IL PAPA SI SCHIERA CON MEDITERRANEA: “FANNO UN BEL LAVORO, SALVANO TANTA GENTE”
IL PONTEFICE METTE LA PAROLA FINE ALLE POLEMICHE SUI FINANZIAMENTI CHE VESCOVI E SACERDOTI HANNO DESTINATO ALLE ONG E ALLE PERSECUZIONI GIUDIZIARIE DI GIUDICI POLITICIZZATI
“Saluto anche il gruppo di Mediterranea Saving Humans, che è qui presente, e che va in mare a salvare i poveretti che fuggono dalla schiavitù dell’Africa. Fanno un bel lavoro questi: salvano tanta gente, tanta gente”. Dopo un mese di attacchi più o meno velati a vescovi e sacerdoti che nel tempo hanno sostenuto l’ong, il “sigillo” sul loro operato arriva direttamente da Papa Francesco.
Al termine dell’udienza generale di questa mattina, il Pontefice ha deciso di salutare personalmente Luca Casarini, presente in sala Nervi insieme ad un gruppo di utenti del centro diurno di salute mentale di Napoli, che per il Pontefice ha realizzato un presepe. È uno dei tanti che i ragazzi realizzano e vendono, per poi devolvere il ricavato a Mediterranea e alle attività di salvataggio in mare con la sua Mare Jonio.
“Papa Francesco come sempre dimostra il nostro affetto per noi e dimostra di pensare alle cose concrete. Il Mediterraneo è sempre più un cimitero senza croci. Sono oltre 2500 i morti accertati da inizio anno, ma nella realtà sono molto di più. L’ultimo naufragio nei giorni scorsi poteva essere evitato. Dal rapporto dell’Onu di oggi arriva la conferma che la Libia non è un porto sicuro. Queste persone vengono torturate. I famosi trafficanti vanno cercando in quei governi che noi purtroppo finanziamo”, dice Casarini al termine dell’incontro con il Pontefice, che con una frase secca ha messo la parola fine ad ogni speculazione sui rapporti fra il Vaticano, i suoi vescovi e sacerdoti e la ong.
Relazioni e contatti su cui per non ben precisato motivo ha indagato la procura di Ragusa, che contro Casarini altri cinque fra membri dell’equipaggio e attivisti di Mediterranea, procede per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione di alcune norme del codice di navigazione.
Insomma, nulla che abbia a che fare con le fonti di finanziamento dell’organizzazione, tanto meno con i rapporti con preti e vescovi, ma nonostante questo finite al centro di note investigative, informative e brogliacci depositate agli atti di un procedimento non ancora arrivato all’udienza preliminare.
“Alcuni non li abbiamo neanche noi”, hanno denunciato i legali di Mediterranea, Serena Romano e Fabio Lanfranca, quando sulla stampa hanno iniziato a filtrare interi passaggi di quei documenti – tecnicamente ancora riservati – utilizzati per dare a intendere che quel flusso di donazioni fosse stato utilizzato per scopi molto personali da Casarini e altri esponenti di Mediterranea. Tutte bugie, hanno ribattuto dall’ong, che bolla tutto come un “atto di dossieraggio per condizionare l’esito del procedimento e attaccare il Papa”.
È finita con un esposto in procura, una richiesta di chiarimenti alla procura di Ragusa, mentre l’udienza preliminare – con il giudice chiamato a decidere se l’accusa sia stata in grado di mettere insieme elementi sufficienti per andare a processo – è stata rinviata a febbraio.
“Papa Francesco mi ha detto ‘Coraggio, andate, tornate in mare’”, spiega Casirini nel pomeriggio atteso all’Università gregoriana per parlare di Mediterranea e delle missioni di soccorso che negli anni sono state portate a termine.
Si ripartirà a breve, promettono dall’ong, che nel frattempo battaglia su un altro fronte giudiziario. Fermata e multata dopo l’ultima missione per non aver chiesto istruzioni e “porto sicuro” in Libia, quel provvedimento lo ha impugnato e lo discuterà in tribunale. Agli atti, ci sono anche le testimonianze dei 69 naufraghi soccorsi dall’equipaggio nel corso dell’ultima missione, che al medico di bordo e ai mediatori hanno raccontato di torture, violenze e abusi subiti in carceri e lager libici.
Una “mappa dell’orrore” che trova eco nell’ultimo rapporto della Nazioni Unite sulla Libia. “Durante una visita al centro di detenzione femminile di Judaydah, a Tripoli, il 13 agosto – spiega nel suo rapporto il segretario generale Antonio Guterres – Unsmil ha incontrato detenute che hanno riferito di essere state sottoposte a torture e maltrattamenti, violenza sessuale, isolamento e separazione dai figli”. Uno dei tanti lager libici, molti dei quali impossibili da monitorare per le agenzie internazionali che – si afferma nel report Onu – hanno poca o nulla possibilità di accesso nei “centri di detenzione per migranti sotto l’autorità del Ministero dell’Interno o nei centri di detenzione non ufficiali per immigrati sotto il controllo di gruppi armati”.
(da La Repubblica)
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