IL DOPO-LUPI: RENZI PESA I RISCHI DI RIDIMENSIONARE GLI ALFANIANI
L’INTERIM ALLE INFRASTRUTTURE E LA SCELTA DI QUALE MINISTERO AFFIDARE A NCD
Il problema è il peso: quale dicastero toccherà a Ncd dopo le dimissioni di Lupi dalle Infrastrutture?
Stavolta non è (solo) una questione di poltrone, perchè dal modo in cui si concluderà la trattativa in corso tra Renzi e Alfano si capiranno gli scenari futuri: si capirà cioè quali sono le valutazioni del premier sui rapporti in prospettiva con il partito alleato, quale sarà il destino di Area popolare, e dunque quale sarà la durata dell’attuale governo con gli attuali equilibri.
Tutto sta dentro una nomina. Perciò il presidente del Consiglio ha chiesto tempo al capo dello Stato: «Ho bisogno di tempo», gli ha detto, prendendo a pretesto la difficoltà di scegliere con chi riempire il posto rimasto vacante nell’esecutivo, siccome «di nomi ce ne sono ma solo uno mi convince», quello di Delrio.
Tuttavia la scelta dell’interim da parte di Renzi non è certo legata alla preoccupazione di doversi privare a Palazzo Chigi dell’attuale sottosegretario.
Il tempo gli serve per chiudere quello che – a tutti gli effetti – è stato un passaggio di crisi del governo, e per stabilire quale orizzonte dare al suo gabinetto e con quali assetti.
Nei ripetuti colloqui con Alfano – nei giorni a cavallo delle dimissioni di Lupi – il premier si sarebbe impegnato a riconoscere «un ruolo politico forte» a Ncd, con un ministero dello stesso peso, a testimonianza del suo interesse per la stabilità .
Ma l’idea di destinare ai centristi gli Affari regionali – pur con la delega del Mezzogiorno – è parsa contraddire l’impegno iniziale: un simile ministero, peraltro senza portafogli, darebbe il senso del ridimensionamento della forza alleata.
Con inevitabili contraccolpi.
Perchè Renzi ha la «golden share» nella maggioranza, e può quindi immaginare di disporne a piacimento, magari preventivando per Ap un flop alle Regionali.
Ma l’opzione di fare Alfano suo prigioniero deve tenere in conto la crepa che si sta aprendo in Ncd.
Un tema di cui a palazzo Chigi si è discusso riservatamente la scorsa settimana, se è vero che – appena Lupi è entrato nell’occhio del ciclone per l’inchiesta di Firenze sull’Alta Velocità – gli uomini del premier hanno subito preso in mano il pallottoliere: volevano valutare l’impatto che avrebbe potuto avere al Senato l’eventuale rottura dell’allora ministro con la maggioranza.
Ma il problema non è (solo) numerico, è politico: e il ridimensionamento dei centristi non sarebbe a costo zero.
Alfano ritiene di potersi fidare della bontà dell’accordo con il premier, e continua a trattare proprio mentre Berlusconi invita invece i dirigenti di Ncd a non fidarsi: «Non fidatevi di Renzi. Come ha preso in giro me, prenderà in giro anche voi».
Il pressing su Lupi è evidente, ce n’è traccia non solo nell’endorsement fatto nei giorni scorsi dalla forzista Gelmini per una sua «possibile candidatura» a sindaco di Milano, ma anche nelle parole esplicite pronunciate ieri da Maroni: «Ho parlato poco fa con l’ex ministro e mi pare che dentro Ncd ci siano movimenti interessanti…».
Sarà pure un’ingerenza negli affari interni di un’altra forza politica, ma visto il conflitto che si è aperto in quello che è stato il centrodestra, il governatore leghista non se ne cura ed evoca una spaccatura di Ncd, nel giorno in cui la capogruppo alla Camera, De Girolamo, chiama alla «conta interna» contro Alfano per arrivare a un «appoggio esterno» del governo Renzi.
Si vedrà se è una mossa isolata o la testa di ponte di un progetto più ampio.
Ancora ieri sera Lupi – che è prossimo a sostituire la De Girolamo nel ruolo a Montecitorio – in una intervista a Quinta colonna ha ripetuto che il suo gesto è stato «un atto per rafforzare il governo».
Ma in una alleanza conta la reciprocità dei gesti e non c’è dubbio che i centristi siano in tensione, visto che in molti vedono nell’atteggiamento del premier una volontà di «annettere» il loro partito.
Ecco perchè la scelta del capo del governo sul peso da dare a Ncd nell’esecutivo sarà decisiva.
Ecco perchè ha chiesto «tempo» a Mattarella per risolvere la vertenza, pur tradendo ieri un certo nervosismo: a chi era rivolta la battuta sull’Italicum, che «con il premio di maggioranza consente di superare il meccanismo devastante del potere di veto dei piccoli partiti»?
A Renzi tocca l’ultima parola, da lì si capiranno la traiettoria del governo e della legislatura.
Dopo la rottura del patto del Nazareno, infatti, se anche la sponda con Ncd dovesse indebolirsi, il premier si troverebbe esposto a sinistra, e quella parte del Pd – per quanto rottamata – medita di tornare a contare, almeno in Parlamento.
Perciò il rapporto con Alfano è stato finora importante.
A meno che il leader del Pd non guardi già al dopo Regionali: se così fosse, vorrebbe dire che all’indomani delle urne mette in conto tutto…
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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