INTERVISTA A DE FALCO: “SCHETTINO IN CATTEDRA E IO SPEDITO IN UFFICIO. QUESTO PAESE STORTO PUNISCE I SUOI SERVITORIâ€
IL CAPITANO DEL “TORNI A BORDO CAZZO” RIMOSSO DAL SETTORE OPERATIVO DELLA CAPITANERIA: “PAGO PER TUTTO QUELLO CHE HO FATTO LA NOTTE DELLA CONCORDIA”
«Sono amareggiato e sto riflettendo su molte cose, comprese le stellette che porto addosso».
Stacca le parole, le intervalla ai silenzi, il capitano Gregorio De Falco, l’eroe della notte della Concordia, quello che ordinò a Francesco Schettino il celebre e rabbioso «torni a bordo cazzo».
Lo stesso che dalla sala operativa della capitaneria di Livorno sospettò prima di tutti gli altri, assieme al collega Alberto Tosi, che il black out a bordo della grande nave da crociera fuori rotta, fosse una colossale bugia.
Il capitano di fregata è stato informato ieri che dovrà lasciare il settore operativo della Capitaneria di Livorno: a fine settembre infatti sarà trasferito in altri uffici, sempre della Direzione marittima di Livorno. Uffici amministrativi.
Lui non ci sta e sta meditando in queste ore anche di abbandonare la divisa.
Cosa è accaduto?
«Il comandante Faraone mi ha chiamato nel suo ufficio per comunicarmi che devo lasciare il servizio operazioni perchè vengo destinato a un ufficio di carattere amministrativo ».
È stato lei a chiederlo?
«No di certo, da dieci anni la mia ragione professionale è nel settore operativo, credo di aver maturato lì una professionalità … ma sono un militare».
Quindi obbedirà ?
«Il 28 settembre mi presenterò al nuovo ufficio che deve ancora probabilmente essere individuato dal comando. Sono molto amareggiato, sto riflettendo su tante cose… ».
Anche di lasciare la divisa?
«Sono molto turbato. Questo cambio di incarico non mi era neppure stato prospettato».
Schettino va in cattedra alla Sapienza, rilascia interviste, si fa fotografare sui rotocalchi, lei invece…
«Io no». Silenzio.
Schettino in vetrina, lei levato dal servizio operativo. Qualcosa penserà di questo?
«Mi fa riflettere sulla circostanza che questo Paese è storto, privo di riferimenti corretti in cui le persone rispondano per il ruolo e la responsabilità che hanno».
Pensa che ci sia un collegamento fra il suo spostamento di incarico e quello che accadde la notte di Concordia?
«Penso di sì, mi sono fatto questa idea: che ci possa essere un collegamento col lavoro che ho fatto per il soccorso e forse nelle indagini».
In che senso?
«Preferisco non rispondere».
Le hanno rimproverato un’esposizione mediatica o qualcos’altro?
«Formalmente nessuno mi ha rimproverato mai niente».
Eppure…
«Eppure queste conseguenze non sono coerenti con i riconoscimenti formali. Lo Stato su di me ha speso soldi per formarmi come responsabile del soccorso marittimo, responsabilità di cui mi sono fatto carico anche quando non mi competeva, come per esempio nella notte di Concordia».
Può spiegare perchè non le competeva?
«Ero a capo dell’unità costiera di guardia a Livorno che ha un ambito geografico coincidente con le acque antistanti la provincia. Il naufragio avvenne a Grosseto e io sono stato chiamato dalla sala operativa della direzione marittima regionale: ho risposto subito salendo in sala e assumendo ogni decisione operativa».
Ripensando al 13 gennaio 2012 ha qualcosa da rimproverarsi?
«Proprio niente. Le faccio un esempio: al comandante della guardia costiera americana, chiesero se gli Stati Uniti fossero pronti a intervenire in caso di evacuazione di navi molto grandi e lui rispose che avevano fatto 37 esercitazioni, quando gli chiesero se avesse avuto qualcosa da suggerire alla guardia costiera italiana, disse: nulla, tutto era stato fatto correttamente».
Ad un certo punto è sembrato che lei stesse per scendere in politica…
«Lo scrisse un giornale, io non fui contattato. Era lontano da me. Ma sto cercando di valutare tante cose per capire se ci possano essere relazioni tra i fatti e le conseguenze di oggi».
Comandante, a lei nemmeno una promozione.
«Non era nel profilo di carriera, mi dovevano valutare quest’anno semmai. Il punto non è la promozione… ».
Quale è il punto?
«Per esempio il fatto che un anno fa non fui destinato ad alcun incarico di comando come invece è successo a tutti gli altri miei colleghi. Io non mi sono lamentato, ma ora il trasferimento è un’altra cosa».
Chi sono i suoi nemici?
«Non ho nemici. Probabilmente c’è qualcuno che non vede il servizio come lo vedo io. Mi viene in mente un’espressione di Zagrebelsky, “l’eterogenesi dei sì”, camminiamo nella stessa direzione, ma ciascuno ha finalità differenti. Quella notte io la ricordo bene, non sapevamo nemmeno esattamente quante persone ci fossero sulla nave e i vertici di Costa alla domanda di un giornalista tre giorni dopo il naufragio su quante persone fossero sulla Concordia risposero di chiedere alla Protezione civile… il filmato è su youtube, tutti lo possono vedere. Quando ho fatto scendere le persone dalla biscaggina, ordinai di mettere sotto le zattere gonfiabili e in questo modo salvammo due bambini che caddero dalla scaletta».
Comandante torniamo alle indagini.
«Preferisco di no. Le posso dire soltanto che nei giorni immediatamente successivi mi chiamò il procuratore capo di Grosseto e io ebbi difficoltà a distaccarmi dal mio comando per raggiungere la procura perchè mancava un atto di richiesta formale… ma non so se c’è una relazione… Forse no, farò i miei accertamenti ».
Se lasciasse la divisa ha pensato a cosa farà ?
«Se dovessi lasciare sarebbe una brutta, brutta giornata»
Però a quel punto potrebbe accettare un incarico dalla politica se arrivasse…
«Io sono un militare».
Laura Montanari
(da “La Repubblica”)
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