IL PAESE INFILTRATO DALLA ‘NDRANGHETA TORNA AL VOTO
POVERTA’, PAURA E ZERO COMIZI A NARDODIPACE, IN CALABRIA… 1359 ABITANTI, COMMISSARIATO DUE VOLTE
Non ci sono comizi e altoparlanti gracchianti, sui muri non ci sono manifesti, l’unico è in piazza vicino al municipio, è quello stampato dalla prefettura con le liste e i nomi dei candidati.
In questo clima quasi irreale Nardodipace, il Comune delle Serre calabresi della provincia di Vibo Valentia, si prepara a tornare al voto dopo il secondo scioglimento per infiltrazioni mafiose della sua storia.
Le ultime ore di campagna elettorale si consumano al chiuso delle case.
È qui che si conquista la vittoria, famiglia per famiglia, voto per voto. I candidati fanno la spola tra le tre frazioni del paese alcune distanti tra loro anche decine di chilome tri di tornanti e strade già ghiacciate.
Si arriva anche nel vecchio centro abitato, abbandonato dopo l’alluvione del 1951, dove sono rimaste a vivere appena sei famiglie.
Tutti, dicono, andranno a votare. «Siamo stanchi – ci spiegano – dei commissari non hanno fatto niente per noi».
La terna prefettizia è stata vissuta come un corpo estraneo al paese, attenta alla gestione ordinaria e poco, è la critica, alle esigenze dei cittadini.
C’è un episodio che tutti raccontano: la gelata dello scorso inverno ha fatto saltare le tubature e il paese è rimasto per giorni senz’acqua.
«Con un sindaco che conosce il territorio non sarebbe successo», sostengono. Domani potranno finalmente tornare alle urne dopo una campagna iniziata nel peggiore dei modi.
Poche ore dopo l’ufficializzazione delle candidature qualcuno prima ha lasciato una bottiglia di benzina sul cofano di un ex assessore e poi ha dato fuoco alla motoape della famiglia di un candidato. Un segnale chiaro per far capire che al di là delle apparenze molto ruota attorno a queste elezioni. Per esempio, ci fanno notare, in ballo c’è la gestione dei fondi del piano del governo per la valorizzazione dei piccoli Comuni.
E poi c’è il business del taglio dei boschi. Tanti soldi e le ingerenze della criminalità organizzata in questo comune hanno già portato a due commissariamenti.
Ufficialmente le liste sono tre. Una, però, chiamata «Per Nardodipace» è una lista civetta creata solo per evitare l’eventualità di un’unica lista il che avrebbe comportato l’obbligo di raggiungere il quorum del 51%.
A contendersi la poltrona di sindaco saranno Antonio De Masi già sindaco per dieci anni e Piero Tassone.
Quest’ultimo è il candidato dell’ex primo cittadino Romano Loielo già candidato alle scorse Regionali con Fratelli d’Italia e soprattutto sindaco dei due scioglimenti nel 2011 e nel 2015. Hanno fatto campagna elettorale fianco a fianco e anche l’ultimo giorno lo hanno passato assieme.
§Nessun imbarazzo: «La gente è con noi – ci dice Tassone – perchè sa quanto abbiamo fatto in questi anni».
In cerca di impresentabili si è mossa anche la commissione parlamentare antimafia che nelle scorse settimane ha sentito il prefetto di Vibo Valentia Guido Longo.
«I nostri candidati – assicura Loielo – sono tutti giovani e non hanno niente a che fare con la ‘ndrangheta». Su i suoi rapporti finiti nel mirino della commissione d’accesso replica secco: «Gli scioglimenti sono procedure amministrative dove non è prevista difesa, è molto meglio avere un processo penale almeno ci si può difendere».
L’altro tema caldo della campagna elettorale è stato il lavoro. Nel paese dove c’è almeno un operaio forestale per famiglia, Antonio De Masi propone un ricetta dal sapore antico: assistenzialismo. «Guardi che non è mica una parolaccia. Il corpo della comunità è troppo debole prima di camminare sulle proprie gambe ha bisogno di ossigeno».
Ma in paese c’è bisogno di tutto. Non c’è una palestra neanche per i più piccoli. «Qualche tempo fa – ci racconta Fabrizio studente di architettura – avevamo creato un’associazione ma non abbiamo un posto dove riunirci. Anche la chiesa è disastrata».
L’unico luogo di ritrovo è il bar. «Passiamo i pomeriggi buttati lì», ci dice Alberto. Ha compiuto 18 anni da qualche mese fa e ha scelto di candidarsi. «Non voglio emigrare, voglio trovare un lavoro qui, so che mi dovrò accontentare ma sento troppo il legame con la mia terra». Per salire in consiglio comunale basteranno 40 voti, «Ce la farò – dice Alberto – perchè i ragazzi andranno tutti a votare, sono quelli che hanno ancora speranza».
(da “La Stampa”)
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