IL FISCO SECONDO MELONI: AIUTI AI RICCHI E SCUDO PREVENTIVO ALLE IMPRESE
GUERRA AI POVERI E FAVORI AI SOLITI… LA SEDICENTE DESTRA ASOCIALE AL SERVIZIO DI POTERI FORTI E LOBBY
I sindacati l’hanno bocciata e ne chiedono il ritiro; imprese e professionisti ne sono invece entusiasti e si capisce il perché.
La legge delega per la riforma fiscale che oggi approda in Consiglio dei ministri è tarata su alcuni settori della società.
La tecnica è politica e le scelte non sono mai neutre: fanno vincitori e vinti, e tra i primi sicuramente ci sono i redditi medio-alti e le imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni che ottengono una curiosa forma di salvacondotto penale-tributario.
Cose che capitano se la riforma del fisco viene affidata a un tributarista con grandi clienti: il viceministro all’Economia, Maurizio Leo (FdI).
Andiamo con ordine. La riforma è, appunto, una delega al governo, le vere scelte si faranno nei decreti delegati entro 24 mesi.
L’obiettivo è “stimolare la crescita economica mediante la riduzione del carico fiscale”. Manca invece qualsiasi idea di rimodulare quel carico per ridurre le disuguaglianze.
D’altronde l’obiettivo di fondo, spiega la delega, è arrivare alla “flat tax” per tutti. Nel frattempo, si procede a ridurre le aliquote Irpef da quattro a tre. Due le ipotesi: 23%, 27% e 43% o 23%, 33% e 43%.
Dall’aliquota centrale dipenderà il costo (da 6 a 10 miliardi).
Le risorse? Torna un classico: la “revisione delle tax expenditures”, gli sconti fiscali che oggi contano più di 600 voci per 165 miliardi di spesa. Il taglio sarà forfettizzato per scaglione di reddito, senza toccare le detrazioni più delicate (casa, scuola, sanità).
Come si intuisce, sul livello di progressività molto dipenderà dalle detrazioni, ma è evidente che la riduzione delle aliquote non potrà che avvantaggiare i redditi medio-alti.
Nulla si legge che arresti lo svuotamento dell’Irpef: vi restano i redditi da lavoro dipendente (e da pensione) ma la riforma salva tutti i regimi cedolari sui redditi da capitale e affini, dalle plusvalenze alla cedolare secca sugli affitti (da estendere a quelli commerciali).
Sopravvive pure la flat tax per le partite Iva e si punta ad allargarla ai “redditi incrementali” dei dipendenti (ovviamente se verranno trovati i soldi…).
A ogni modo, la riforma contiene diverse innovazioni, come l’ipotesi di rimodulare l’Iva (e azzerarla su alcuni beni) o di ridurre l’Ires a chi investe e assume, superando gradualmente l’Irap, che sparirà subito solo per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti, cioè il mondo da cui viene Maurizio Leo.
Sul fronte della lotta all’evasione, si punta tutto sul “migliorare il rapporto tra fisco e contribuente”, riducendo adempimenti e obblighi dichiarativi.
Torna l’istituto del “concordato preventivo biennale”, grazie al quale le imprese potranno pagare un forfait calcolato dalle Entrate esentando dalle imposte gli eventuali maggiori ricavi. Un’idea di Tremonti nel 2003 che si concluse con un clamoroso flop.
Di buono c’è che il governo non rinuncia all’uso delle banche dati per scovare gli evasori, ma la questione cambia sul fronte delle sanzioni penali e tributarie.
Sparita l’idea di eliminare il reato di infedele dichiarazione, quella nuova è eliminarlo per le grandi imprese che aderiscono al regime di cooperative compliance (in sostanza, un regime di trasparenza e comunicazione delle attività con possibile rischio di contestazione fiscale). Finora hanno aderito una cinquantina di grandi aziende oltre il miliardo di fatturato, ma l’idea è di coinvolgere tutte quelle oltre i 100 milioni di ricavi: se aderiscono, saranno esenti da sanzioni tributarie e penali in caso di futuri accertamenti.
Una specie di salvacondotto che indurrà le imprese a una maggior propensione a tenere condotte fiscalmente aggressive: in caso di contestazioni, al massimo saranno costrette a pagare le imposte prima risparmiate.
“Un salvacondotto che ricorda quello penale ai manager dell’Ilva – spiega un esperto fiscale –. Qualsiasi esperto coglie un fatto evidente: la delega è piena di scelte dettate da imprese (e loro consulenti) per azzerare numerose sentenze della Cassazione”.
(da Il Fatto Quotidiano)
Leave a Reply