IN VENETO LA BASE È IN RIVOLTA CONTRO IL “CAPITONE” (NELLE CHAT RIBATTEZZATO “IL CRETINO”), CHE HA SGAMBETTATO ZAIA A CASA SUA
SE ALLE EUROPEE VANNACCI “SALVA” IL PARTITO, I MODERATI SONO PRONTI AD ABBANDONARE IL CARROCCIO… SE LA LEGA TRACOLLA NONOSTANTE IL GENERALE AL CONTRARIO, IL “CAPITONE” NON AVRÀ SCAMPO
Il Veneto leghista ribolle. Matteo Salvini sta provando a imporre ancora una volta la sua leadership nella Regione di Luca Zaia. Ha impostato una linea lontana dalle battaglie storiche della Lega e sfoggia un decisionismo difficile da digerire nei territori, dove i militanti assistono da anni all’avanzata minacciosa degli alleati di Fratelli d’Italia.
Se questa resterà la direzione di marcia del leader, in tanti potrebbero dire addio al partito in autunno, dopo il congresso.
Difficile pensare a una scissione. Piuttosto, si tratterebbe di una diaspora. C’è chi lo ammette con un sussurro e chi ormai sente non ci sia più nulla da nascondere. «Dopo le europee si dovrà fare una profonda riflessione, perché io non voglio militare in un partito di destra», dice a La Stampa Roberto Marcato, uno dei fondatori della Liga veneta, assessore allo Sviluppo economico della giunta Zaia e campione di preferenze tra i consiglieri regionali.
«E se al congresso si vota e si decide che la Lega resterà un partito di destra, in cui le idee sono quelle di gente come Vannacci, è chiaro: che ci sto a fare?».
Per Marcato «La Lega deve tornare ad essere il sindacato dei territori e il partito credo abbia la forza per farlo». Il problema «non si risolve addossando le colpe sul segretario», precisa. Ma sullo sfondo c’è anche una questione che investe le leadership, perché «Zaia e i veneti hanno un’idea precisa di partito e il rischio – ammette – è che sia diversa da quella di Salvini».
La spaccatura con Zaia è sempre più profonda. Il vicepremier dice di avere già pronta una lista di dieci nomi di leghisti veneti da spendere come possibili candidati alla Regione nel 2025, ma quei nomi non li ha condivisi con lui, il governatore uscente che oggi – secondo un sondaggio Swg – è risultato essere il presidente di Regione più amato d’Italia.
Chi è vicino a Salvini fa sapere che nella lista dei dieci ci sono i due sottosegretari Massimo Bitonci e Andrea Ostellari, la senatrice Erika Stefani e il commissario regionale Alberto Stefani: tanto fedeli a Salvini quanto osteggiati dai militanti fedeli a Zaia. Ma ci sarebbero anche nomi più vicini all’attuale governatore, dalla sua vice, Elisa De Berti, al consigliere Roberto Marcato, dal capogruppo in Regione Alberto Villanova al sindaco di Treviso Mario Conte, fino al presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti e un outsider, il veronese Luca Coletto, che però è impegnato come assessore alla Sanità in Umbria.
Mentre i leghisti veneti sembrano pensare a un’era post- Salvini, il leader prova a ragionare su un’era dopo-Zaia, sempre nel segno della Lega. Per il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, Raffaele Speranzon, quella del vicepremier è però fatica sprecata: «Non credo che il Veneto spetterà alla Lega.
Saranno i risultati delle Europee a decidere chi, nel centrodestra, indicherà il candidato. E noi abbiamo già doppiato alle ultime politiche la Lega».
FdI vuole il Veneto, così come l’Emilia Romagna. Se Stefano Bonaccini verrà eletto alle Europee, si voterebbe a ottobre insieme all’Umbria (dove sarà ricandidata la leghista Donatella Tesei) e, nel caso, alla Liguria. Meloni mostra un certo appetito, ma almeno su questo Salvini e i veneti sono perfettamente allineati: se FdI vuole un suo candidato in Veneto, la Lega correrà da sola.
(da La Stampa)
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