IN FRANCIA LA SINISTRA SI SPACCA E FA IL GIOCO DI MACRON: IL SOCIALISTA GLUCKSMANN PROPONE DI ABBANDONARE LA SINISTRA RADICALE
MACRON? ASPETTA SULLA RIVA DEL FIUME PER COSTRUIRE UNA NUOVA MAGGIORANZA CENTRISTA
Se non ci fosse stata la notizia della scomparsa di Delon, i giornali sarebbero stati dominati tra domenica e lunedì dalla clamorosa lettera alla Tribune di Jean-Luc Mélenchon. Il capo della sinistra della France Insoumise ha chiesto la destituzione di Macron, se non darà l’incarico venerdì alla candidata della sinistra del Nuovo fronte popolare, Lucie Castets.
Una bomba che ha disgregato la coalizione. I socialisti si sono immediatamente dissociati dalla provocazione di Mélenchon, e stamane il leader Raphaël Glucksmann ha tuonato, senza mezzi termini: “Giove e Robespierre, è finita! Bisogna voltare la pagina rispetto a Macron e Mélenchon”.
Il leader del partito arrivato terzo alle elezioni di giugno rompe con gli Insoumis, convinto che, proiettandosi sulle presidenziali del 2027, “sarà la socialdemocrazia, non i succedanei del macronismo o un avatar del populismo di sinistra che potrà affrontare il lepenismo”. Glucksmann ha anche criticato la scelta della sua coalizione di scegliere un nome invece di concentrarsi sul programma.
Nei giorni scorsi anche lei, la candidata del fronte unito di sinistra, socialisti, ecologisti e comunisti, Lucie Castets, ha preso le distanze da Mélenchon, anzitutto rigettato la proposta della destituzione di Macron: “non è il mio tema”, ha sottolineato. Ma a questo punto la trentasettenne difficilmente conquisterà la premiership, nonostante il tentativo, nei giorni scorsi, di allargare il consenso al di fuori del recinto del “”Nuovo fronte popolare”, l’alleanza delle sinistre che può contare su 193 deputati (ce ne vogliono almeno 289 per governare).
La scorsa settimana, Castets aveva scritto ai capi di tutti i partiti dell’Assemblea nazionale – tranne a quelli del Rassemblement national di Marine Le Pen – proponendo “cinque grandi priorità” per il suo programma di governo, “dal potere d’acquisto alla questione sociale”, dal salario minimo a 1.600 euro all’”abolizione della riforma delle pensioni”. Ma quest’ultimo obiettivo è un dito nell’occhio per Macron: il riordino del sistema previdenziale francese è stata una delle riforme-bandiera del suo quinquennato. Ed è no dei motivi per cui molti pensano che l’incarico non sarà mai dato a lei.
In ogni caso, il fatto di cercare una sintesi del programma delle sinistre e di contraddire l’imperativo di Mélenchon – che ha sempre insistito per l’applicazione di “tutto il programma” – è stato interpretato anch’esso come una presa di distanza dallo scatenato capo della sinistra radicale. Che neanche nel suo partito sembra convincere tutti: la capogruppo Mathilde Panot ha sottoscritto la “sintesi” di Castets.
Da giorni, però, girano già nomi alternativi per ottenere quella “maggioranza che sia la più ampia possibile e la più stabile possibile, per il bene del Paese”, come ha chiarito l’Eliseo nell’invito per la convocazione di venerdì. Sui giornali sono spuntati i nomi dell’ex commissario europeo che ha negoziato la Brexit, Michel Barnier; dell’ex premier Bernard Cazeneuve, considerato vicino all’ex premier socialista François Hollande, e per questo già impallinato dagli insoumis; degli ex ministri dell’era all’Eliseo del gaullista e fondatore del Repubblicani, Nicolas Sarkozy: Xavier Bertrand e Valérie Pécresse.
Uno scenario che risponde ai desiderata di Macron, che punta alla “strategia dell’omelette” come ha rivelato Anais Ginori su questo giornale. Ossia a tagliare le estreme, teener fuori la sinistra di Mélenchon e la destra di le Pen e costruire una nuova maggioranza centrista. E il gattopardo all’Eliseo ha già ottenuto che nel suo silenzio, il leader degli insoumis si sia isolato da solo.
(da La Repubblica)
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