INTERVISTA A BERLUSCONI: “LE PEN NON HA I NOSTRI VALORI. MACRON? UN BRILLANTE BUROCRATE”
“LE PRIMARIE SONO UN RITO PROMOZIONALE, NON DEMOCRATICO”… “L’EURO NON VA CANCELLATO”
Presidente, mancano ormai poche ore ai risultati delle presidenziali in Francia, elezioni che potrebbero costituire uno spartiacque per l’intera costruzione europea. Cosa si augura?
«Amo la Francia, ho studiato e lavorato a Parigi quando avevo vent’anni, sono convinto, al di là delle contingenze politiche, che abbiamo un destino comune scritto nelle radici latine, cattoliche, europee dei nostri due paesi. Auguro ai francesi una presidenza in grado di affrontare le drammatiche questioni che oggi si pongono a tutte le grandi democrazie europee: l’immigrazione, il terrorismo, la disoccupazione, la stessa ricostruzione dell’Europa, la cui crisi potrebbe diventare irreversibile».
Macron e Le Pen: due visioni della Francia, dell’Europa e della società del tutto antitetiche. Se fosse francese, lei chi voterebbe?
«A differenza di altri politici italiani, considero inopportuno schierarsi nelle elezioni di paesi amici. La Francia rimarrà per l’Italia un partner irrinunciabile chiunque vinca le elezioni».
Ci sarà pure una differenza per lei…
«Posso dire che la signora Le Pen è portatrice di valori e di una cultura che non sono le nostre, anche se rappresentano sensibilità e stati d’animo diffusi in larghi strati della popolazione, non solo in Francia ma in tutta l’Europa. Macron è un brillante tecnocrate che viene dalla sinistra, anche se ne sta innovando lo stile e il linguaggio. Ma questa non è la nostra cultura liberale».
Renzi oggi sarà riconfermato alla guida del Pd. Ha seguito la campagna delle primarie? Che idea si è fatto?
«Non mi è sembrata una campagna appassionante. L’esito era previsto, e l’affluenza è stata inferiore al passato».
I suoi possibili alleati, Meloni e Salvini, continuano a reclamare primarie di coalizione…
«Se c’è una cosa che le primarie del Pd hanno confermato è che si tratta di un rito promozionale e non di un momento di democrazia. Una mobilitazione di apparati e di voto organizzato che, in mancanza di una regolamentazione per legge, si presta anche ad abusi e a falsificazioni».
Intanto in Italia siamo alle prese con la crisi di Alitalia. Il governo ha dato un po’ di ossigeno alla compagnia, ma il tempo stringe: si è pentito di non aver lasciato che se la comprasse Air-France invece di spendere così tanti miliardi che non sono serviti a nulla?
«Una cosa davvero grottesca è ricollegare — come qualcuno ha provato a fare — l’attuale crisi di Alitalia alle scelte compiute dal nostro governo nel 2008. Allora riuscimmo, e non ne sono affatto pentito, ad evitare che la compagnia di bandiera finisse non semplicemente in mani straniere — questo non sarebbe stato un grande problema, nell’era della globalizzazione — ma nelle mani di una compagnia aerea come Air France che aveva un ovvio interesse a ridimensionare Alitalia e ad orientare i flussi di traffico turistico e di business verso la Francia. Se poi le successive gestioni di Alitalia, gestioni private, hanno fallito, questo non modifica affatto la giustezza di quella scelta».
Adesso come se ne esce?
«Oggi io credo che ci troviamo in una condizione paradossale: non vi è alcuna ragione strutturale per la quale l’Italia, come ogni paese europeo, non possa avere una compagnia di bandiera utile al sistema paese. Alitalia può e deve andare avanti, ma non certo con denaro pubblico. Comunque sul suo futuro sarà il mercato a decidere, non la politica».
Il governo ha appena varato il Def e la manovra correttiva ma la vera prova sarà la legge di Stabilità per il 2018. Secondo lei ci si arriverà o Renzi, come pare, preferirà la scorciatoia del voto anticipato?
«Questo è il tipico modo di agire dei professionisti della politica, che subordinano le loro scelte non all’interesse del Paese ma a quello di un partito o di un leader. È giusto che gli italiani si possano esprimere al più presto, ma questo non può essere un pretesto per evitare al Pd e al governo di assumersi la responsabilità di scelte difficili, conseguenza del cattivo governo degli ultimi anni. Di fronte al disastro dell’economia italiana, mettere in atto delle piccole tattiche elettorali sarebbe irresponsabile ed anche controproducente. Non credo che gli italiani siano ancora disposti a farsi prendere in giro».
Il dibattito politico si è scaldato sull’ipotesi lanciata da Pier Luigi Zanda sul Foglio circa una possibile unione trasversale delle forze anti-populiste e filoeuropee contro un governo Cinque Stelle. Forza Italia, chiamata in causa, come risponde?
«Se volessimo consegnare il paese a Grillo questa sarebbe la strada giusta. Se noi liberali facessimo un fronte comune con chi ha programmi e idee opposte alle nostre, significherebbe soltanto una cosa: che ci interessa solo il potere. Sono le farneticanti teorie dei grillini. Noi vogliamo vincere le elezioni con una proposta politica di qualità , coerente con i nostri valori, e affidata a persone credibili, per gran parte non politici di professione ma protagonisti stimati e apprezzati del mondo dell’impresa, delle professioni, della cultura».
Nei Cinque Stelle, che lei da tempo ha individuato come l’avversario più pericoloso per il futuro del paese, salverebbe qualcosa o qualcuno?
«Salverei gli elettori, che per gran parte sono persone giustamente indignate con la politica. Con un voto di protesta — secondo me sbagliato — intendono esprimere un malcontento e una speranza di cambiamento che sono giustissime».
Un ipotetico fronte unico del centrodestra è dato in testa in alcuni sondaggi. Ma come unirlo visto che Salvini continua a smarcarsi ogni giorno sia sul programma — a partire dall’insistenza dell’Italia fuori dall’Ue – che sulla leadership?
«Sul programma nel centrodestra siamo già d’accordo al 95%. Si articola in sei punti: meno tasse, meno Stato, meno Europa, più aiuto a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, più garanzie per ciascuno».
Ma Salvini vuole abbandonare l’euro, mentre voi state nello stesso gruppo della Merkel…
«Per quanto riguarda l’euro, la nostra soluzione, sostenuta da molti validi economisti, prevede il suo mantenimento soprattutto per le esportazioni e le importazioni e il recupero parziale della nostra sovranità monetaria con l’emissione di una seconda moneta nazionale, con tutti i vantaggi che questo comporterebbe».
E chi sarà il leader della coalizione?
«Mi sembra davvero l’ultimo dei problemi. Al momento giusto troveremo insieme la figura meglio in grado di coniugare credibilità , autorevolezza, esperienza, capacità di includere e di aggregare».
Legge elettorale: lei ha detto che l’iniziativa spetta al Pd. L’ultima proposta di cui si parla è il sistema tedesco. Che ne pensa?
«Non mi appassiono a questo o quel sistema. L’importante è non perdere altro tempo, e dare agli italiani una legge equilibrata che consenta di scegliere in modo davvero democratico da chi essere governati. Ed evitare di consegnare il Paese a un nuovo pericoloso immobilismo».
Francesco Bei
(da “La Stampa”)
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