ILVA, MIGLIAIA DI GENITORI E BAMBINI IN PIAZZA A TARANTO: “CI STANNO AMMAZZANDO”
PER LA BONIFICA DEL TERRITORIO NECESSARI ALMENO 8 MILIARDI, INSUFFICIENTE IL MILIARDO DELLA FAMIGLIA RIVA… E FRA TRE MESI LE ELEZIONI COMUNALI
Numeri ufficiali, come spesso accade in queste occasioni, non ce ne sono. Ma erano sicuramente diverse migliaia i bambini e i genitori che stamattina a Taranto hanno preso parte a una marcia per opporsi – ancora una volta – alle emissioni inquinanti delle grandi industrie presenti sul territorio (Ilva, Eni, Cementir) e alzare la voce contro l’ipotesi del patteggiamento delle tre società imputate (Ilva, Riva Fire, Riva Forni Elettrici) nel processo «Ambiente svenduto».
L’iniziativa, organizzata dalla quasi totalità delle associazioni presenti in riva allo Ionio («Abfo», «Comitato Verità per Taranto», Federazione Italiana Medici Pediatri», Peacelink», «Wwf, Fondo Antidiossina onlus», «Genitori tarantini», «Isde Taranto e Massafra», «Legamjonici», «LiberiAmo Taranto», «Taranto Ricerca Futuro», «Taranto Senza Ilva», «Tuttamialacittà »), è stata presentata con un titolo emblematico: «Giustizia per Taranto».
La marcia, priva di connotazioni politiche, è iniziata alle 9, sotto un cielo coperto che nel corso della mattinata ha dato origine anche a piogge a tratti.
Ma il maltempo non ha fatto scemare la partecipazione al corteo, caldeggiata attraverso i social network pure da diversi artisti: dagli attori tarantini Michele Riondino e Anna Ferruzzo ai cantanti Nandu Popu (Sud Sound System) e Fiorella Mannoia.
In strada anche gli ambientalisti campani e siciliani
Nel corteo, partito a pochi metri dall’ospedale Santissima Annunziata e arrivato in piazza della Vittoria, nel pieno centro cittadino, c’erano diverse famiglie coi propri figli.
Erano tanti i cartelloni emblematici dell’emergenza ambientale che si vive in riva allo Ionio, giunta a un punto di non ritorno.
Su alcuni si leggevano queste frasi: «Voglio respirare aria pulita», «Voglio legalità : no al patteggiamento», «Voglio poter aprire le finestre», «Voglio un futuro migliore», «Non voglio respirare gas», «Non voglio ammalarmi», «Ascoltate la nostra voce», «Siamo bambini da salvare».
A srotolarli tanti bambini, molti dei quali provenienti dal quartiere Tamburi («I figli dei Tamburi chiedono giustizia», lo slogan campeggiante su un altro striscione), situato a ridosso dello stabilimento siderurgico e come tale esposto alle polveri di minerali.
Alla manifestazione, oltre al leader dei Verdi Angelo Bonelli, al giornalista Pino Aprile e al presidente del Taranto Calcio Elisabetta Zelatore, hanno preso parte anche diversi rappresentanti di associazioni ambientaliste di altre città , negli ultimi anni già presenti sulle sponde dei Due Mari in occasione del concerto del primo maggio: «No al Carbone Brindisi», «Comitato Stop Veleni-Sicilia», «Bagnoli Libera», «Associazione e Comitato Salute e Vita Salerno».
Associazioni contrarie al patteggiamento richiesto dalle aziende sotto processo
«Chiediamo di partecipare alle scelte che riguardano la città e pretendiamo che si investa da subito nella riconversione di Taranto e non in quella delle fabbriche inquinanti», hanno ripetuto a più riprese i promotori della mobilitazione, giunta al traguardo senza particolari intoppi. Il momento storico che si vive in riva allo Ionio, d’altronde, è cruciale. Dopo aver inquinato l’aria, la terra e l’acqua per cinquant’anni, contribuendo a incrementare i numeri di diverse malattie, l’industria siderurgica è rimasta impigliata nelle maglie della giustizia.
La famiglia Riva è sotto processo per diversi reati: sia a Taranto sia a Milano.
Mentre l’Ilva è attualmente gestita dallo Stato, che nei prossimi mesi la venderà a una delle due cordate fattesi avanti: AcciaItalia (Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio) o InvestCo Italy (Arcelor Mittal e Marcegaglia).
Di fronte all’ipotesi di patteggiamento avanzata dalle tre aziende coinvolte nel processo «Ambiente svenduto», il gup di Milano Maria Vicedomini s’è opposta: troppo esiguo l’importo di 1,3 miliardi di euro per risarcire Taranto e i suoi cittadini per i danni procurati.
Una posizione condivisa dalle associazioni locali, che stamattina hanno ricordato «come in un primo momento la procura di Taranto disse che sarebbero serviti più di otto miliardi di euro per le bonifiche». Quella somma, tutt’al più, potrebbe rappresentare «un anticipo per fermare la contaminazione, a partire dalla messa in sicurezza della falda acquifera che, da sotto ai parchi minerali, trasporta gli inquinanti fino al mar Piccolo e ai pozzi di tutto il circondario, con il rischio di contaminare la catena alimentare».
Non meno delicata è la questione occupazionale, dal momento che il rischio di esuberi è concreto: a prescindere da chi salirà sulla tolda di comando dell’acciaieria più grande d’Europa.
All’orizzonte le elezioni comunali
A ciò occorre aggiungere che tra poco più di tre mesi la città sarà chiamata alle urne per designare il nuovo sindaco e l’orizzonte è ancora nebuloso.
Sulla scena ci saranno sicuramente l’allevatore Vincenzo Fornaro (rappresentante di una frangia del movimento ambientalista) e l’ex presidente del tribunale di sorveglianza Massimo Brandimarte (lista civica di sinistra).
Sono invece in alto mare i principali partiti: tanto a destra quanto a sinistra.
Non è messo meglio il Movimento 5 Stelle, in riva allo Ionio così frazionato da essere prossimo a inviare tre liste al vaglio della Casaleggio Associati: chiamata a compiere la scelta definitiva.
Fabio Di Todaro
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