IL VOTO DISGIUNTO: VOTANO PD MA SCELGONO CANCELLERI
IL VOTO “UTILE” HA PENALIZZATO IL CENTROSINISTRA MA NON HA FATTO VINCERE UGUALMENTE CANCELLERI
Vale quanto un partito minore la fetta di elettorato che alle elezioni regionali in Sicilia ha votato per la coalizione di centrosinistra ma non il suo candidato alla presidenza Fabrizio Micari.
Preferendo, a quest’ultimo, il candidato del Movimento 5 Stelle Giancarlo Cancelleri.
In altre parole, il voto “utile” e disgiunto si è riversato sull’esponente grillino, tutto a danno del candidato della coalizione targata Partito Democratico.
In numeri, stando alle ultime proiezioni tanto di Emg/La7 quanto Piepoli/Rai, su una copertura del 40% circa (e margine d’errore del 2,8%), Micari risulta aver preso quasi l’8% in meno come candidato rispetto alla somma dei voti presi dai partiti che lo hanno sostenuto.
La coalizione Micari Presidente ha quindi ottenuto, secondo i dati provvisori ma in via di consolidamento, circa il 26,1% mentre i consensi andati al rettore di Palermo come presidente della Regione si fermano intorno al 18%.
Dove sono finiti questi voti? A naso, tutti o quasi su Cancelleri che ha ottenuto il 36% circa dei voti mentre la sua lista Movimento 5 Stelle si è fermata al 28,8%.
Il voto disgiunto è una pratica che spesso emerge nelle elezioni che prevedono un secondo turno, il cosiddetto ballottaggio.
La tendenza stavolta assume un peso già rilevante perchè avviene in una elezione aperta a più candidati e senza ballottaggio.
È quindi sintomo di diversi fattori.
In primis: gli elettori della coalizione del centrosinistra hanno percepito la sfida per la Regione come una corsa a due in via esclusiva: da una parte il candidato del centrodestra Nello Musumeci, dall’altro il grillino Cancelleri.
Non solo: è evidente che i sostenitori di centrosinistra non hanno riconosciuto nel rettore di Palermo Micari una candidatura forte in grado di avere un quid spendibile nella corsa per Palazzo d’Orleans. No chance. E allora tanto vale orientarsi sul candidato grillino per arginare la destra.
Ancora: la coalizione di centrodestra ha dimostrato che quando c’è un accordo su un nome unitario, i partiti coalizzati fanno la loro parte senza dèfaillance: Musumeci si avvia alla presidenza della Regione Sicilia con il 38% delle preferenze, mentre la coalizione che lo ha sostenuto orbita intorno al 37,4%.
Detta ancora diversamente, nessuno ha fatto mancare i suoi voti.
Stesso discorso, ma su numeri ridotti, per Claudio Fava (7%) in linea con le preferenze raccolte dalla sua lista, i Cento Passi (7,1%).
Il voto disgiunto penalizza quindi il Partito Democratico e il suo candidato.
Non a caso, Davide Faraone, sottosegretario alla Salute ma pure uomo forte dei dem in Sicilia, ha sottolineato come sia “un dato inquietante: se avessimo avuto una coalizione unita probabilmente questa polarizzazione non sarebbe avvenuta”.
Al momento, pare di capire, la lettura che viene data dai dem sul voto disgiunto attribuisce alla doppia candidatura presentata dalla sinistra, quella di Micari (sostenuto anche da Angelino Alfano) e quella di Fava (sostenuto da Mdp, Sinistra Italiana e Possibile), la responsabilità del cattivo risultato del rettore palermitano.
Voto “utile” ma alla fine “inutile”, dal momento che il supporto arrivato dagli elettori di centrosinistra al candidato del Movimento 5 Stelle non è riuscito a farlo prevalere su Musumeci. Magra consolazione per il candidato del Pd.
(da “Huffingtonpost”)
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