IN PRINCIPIO FU DENIS, ORA È TOMMASO, FINITO AI DOMICILIARI PER CORRUZIONE NEGLI APPALTI ANAS: LA DINASTY DELL’EX “MACELLAIO” SPAZIA TRA POLITICA, AFFARI DI ALTO LIVELLO, LOVE STORY E, SOPRATTUTTO, CRONACA GIUDIZIARIA
TOMMASO, 33 ANNI, FU FOLGORATO DAL RENZISMO: RISTORATORE, LOBBISTA, PROCACCIATORE D’AFFARI, HA LE MANI IN PASTA DAPPERTUTTO. COME IL PADRE, CHE DI SÉ DICEVA “SONO UN FACILITATORE, RISOLVO I PROBLEMI COME MR. WOLF”
Lui, Denis Verdini, il potente dalla parlata simpatica e l’aria truce, di sé ha una gran considerazione. In una celebre deposizione in tribunale, nel corso di uno dei tanti procedimenti giudiziari che lo riguardano, l’ultimo dei Gran Visir alla corte di Berlusconi, disse: «Sono un facilitatore, risolvo i problemi come Wolf: sono rapido».
Gli ultimi dieci anni sono stati uno slalom tra i processi, per il vecchio Denis. Era potentissimo dentro Forza Italia. Poi ruppe con Berlusconi. E lo davano per morto. Con due condanne pesanti per bancarotta sulle spalle. Eppure Verdini è risorto. E ora che la figlia Francesca è fidanzata con Matteo Salvini, uscito dalla porta del potere, è rientrato dalla finestra.
Così si racconta che ci fosse la sua vociona a sponsorizzare il manager che Salvini voleva fortissimamente a capo della società Rfi, l’azienda che controlla la rete ferroviaria italiana, parte del Gruppo Fs. Erano quelli di Fratelli d’Italia a diffidare.
Dicevano in giro che Roberto Tomasi, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, avesse Verdini per vero sponsor. E nemmeno si capiva più se il Verdini in questione fosse il padre o il figlio, quel Tommaso che inizia come imprenditore della ristorazione a Firenze e ora, attraverso la sua società di consulenza, la Inver Srl, ha indirizzato gli affari su aziende specializzate in lavori pubblici.
In particolare la galassia dove regna il quasi-cognato. Di Tommaso si comincia a parlare qualche anno fa, quando la fa grossa a Firenze: una sera del maggio 2015, parcheggia il macchinone in divieto di sosta nella centralissima piazza Strozzi; i vigili urbani gli fanno la multa e applicano le ganasce.
Il giovane Verdini ha un’ideona: fa letteralmente smontare la sua auto e la fa portare via a pezzi, e sul luogo della contravvenzione lascia appena una ruota. Per questa trovata è stato processato per danneggiamento.
Ha imparato tutto dal babbo. E il babbo se lo coccola. Quando andava d’amore e d’accordo con l’emergente Matteo Renzi, Denis spiegò in una intervista: «Renzi è molto più giovane di me, aveva rapporti più con i miei figli». Cioè Tommaso, che all’epoca aveva pure preso la tessera del Pd. E ci aveva tenuto a farlo sapere in giro.
Con i giovani renziani, comunque, era intesa vera. «Su Luca Lotti metto la mano sul fuoco», disse nel pieno dell’inchiesta Consip, che vedeva indagato l’allora braccio destro di Renzi.
Tra le tante inchieste su di lui, Verdini lo avevano messo pure alla testa della P3, una sgangherata accolita che sognava di emulare la P2 e comunque riusciva a pilotare molte nomine giudiziarie.
Lo avevano accusato anche di avere imbastito affari con l’anziano Tiziano Renzi. «Ma l’ho visto al massimo due volte e nemmeno me le ricordo». Di recente lo hanno condannato a Siracusa per concorso in corruzione. La rete di Denis, insomma, si muove attraverso gli steccati e le generazioni.
Così come lui ha sempre bordeggiato disinvoltamente tra gli ambiti degli affari e quelli della politica. Altro che rapido, rapidissimo. Come quella volta, nel gennaio del 2011, che comprando e vendendo un immobile in via della Stamperia, nel cuore di Roma, in una mattinata registrò una plusvalenza di 18 milioni di euro.
(da La Stampa)
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