IL PARTITO UNICO DI RENZI E CALENDA SI ALLONTANA: LITI PUBBLICHE, SOSPETTI E IL “FATTORE FORZA ITALIA”
ITALIA VIVA NON SI SCOGLIE
Al quartier generale di Azione un leggero sospetto che «questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai» lo avevano già da qualche settimana. Cioè da quando — nello scambio di bozze sul percorso per arrivare al partito unico dei centristi — non era previsto lo scioglimento di Italia viva.
La questione non è solo politica, ma anche economica. Il partito, di cui Matteo Renzi è stato eletto anche presidente (e quindi plenipotenziario) nel dicembre scorso, nel 2022 ha incassato quasi un milione grazie al 2 per mille.
«Perché rinunciare al nostro contenitore?», è l’interrogativo che si è posto più di un renziano, dubbioso sul fatto di dover condividere il salvadanaio con quello di Carlo Calenda, che, alla medesima voce, ha raccolto 1,2 milioni.
La situazione, insomma, era già critica di per sé. Tanto che più di un parlamentare, di entrambi i fronti, aveva iniziato a nutrire forti dubbi sul fatto che a giugno si riuniranno davvero le assemblee per sciogliere Azione e Iv in un unico partito.
Ma ad accelerare la crisi tra «Carlo» e «Matteo» — costretti a diventare «amici per forza» alle ultime elezioni per scongiurare il rischio di «sparire» — è poi arrivata la malattia di Silvio Berlusconi. L’eventualità di un suo allontanamento dalla scena politica rimescolerebbe radicalmente il quadro, con molti voti moderati in ballo e le Europee alle porte. Renzi, questo, lo sa bene.
«Non è che lui punta ad essere il nuovo federatore di quel mondo?», è l’ipotesi sussurrata proprio da qualcuno degli «amici per forza». Di certo, seppur apparentemente in silenzio, l’ex premier ha avviato un’altra delle sue operazioni «alla Renzi», per rimanere (nel bene e nel male) al centro della scena. Prima ha ripetuto come un mantra: «Il leader è Calenda, io starò un passo indietro». Nel frattempo ha proseguito la sua discussa attività di conferenziere in giro per il mondo ed è pure riuscito ad accaparrarsi due delle pochissime poltrone in palio: Ernesto Carbone membro laico al Csm e Maria Elena Boschi vicepresidente alla Vigilanza Rai.
Poi ha fatto sapere che si sarebbe «inabissato» per qualche tempo, prendendosi una pausa dalle tv. Pretattica, prima del colpo a effetto: «Sarò il nuovo direttore del Riformista». La notizia l’aveva comunicata a «Carlo» solo poco prima di renderla pubblica, circostanza che il leader di Azione non ha affatto gradito. È iniziato così un gioco del cerino, che, a fronte di risultati elettorali ben lontano dalla doppia cifra, rischia di far naufragare il partito unico dei riformisti-moderati. Perché adesso, da entrambi i fronti, la domanda sorge spontanea: «Chi si intesterà la responsabilità di questa rottura?».
E il clima, anche ieri, si è confermato più che ostile. «Le parole di Carlo Calenda su Berlusconi sono davvero pessime. Capisco l’indignazione del forzista Barelli», sbotta il deputato Roberto Giachetti, fedelissimo di Renzi.
La miccia? Intervistato a Tagadà, su La7, Calenda aveva detto: «Penso che sia la chiusura di fatto della seconda Repubblica, perché la seconda Repubblica è Berlusconi, nel bene e nel male».
A Giachetti, e non alle accuse di Forza Italia, risponde Matteo Richetti: «Calenda ha augurato pronta e piena guarigione a Berlusconi, riconoscendogli di essere protagonista di un’intera stagione politica italiana e definendolo un “leone” — ha ribattuto il capogruppo di Azione-Iv a Montecitorio —. Nonostante questo è stato bersagliato da attacchi e fuoco amico senza mai riportare una sua parola fuori posto. Chiedetevi perché».
(da agenzie)
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