INGROIA NON CI STA ALLE CRITICHE: “HO DIRITTO A CRITICARE LA RIFORMA, CI FU LA STESSA INTOLLERANZA CON BORSELLINO”
ATTACCATO DAL GOVERNO PER AVER PARTECIPATO AL C-DAY, IL MAGISTRATO ANTIMAFIA CONTRATTACCA: “VOGLIONO GETTARE FANGO SU CHI NON LA PENSA COME LORO”…L’INTERVISTA AL PROCURATORE AGGIUNTO DI PALERMO
“La magistratura non vuole sostituirsi al potere legislativo — dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia — ma nel rispetto del potere legislativo un magistrato può esprimere il suo punto di vista tecnico su scelte che rischiano di essere uno strappo rispetto ai principi fondanti dell’assetto costituzionale della giustizia e ai diritti fondamentali dei cittadini”.
Qualcuno, senza toni polemici, rileva però il rischio che l’italiano medio possa restare disorientato rispetto ad alcune prese di posizione pubbliche dei magistrati nel dibattito politico. Cosa ne pensa?
“Non vedo affatto questo disorientamento, ma un desiderio diffuso di capire e sentire pareri diversi. Poi, ci sono gli italiani, e sono tanti, vittime di una disinformazione massiccia. La stessa che anni fa attaccò Paolo Borsellino, quando fece una denuncia pubblica sul calo di tensione nella lotta alla mafia. Era una denuncia che investiva contemporaneamente la politica e la magistratura. L’attacco fu non sui contenuti che Borsellino esprimeva, ma direttamente alla sua persona. Oggi, vedo la stessa intolleranza. Certo, con uno spiegamento di uomini e mezzi molto più massiccio”.
Il Giornale le ha dedicato il titolo di apertura: “Questo magistrato deve dimettersi. Il pm Ingroia getta la maschera e attacca il governo in piazza”.
“Già in passato ho avuto modo di sentirmi diffamato, mi sono rivolto alle vie legali e ho avuto soddisfazione. Anche questa volta, vedo un intento denigratorio. Darò mandato ai miei legali di valutare i presupposti per un’azione legale”.
Quale significato ha dato alla sua partecipazione al “C-day”?
“Intanto, non era una manifestazione di partito. Era solo un’iniziativa in difesa della Costituzione. Non vedo nulla di strano che un magistrato vi partecipi e dica la sua su un progetto di riforma costituzionale della giustizia”.
Il vicepresidente del Csm, Vietti, si è appellato alla “sobrietà ” dei magistrati. Il suo intervento è stato sobrio?
“Fortemente critico, ma sobrio. Credo di avere il diritto, ma anche il dovere di fare sapere il punto di vista dei magistrati su una questione che riguarda tutti. Non mi sembrano affatto sobri, invece, gli attacchi che gettano fango su chi non la pensa allo stesso modo. Ecco perchè ho apprezzato le parole del ministro della Giustizia, che mostra tolleranza nei confronti delle opinioni diverse”.
Berlusconi parla invece di “dittatura della magistratura”. È una chiusura al dialogo con i magistrati sui temi della riforma?
“Non ci si può abituare a questi attacchi a testa bassa. Il confronto, anche aspro, su un tema così delicato è assolutamente necessario. Spero ancora che il clima possa rasserenarsi, anche se le premesse non sembrano delle migliori”.
Il tema della partecipazione dei magistrati al dibattito politico è argomento di discussione anche all’interno dell’Associazione nazionale magistrati.
“La posizione dell’Anm è abbastanza chiara. Partecipazione non è sintomo di schieramento con questa o quella parte politica. E in passato nelle mie posizioni, come in quelle di altri magistrati, non sono state risparmiate critiche anche a iniziative legislative che venivano da maggioranze diverse da quella attuale. Non ci si può accusare di partigianeria”.
Alla manifestazione del “C-Day” è arrivato anche un messaggio di adesione del presidente dell’Anm, eppure le critiche pesanti sono arrivate solo dopo il suo intervento. Si è fatto un’idea del perchè?
“Io ho detto esattamente le stesse cose degli altri esponenti dell’Anm. Non voglio pensare che ci sia un collegamento con le indagini e i processi di cui mi sto occupando. Se così fosse, saremmo ben al di là dell’attacco alla magistratura, questa sarebbe una sorta di caccia al pm che viene percepito come minaccioso. Mi auguro davvero che non sia così”.
Salvo Palazzolo
(da “la Repubblica”)
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