“IN ITALIA POCHI PROFITTI”; COSI’ LA MULTINAZIONALE UK HA LICENZIATO VIA MAIL 422 OPERAI
LA GKN E’ DI PROPRIETA’ DEL FONDO MELROSE CHE LA COMPRO’ NEL 2018 CON UNA SCALATA OSTILE… I SINDACATI: “AFFRONTO AL NOSTRO PAESE, DRAGHI INTERVENGA”
Un fondo straniero avvezzo alle acquisizioni aggressive prima e alle delocalizzazioni poi, con una strategia di investimento piuttosto eloquente: comprare aziende manifatturiere, valorizzarle, rivenderle. In questo caso, chiuderle.
La vicenda della Gkn di Campi Bisenzio, vicino Firenze, offre uno spaccato impietoso del modo di fare industria ai tempi della globalizzazione.
Mercoledì i 422 dipendenti della fabbrica che produce componentistica per auto hanno ricevuto la comunicazione ufficiale senza alcun preavviso: lo stabilimento chiude, tutti a casa senza più uno stipendio. Nessuno spazio per le trattative, niente ricorso agli ammortizzatori sociali.
Anche le modalità con cui è stato dato l’annuncio non brillano per umanità, attraverso una mail o meglio una Pec. “Ho sentito il sindaco di Campi Bisenzio e i miei uffici hanno contattato i sindacati, il Mise si sta muovendo per verificare le condizioni in cui è avvenuto l’episodio, ma si tratta di modalità che non possono essere accettate e su cui bisogna trovare tutti gli elementi per scongiurarle”, ha commentato il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Lo stabilimento Gkn, che sorge su un’area di 80mila metri quadri nella zona industriale di Capalle, fu inaugurato nel 1996, e occupava allora circa 700 dipendenti: costruito da Fiat Auto per la produzione di componenti automobilistici, in particolare semiassi e giunti omocinetici, con il trasferimento della vecchia fabbrica fiorentina di Novoli fu ceduto nel 1994 a Gkn, che forniva all’epoca la quasi totalità del fabbisogno di giunti e semiassi omocinetici di Fiat in Italia.
La società, che ha stabilimenti in più di 20 Paesi, è stata rilevata nel 2018 con una acquisizione ostile da Melrose Industries, un fondo di investimento britannico solito per entrare in modo aggressivo nel capitale delle sue società target.
Il fondo Uk sborsò 11 miliardi di dollari per prendere il controllo della multinazionale manifatturiera, realizzando la più grande acquisizione ostile del Regno Unito dal 2009. Nel 2020 Melrose Industries ha registrato ricavi per 9,4 miliardi di sterline e utili per 340 milioni, mentre la sua controllata Gkn Automotive ha fatturato 3,8 miliardi e utili per 82 milioni di sterline.
Dopo l’annuncio della chiusura dall’oggi al domani dello stabilimento fiorentino, gli operai hanno iniziato il presidio, anche notturno, della fabbrica. Non sono gli unici ad essere in agitazione: gli operai di Erdington, un sobborgo di Birmingham, sono entrati in questi giorni in protesta contro l’intenzione annunciata a gennaio e recentemente confermata dalla proprietà di chiudere il sito di Chester Road nel 2022 e spostare la produzione in quei Paesi dove i costi sono più bassi. Le ragioni sono le solite: la globalizzazione e l’alto livello di concorrenza, i costi locali sempre più alti, la burocrazia. In altre parole, il sito non è più redditizio.
Proprio come quello di Campi Bisenzio. La società Gkn, nella sua lettera di licenziamento collettivo e dismissione dell’impianto, ha scritto che le previsioni di fatturato per il 2025 si attestano a circa 71 milioni di euro, importo inferiore di circa il 48% rispetto ai livelli di fatturato del 2019, prima della pandemia.
A causa della contrazione dei volumi del comparto automobilistico, spiega l’azienda, “la prospettiva è quella di una non sostenibilità dello stabilimento di Campi Bisenzio” da cui si è giunti alla “indifferibile e irreversibile decisione di chiudere lo stabilimento e cessare ogni attività presso di esso”. La società, continua la lettera, “non è nelle condizioni di ricorrere all’utilizzo di ammortizzatori sociali”.
Nello stabilimento lavorano 422 persone a tempo indeterminato: quattro dirigenti, 16 quadri, 67 impiegati e 335 operai.
Nel 2025, secondo la società di proprietà del fondo britannico, la produzione di veicoli leggeri in Italia non supererà 1 milione, inferiore del 6% al 2016. Il comparto automotive in Italia, secondo l’azienda, “già nel 2020 si caratterizzava per andamento negativo che lasciava trasparire grande sofferenza” ma con la pandemia la sofferenza si è “amplificata” comportando “una pressione al ribasso dei prezzi”.
Il mercato automobilistico ha registrato nel tempo una “costante contrazione dei volumi e della domanda” che gli operatori del settore considerano avviata verso “un trend ribassista generalizzato” amplificato ulteriormente dall’emergenza sanitaria.
“Il trend negativo”, sostiene l’azienda nella lettera di licenziamento, ha manifestato “il proprio carattere strutturale ed irreversibile: ne sono la riprova le proiezioni di Ihs relativi ai volumi produttivi dei veicoli leggeri che ancora nel 2025 saranno al di sotto dei livelli raggiunti nel 2017”. Da qui le criticità del gruppo Gkn Automotive sul fronte del sovradimensionamento, della complessità e della competitività.
“La struttura organizzativa del gruppo industriale Gkn Automotive si rivela non più sostenibile – si legge – da ciò la necessità di immediate azioni di efficientamento, semplificazione nonché abbattimento dei costi”.
Eppure se un operaio di Campi Bisenzio avesse letto il rapporto annuale dell’anno scorso della sua azienda mai avrebbe immaginato di finire per strada senza preavviso: “Il 2021 sarà un anno di ripresa per il settore e di continua trasformazione per GKN Automotive, poiché le iniziative di miglioramento dei margini forniranno vera sostanza alla ripresa osservata nella seconda metà del 2020”.
Miglioramento che non riguarderà l’Italia dal momento che qui, a detta della società, c’è “un totale disequilibrio tra costo di produzione e valore di vendita”, che si palesa in una “continua decrescita dei prezzi di circa il 3% l’anno”.
I sindacati parlano di “inqualificabile affronto non solo a Firenze e alla Toscana ma all’Italia tutta”, e chiedono un intervento del premier Mario Draghi: “Una soluzione va trovata ora, non fra qualche anno. Il problema dovrebbero conoscerlo, ci sono multinazionali che arrivano, prendono, consumano territorio e scappano lasciando macerie sociali. In Italia possono farlo, non è così in altri paesi anche a noi molto vicini, si provveda”, scrive la Fiom-Cgil Toscana. La Fim Cisl ha chiesto un incontro all’azienda per cercare alternative al licenziamento collettivo. Strada, peraltro, che già a Birmingham hanno tentato di percorrere, incassando un secco rifiuto dall’azienda, orientata a spostare la produzione del sito britannico in Polonia e Francia.
(da agenzie)
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