INCHIESTA CAMICI: IL PRESIDENTE FONTANA AVREBBE AVUTO UN RUOLO ATTIVO
AUDIZIONE FIUME DI 7 ORE IN PROCURA; PER I MAGISTRATI FU UN AFFIDAMENTO DIRETTO ALLA DITTA DEL COGNATO E DELLA MOGLIE, QUANDO REPORT INIZIA L’INCHIESTA FONTANA FA MUTARE IL CONTRATTO IN DONAZIONE PER SALVARE LA FACCIA… L’ASSESSORE CATTANEO AMMETTE: “SI SAPEVA CHE ERA L’AZIENDA ERA LEGATA ALLA FAMIGLIA FONTANA”
Quella dei camici non è nata come donazione ma come un affidamento diretto.
È questa la tesi della procura che si basa su elementi di prova che secondo l’accusa racconterebbero tutta un’altra storia nella genesi della vicenda che vede oggi indagati Andrea Dini, cognato di Fontana e numero uno della società Dama titolare del marchio “Paul&Shark”, e l’amministratore delegato di Aria, la centrale acquisti regionale, Filippo Bongiovanni.
Ulteriori elementi racconterebbero come questa sia effettivamente diventata una donazione, ma solo dopo che i giornalisti di Report hanno cominciato a fare delle domande.
Per la procura il presidente della Regione Attilio Fontana (per ora non indagato) avrebbe avuto un ruolo attivo nella vicenda: avrebbe fatto modificare il contratto da vendita a donazione perchè sarebbe stato consapevole che quell’affidamento favoriva una società legata a sua moglie.
Il fasciolo per turbativa d’asta ha al centro la commessa di 75mila camici per un totale di 513mila euro offerti da Dama ad Aria durante il picco dell’emergenza Covid. Camici che sono stati consegnati solo in parte.
Oggi c’è stata un’audizione fiume di oltre sette ore in procura per chiarire ruoli e decisioni nella fornitura alla Regione dei 75mila camici da parte Dama, la società del cognato del presidente Attilio Fontana, Andrea Dini, proprietario della srl di cui la moglie Roberta Dini detiene il dieci per cento.
Carmen Schweigl, 56 anni, responsabile della struttura gare di Aria ha risposto alle domande dei pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas sull’iter della fornitura, che da affidamento diretto a pagamento è stata poi trasformata in donazione. Un tassello di un puzzle che per i magistrati inizia a essere definito per ruoli e dinamiche interne alla Regione.
Lo snodo della vicenda è l’intervista di Report di metà maggio. Anche se il giornalista di Giorgio Mottola fa domande a Fontana del tutto vaghe sull’affidamento, il governatore si sarebbe attivato poco dopo per far modificare il contratto da vendita — con ordine di acquisto del 16 aprile per un valore da 513mila euro — in donazione. L’offerta della società arriva in Regione prima di Pasqua, con un preciso tariffario per 75mila capi per infermieri. L’intervista arriva dopo la consegna dei primi 50mila. È allora che Andrea Dini decide di non completare la consegna degli altri 25mila camici, nonostante ci si trovi in quel momento in una situazione di disperato bisogno in ospedali ed Rsa. Ma anzi la procura sostiene che Dini cerchi di rientrare del denaro che non avrebbe più incassato dal Pirellone, cercando sul mercato altri acquirenti. Vendendo gli stessi camici a un prezzo superiore. Il governatore fontana si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda.
Un ruolo nella vicenda lo avrebbe anche l’assessore all’Ambiente Raffaele Cattaneo, nominato responsabile della task force regionale per la produzione di mascherine e Dpi. Cattaneo (non indagato), sentito in procura due giorni fa, ha ammesso di sapere che la ditta fosse legata alla famiglia Fontana e di essere stato lui a introdurla — così come ha fatto per molte altre aziende produttrici di mascherine – ai manager di Area. Un consiglio che i pm ritengono non penalmente rilevante, a differenza di chi lo ha recepito e accolto.
(da “Repubblica”)
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