari che distribuiscono abiti puliti ai migranti arrivati in Stazione Centrale di Milano.
Si gratta, ha gli occhi stanchi. Il medico lo visita, la diagnosi è veloce e uguale a quella di altri: scabbia. Il giovane si sveste e gli viene spalmata una pomata su tutto il corpo. Dovrà tenerla per 8 ore poi lavarsi e indossare vestiti puliti. Così dovrebbe guarire. Gli viene lasciato un foglio con le indicazioni per la terapia. Dovrà mostrarlo ai volontari di uno dei centri di accoglienza dove, probabilmente, trascorrerà la notte.
I casi di scabbia tra i migranti arrivati a Milano ci sono, “ma non meritano alcuna psicosi o allarmismo”, come puntualizza Giorgio Ciconali, direttore dell’Ufficio di igiene della Asl.
“La scabbia tra i migranti del Corno d’Africa ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi mesi. Siamo arrivati a 600 casi dimostrati, ma sono tutti di importazione. La malattia è stata contratta prima o durante il viaggio per arrivare qui —spiega Ciconali-. Non esistono casi di contagio tra chi ha avuto contatti con i migranti. La scabbia è una malattia fastidiosa ma non grave e, soprattutto, non si trasmette facilmente. Per evitare il contagio basta seguire pochi e semplici norme igieniche, come indossare guanti di lattice e lavarsi spesso le mani con i comuni disinfettanti”.
La conferma della non gravità della malattia è arrivata anche dal Ministero della Salute. “Non si tratta di un’epidemia, ma di una patologia dermatologica banale per la quale esiste una terapia a basso costo —ha detto il direttore generale Ranieri Guerra-. Nel 2015 i casi di scabbia rilevati dai medici di confine negli sbarchi degli immigrati, sono circa il 10%: 4.700 casi di scabbia su 46 mila individui in arrivo nei porti italiani”.
Tra i ragazzi in coda per una visita al presidio di Milano ce ne sono alcuni visibilmente provati. Qualcuno si tiene la testa fra le mani, qualcun altro quasi piange.
Per tre ore al giorno al presidio della Stazione c’è anche un pediatra. Oggi però sono arrivati solo tre bambini. “Stanno meglio degli adulti-spiega il dottor Ciconali- e questo è un bene”. Un mamma porta a visitare il suo bellissimo figlio di due anni che sorride a tutti e vuole giocare a palla con i volontari.
“È solo un po’ di febbre”, la tranquillizza la pediatra “con un viaggio come quello che avete fatto è normale”.
A fare da interprete tra la donna e il medico c’è Amalia, una ragazza eritrea nata e cresciuta in Italia.
È arrivata in stazione da sola, su iniziativa spontanea, perchè ha letto che è molto difficile trovare chi parla il tigrino. “Non faccio parte di nessuna associazione. Voglio solo aiutare il mio popolo”. Amalia corre da una parte all’altra. Accompagna chi non si sente bene al presidio, scandisce sintomi e terapie tra medici e pazienti.
La scabbia non ha fermato la macchina di solidarietà dei milanesi, e non solo.
Il flusso di persone che porta aiuti in stazione è continuo. Signore borghesi, studenti universitari, pensionati, mamme con bambini che all’ora di pranzo si presentano con due enormi pentole piene di pasta.
“La reazione delle persone è straordinaria —commenta Amina volontaria e interprete di origini tunisine- ci sta arrivando di tutto: cibo, vestiti (preziosi soprattutto per gestire al meglio la cura dei casi di malattie della pelle), giocattoli per i bambini”.
Tra gli ormai oltre 500 volontari e addetti che gestiscono l’emergenza migranti a Milano sembra che nessuno abbia avuto paura per la scabbia. “Rispettiamo le norme igieniche-spiega Giorgio- indossiamo i guanti e evitiamo di abbracciare i bambini o di avere contatti prolungati pelle a pelle, ma la scabbia non si prende sfiorandosi. Per me il rischio è davvero basso”.
Luca e Silvia, sono due ragazzi romani a Milano per Expo. Sono venuti in stazione apposta per dare una mano.
“Servono medicine?”, chiedono. “Noi per fortuna siamo a posto —risponde uno dei medici- meglio dare gli aiuti direttamente ai centri di accoglienza. Nei prossimi giorni ne avranno bisogno. Servono vestiti, magari sali minerali per combattere la disidratazione e creme per lenire le ustioni”.
Intanto Luisa, un’elegante signora che da mesi dà un mano in stazione, sta servendo pane e Nutella a decine di eritrei che si sono messi in coda.
Le si rompe un guanto di lattice, lo sfila, lo butta a terra. “Tanto la scabbia non si prende mica con il pensiero”.
(da “Huffingtonpost”)
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