IL LEGHISTA PLURINDAGATO GIANLUCA PINI ORA FA LA MORALE SULL’EVASIONE
IL MARONIANO VICE-CAPOGRUPPO ALLA CAMERA CRITICA LA IDEM, MA NON DICE CHE LUI HA TRE PROCEDIMENTI A CARICO PER UN’EVASIONE DI 2 MILIONI DI EURO E UN’APPROPRIAZIONE INDEBITA PER 400.000 EURO…E CON IL MAGISTRATO HA RINVIATO OGNI SPIEGAZIONE
Difficile non pensare al Vangelo di Matteo (“Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”) se si rileggono le dichiarazioni diramate a tutte le agenzie sabato dal vicecapogruppo della Lega Nord Gianluca Pini.
La sua è stata un escalation.
Il 21 giugno pontificava sul caso del ministro Idem: “C’è una questione politica irrisolta, in un affare che resta sempre più oscuro”.
Sabato 22 giugno, il leghista bolognese rincara la dose dopo la conferenza stampa nella quale il ministro ha ammesso le sue colpe sulla palestra e l’Ici non pagata: “La kompagna Idem con la conferenza stampa / farsa di oggi ha stabilito una nuova forma di comicità , superando di slancio il compianto -ma simpatico- Fantozzi nelle acrobazie per negare la realtà dei fatti”.
Il punto è che Pini Gianluca, 40 anni, imprenditore dell’import alimentare dall’Asia, è indagato in tre procedimenti penali per vicende a prima vista ben più gravi di quelle (comunque degne di nota) contestate a Josefa Idem
Il procuratore di Forlì Sergio Sottani insieme al sostituto Fabio Di Vizio, contestano a Pini di avere evaso imposte per 2 milioni e 34 mila euro creando ad hoc una società dopo avere perso la causa in commissione tributaria di secondo grado.
Prima che il debito verso l’erario divenisse definitivo ed esigibile, Pini inizia a operare la sua attività di importatore di caffè non più con la Nikenny (debitrice verso l’erario) ma con la Gold Choice Europe SRL, creata due mesi dopo la sentenza di secondo grado sfavorevole.
Pini nega che abbia creato la Gold Choice per aggirare i suoi obblighi e giura ai pm di Forlì di voler pagare le imposte.
Però nell’interrogatorio del vicecapogruppo della Lega Nord, c’è anche una seconda contestazione per l’appropriazione indebita di 400 mila euro provenienti da San Marino e sui quali Pini e il padre hanno effettuato lo scudo fiscale.
I pm vorrebbero sapere da dove provengono quei soldi ma l’onorevole si rifiuta di dire dove li ha presi.
Anzi il sei luglio del 2012 appena si è seduto di fronte ai pm Sottani e Di Vizio, Pini tiene a precisare: “Nella presente fase è mia intenzione non rispondere riguardo ai temi concernenti l’esistenza di provviste estere a me riferibili, loro provenienza e meccanismi di formazione e più in generale sulle operazioni connesse alla relativa emersione secondo procedura di scudo fiscale”.
Parole poco coerenti con quelle infuocate riversate sulla Fantozzi-Idem.
Il leghista nell’interrogatorio scarica la responsabilità sulla sua ex amministratrice. Nessuna intenzione – dice lui – di abbandonare la Nikenny con il suo carico di debiti verso il fisco al suo destino.
Il parlamentare al pm dice: “Dottor Di Vizio, questo era il massimo che si poteva fare per cercare di fare rientrare (l’erario Ndr) ”.
I suoi ex compagni di affari dicono al pm che – se la Cassazione confermasse la sentenza di secondo grado – la Nikenny non sarebbe in grado di pagare i due milioni al fisco.
Ma Pini replica: “Scusi Dottor Di Vizio, ma chi le dice che io non sia in grado, magari nel momento in cui diventa definitiva (la sentenza Ndr), di trovare le finanze per pagare la multa? ”.
Per accreditare la sua esperienza di vero importatore, Pini offre ai pm le sue credenziali: “Io sono stato fra Taiwan, Malesia, Cina. Ho portato copia dei passaporti, così vi divertite. Sono stato lì dal settembre ’99. Fra l’altro, quando arrivai ci fu quel magnifico terremoto a Taiwan che fece 2.000 morti, a Thaichung (…) facevo avanti e indietro. Diciamo che stavo un mese là e quindici giorni in Italia (…) Ci sono stato circa cento volte ad Hong Kong. Thailandia, Malesia, Singapore, Taiwan, Corea, Giappone”.
Il pm gli ribatte che “lo scudo fiscale ha aspetti che meritano un’attenzione per alcune circostanze che sono segnalate già nella segnalazione operazione sospetta della Banca d’Italia, e cioè che è stato realizzato lo scudo, ha firmato lei, ma l’operazione fisica di rientro con un bonifico è stata disposta da suo padre. Questo è, credo, ormai acclarato”.
La sensazione è che Pini abbia usato lo scudo, non per far rientrare somme che erano all’estero come previsto dalla norma, ma di origine diversa.
Il deputato leghista replica: “Dottore, torno a ripetere, ben volentieri in una seconda fase le do tutte le indicazioni”.
Con comodo, Pini, con comodo.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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