IL SINDACO CHE HA PIEGATO I BALNEARI: DA UN RICORSO DEL COMUNE DI LECCE LA SENTENZA CHE HA AZZERATO LE CONCESSIONI
“LE SPIAGGE SONO BENI PUBBLICI, SERVONO DELLE GARE”
Carlo Salvemini, primo cittadino del comune salentino, nel 2020 si era opposto alla nuova maxi proroga delle concessioni. Chiedendo un pronunciamento del Consiglio di Stato ha superato lo stallo dei partiti: “Le spiagge sono beni pubblici, servono delle gare”
Quando martedì 9 novembre il Consiglio di Stato ha deciso di prorogare la durata delle concessioni balneari soltanto fino al 2023, invece che fino al 2033 come aveva deciso il governo nel 2018, uno dei primi a festeggiare la sentenza è stato il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini. È stato lui, insieme ai suoi dirigenti, a portare l’annosa questione delle spiagge italiane all’attenzione dei giudici dopo tentativi e cause perse nei livelli intermedi della giustizia amministrativa: nessun governo, nemmeno l’esecutivo guidato da Mario Draghi, era riuscito a risolvere il problema.
La situazione delle concessioni balneari è immobile da moltissimi anni: i proprietari degli stabilimenti hanno goduto per decenni di rinnovi delle concessioni quasi automatici e di canoni di affitto molto bassi, da pochi euro al metro quadro. Il risultato è che molti stabilimenti sono gestiti dalla stessa famiglia sin dall’inizio del secolo scorso, grazie a un patto non scritto
Il Consiglio di Stato ha recepito tutte le richieste che erano state presentate dal comune di Lecce, in Puglia. La città è nota per il suo centro storico più che per i suoi 25 chilometri di litorale, eppure da anni il sindaco Salvemini, eletto con una coalizione di centrosinistra, rimarca l’importanza di tutelare un patrimonio pubblico come le spiagge attraverso un piano comunale di gestione delle coste.
Quando cerca di spiegare in pubblico la complessa e controversa storia delle concessioni balneari, Salvemini usa un paragone piuttosto efficace. «Se io da sindaco concedessi l’utilizzo di un castello per fini turistici senza procedura di affidamento e senza gara, per un lunghissimo periodo, di generazione in generazione, mi troverei la procura della repubblica, la Guardia di Finanza e la Corte dei Conti all’uscio del comune. Perché per le spiagge non devono valere le regole che giustamente bisogna rispettare per dare in concessione tutti gli altri beni demaniali?».
Per Salvemini, la conseguenza immediata della sentenza sarà la revisione del disegno di legge sulla concorrenza. «È doverosa. Spero che il governo colga l’occasione per aggiungere una questione di cui si parla poco: il paese deve avere una legge sul demanio marittimo che definisca a livello nazionale le quote di spiagge pubbliche e spiagge in concessione», dice. «È essenziale promuovere nuove iniziative di tutela del mare e delle spiagge, se vogliamo continuare a parlare di transizione ecologica».
(da agenzie)
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