IN VENETO I MUGUGNI CONTRO SALVINI SI TRASFORMANO IN SOMMOSSA. IL CAPITONE È SUL BANCO DEGLI IMPUTATI PER GLI INSUCCESSI ELETTORALI E LA DERIVA A DESTRA (CHE C’AZZECCA VANNACCI CON GLI IDEALI BOSSIANI?)
SI PREPARA LA SUCCESSIONE AL CAPITANO, CON FEDRIGA IN PRIMA FILA. MENTRE ZAIA, CHE AUSPICA “UN PARTITO LABOUR ALLA TONY BLAIR”, NON MOLLA LA BATTAGLIA PER IL TERZO MANDATO
In Sardegna non solo il presidente leghista è stato sostituito d’imperio da un candidato meloniano lasciando di stucco i militanti isolani del Carroccio ma la Lega ha ottenuto appena il 3,7% (rispetto all’11,4% delle precedenti regionali e al 6,3% delle politiche 2022), in Veneto il cerchio magico di Luca Zaia non si capacità di come a Roma la Lega non riesca a cavare un ragno dal buco sul terzo mandato e sul banco degli imputati va ovviamente Matteo Salvini, reo anche di frequentazioni politiche controverse, da Marine Le Pen a Roberto Vannacci, che con la Lega bossiana, quella che in Veneto macina voti e consensi, non hanno nulla da spartire.
Ce n’è quanto basta perché i mugugni si trasformino in sommossa. Senza contare che si voterà in Abruzzo e per la Lega potrebbe esserci un’altra tosata di percentuale. Non è un caso che in questo tsunami che sta investendo il Carroccio la regola del silenzio pena l’espulsione non sia più un deterrente efficace.
Ecco allora in panchina prepararsi chi potrebbe, secondo i veneti, prendere il posto di Salvini. Si tratta di Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia e in grande sintonia con Zaia, e di Roberto Marcato, assessore regionale di punta della giunta Zaia.
Ad aprire la strada gli zaiani hanno mandato un centravanti di sfondamento, Gianantonio Da Re, leghista duro-e-puro, 60 anni, di Cappella Maggiore (Treviso), ex sindaco di Vittorio Veneto, ex consigliere regionale, ora europarlamentare eletto nel collegio Nord-Orientale.
Lui ha festeggiato il Capodanno ieri perché così era per la Repubblica Veneta. Spiega: «In Veneto, all’epoca della Serenissima, il Capodanno non era il primo gennaio ma l’1 marzo. Questa tradizione ha origini antiche: furono i romani, stabilendo la divisione dell’anno, a farlo iniziare l’1 marzo, dedicando l’intero mese a Marte, Dio della Guerra. Festeggiare il Capodanno in primavera era usanza anche della popolazione veneta preromanica che a sua volta l’aveva ereditata dagli indoeuropei. Perciò buon anno a tutti i veneti».
La Lega, per l’europarlamentare, dovrebbe rifarsi a queste tradizioni non flirtare con Vannacci: «Ma come facciamo a presentarci in Europa con lui? Nessuno lo vuole, metterebbero la Lega in castigo. Se sarà in lista lui non mi candido io. La mia è una scelta politica, non condivido niente del famoso libro, ci sono pagine dove dice che Mussolini è stato uno statista, per me Mussolini era un dittatore, lo statista era De Gasperi. Vannacci non può fare il capolista. Se Salvini non corre, l’unico capolista è il ministro Giorgetti che è in grado di intercettare quell’elettorato fatto da persone moderate che hanno votato Lega e non voteranno Vannacci. Questa è l’unica soluzione per tornare a crescere».
Da Re esprime un malcontento che nei congressi leghisti in corso nel Veneto altri affermano a mezza bocca. Una settimana fa si è svolto quello di Treviso e in 500 hanno applaudito l’assessore regionale Federico Caner quando ha detto, sulla scia delle considerazioni di Da Re: «Si deve togliere il nome di Salvini dal simbolo».
Mentre un assist a Fedriga lo lancia il sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy, Massimo Bitonci: «Quando hai delle persone come Zaia e Fedriga bisogna cercare di tenerle, non metterle da parte».
Zaia non aspira a guidare il partito, se non passerà il terzo mandato (quarto per lui) lo alletta la carica di sindaco di Venezia. Quindi oltre a Fedriga l’altro candidato di peso che potrebbe prendere il posto di Salvini è, per i leghisti veneti, Roberto Marcato, 56 anni, assessore regionale allo Sviluppo economico, fondatore della Liga Veneta, che si definisce «autonomista impenitente», alle regionali è stato il più votato: 11.657 preferenze.
Lui non si tira indietro: «Se le regole d’ingaggio al congresso nazionale saranno chiare potrei partecipare. Dopo i segretari lombardi tocca a un veneto, il segretario non può essere sempre un «foresto»».
Insomma quella Roma che per Bossi era ladrona è diventata ora di nuovo indigeribile per i Zaia boys perché il Veneto conta assai poco e Salvini si fa i suoi giochi romani, loro non ne possono più dei Vannacci di turno. Scandisce Marcato: «La Liga è sindacato di territorio che chiede l’autonomia. il federalismo e sostiene le Pmi e la signora Maria che non arriva a fine mese. L’ha detto Zaia e lo ripeto anch’io: un partito labour».
La Lega partito laburista, lontano anni luce da quanto sta dicendo e facendo Salvini? È la strada che indica Zaia: «Spero che la Lega diventi sempre più un partito labour alla Tony Blair». Strade sempre più divergenti e ormai incomunicabili.
(da Italia Oggi)
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