“IL PD HA OFFESO ROMA MANDANDOMI VIA, ASPETTO ANCORA LE SCUSE”
INTERVISTA ALL’EX SINDACO MARINO, OGGI CHIRURGO ALLA THOMAS JEFFERSON UNIVERSITY DI PHILADELPHIA
Alla vigilia delle primarie del centrosinistra per il candidato sindaco di Roma, l’ex primo cittadino Ignazio Marino torna nella capitale per affiancare Giovanni Caudo, ex assessore all’Urbanistica della sua giunta ed ora presidente del Municipio III, in una campagna elettorale sottotono il cui esito sembra in parte già scritto.
Ma la squadra di Caudo crede che la partita sia ancora contendibile grazie al voto dei fedelissimi, in un momento in cui il favorito, il candidato del Pd Roberto Gualtieri, appare meno agguerrito.
Fino ad ora c’è stato un solo confronto tra tutti i sette candidati – oltre a Caudo e Gualtieri, Imma Battaglia, Paolo Ciani, Stefano Fassina, Cristina Grancio e Tobia Zevi – e il rischio è che, come già avvenuto per le primarie di Torino, domenica 20 giugno ai gazebo si recheranno in pochissimi.
Un dato che indebolirebbe in partenza il vincitore e rivelerebbe “l’impoverimento culturale e democratico” di un partito, il Pd, che per queste primarie non si è speso abbastanza.
Ne è convinto Marino, tornato a fare il chirurgo alla Thomas Jefferson University di Philadelphia e che a Roma si trova per qualche giorno. “Se questo confronto non c’è non c’è la democrazia” dichiara a TPI a margine della presentazione del documentario di Francesco Cordio, “Roma Golpe Capitale” sulla parabola che portò alle sue dimissioni ad ottobre del 2015 dopo circa 27 mesi di governo.
Scene che non solo riportano alla mente “episodi precisi di quell’epoca, ma danno l’amarezza di una missione incompiuta che era iniziata e che si era sviluppata”, afferma con rammarico. “Molte decisioni sono state prese e molte realizzate, basti pensare che abbiamo costruito 19 km di metropolitana, aperto la metro C, chiuso il traffico ai Fori Imperiali e a Piazza di Spagna, allontanato i “camion bar” dalle zone archeologiche di prestigio della nostra città, avviato l’acquisto degli autobus che adesso per fortuna la sindaca Raggi ha potuto mettere in circolazione, ma c’era tantissimo altro da fare quindi il senso di missione incompiuta chiaramente resta”.
Ha accusato il Pd di rifiutare il confronto per le primarie. Ha detto che per confrontarsi bisogna avere delle idee. Gualtieri non ne ha abbastanza?
È triste, lo dico con pacatezza e grande rammarico perché il Pd ha l’ambizione di rappresentare una gran parte della popolazione del nostro Paese. Ambizione che non corrisponde alle azioni. Anche allora non ci fu dibattito in aula sul perché si chiedevano le dimissioni di un sindaco di centrosinistra che stava innovando, che aveva portato all’attenzione del mondo situazioni importantissime, come l’eguaglianza di diritti per tutti. Perché allontani il sindaco? Spiegalo. Non capisco, penso che quando feci io la campagna elettorale desideravo incontrare le persone per spiegare le mie idee, e penso che è la cosa più bella. Se questo confronto non c’è non c’è la democrazia e c’è un impoverimento culturale drammatico.
Si sente vittima di un golpe? Anche Gualtieri doveva chiederle scusa?
Non voglio le scuse di nessuno, perché se uno commette un gesto a una persona perché perde la testa e poi se ne rende conto mezz’ora dopo chiede scusa e la cosa finisce. In questo caso l’offesa è stata fatta ai 700mila elettori di centrosinistra che mi avevano votato. Un partito che osa chiamarsi democratico, e quindi con un’esposizione importante su valori e principi dice ‘Noi questo dibattito non lo facciamo anche se siamo solo 22-24 consiglieri, andiamo dal notaio e facciamo decadere il sindaco eletto dalla popolazione’. Io credo che questo non riguardi me, ma la città di Roma, la sua popolazione, i suoi cittadini e un partito. Personalmente penso che Gualtieri sia una persona per bene, a modo, ma all’epoca era impegnato in Europa. Se rappresenti la nazione e succede qualcosa di grave perché viene allontanato il sindaco della tua capitale non puoi rispondere “Io non c’ero, non ho mai parlato male, non ho fatto mai nulla”. Se il giorno dopo a quel sindaco hanno scritto Boris Johnson o Bill De Blasio, forse anche il rappresentante pagato dai cittadini italiani a Bruxelles doveva occuparsene.
(da TPI)
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