INTERVISTA A FRANCESCA DE VITTOR, DOCENTE DI DIRITTI UMANI ALLA CATTOLICA DI MILANO: “DAL GOVERNO PROCLAMI INUTILI, SE NON SI RISPETTANO I CRITERI DEL DIRITTO EUROPEO LA MAGISTRATURA HA IL DIRITTO E IL DOVERE DI INTERVENIRE”
“LA SENTENZA DEL 4 OTTOBRE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA E’ VINCOLANTE PER DUE ANNI”
Nonostante i proclami del governo, fino al 2026 non cambierà nulla. La lista dei Paesi di origine sicuri, sulla quale si è infranto l’avvio dei primi hotspot in Albania, dovrà tenere conto per due anni della sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre, citata come base giuridica dal Tribunale di Roma nella sentenza dell’altro ieri che ha riportato i migranti in Italia. Ne parliamo con Francesca De Vittor, docente del corso di Diritti dell’uomo presso l’Università Cattolica.
Su quali fonti giuridiche poggia la sentenza del tribunale di Roma che ha portato allo scontro con l’esecutivo?
Il trasferimento e il trattenimento in Albania di queste persone è possibile per la legge italiana solo applicando ai richiedenti la procedura accelerata per la valutazione delle domande di protezione internazionale, che si applica a coloro che hanno presentato la domanda in frontiera e provengono da paesi di origine sicura. Solo nell’ambito di tale procedura, quando i richiedenti non hanno consegnato il passaporto o prestato la garanzia finanziaria, può essere disposto il trattenimento che, come ogni privazione della libertà personale deve essere convalidato dal giudice. Il Tribunale di Roma che ha valutato i casi di queste 12 persone provenienti da Bangladesh ed Egitto ha ritenuto che non fossero paesi sicuri, di conseguenza non è applicabile la procedura accelerata e il trattenimento, e che quindi i migranti non potessero restare in Albania privati della libertà.
Perché i giudici di Roma valutano Egitto e Bangladesh non sicuri ?
È il punto su cui interviene la sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso 4 ottobre che interpreta il concetto di paese di origine sicuro ai sensi dell’art. 37 della direttiva 2013/32 sulle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. La Corte ha precisato che si può qualificare paese di origine sicuro quello in cui non vi è rischio di persecuzione, tortura o trattamento inumano e degradante o di violenza nell’ambito di un conflitto su tutto il territorio nazionale. È insomma improbabile che chi viene salvato nel Mediterraneo venga da un paese sicuro.
Per Egitto e Bangladesh il Tribunale di Roma cita i rischi indicati nelle “schede Paese” della Farnesina.
Esatto. Nelle schede del ministero degli Esteri per inserire tali Paesi nella lista di quelli sicuri si esclude la sicurezza per attivisti, oppositori politici e altri. Alla luce della sentenza del 4 ottobre, questi paesi non sono più qualificabili come sicuri. E visto che sono definiti tali dal governo italiano in esecuzione di atti Ue, deve rispettare le condizioni del diritto europeo.
Quindi nessuna interferenza dei giudici?
L’esecutivo ha la competenza di inserire i Paesi nella lista. Ma non ha potere discrezionale, se non sono rispettati i criteri del diritto europeo la magistratura può e deve intervenire, tanto più che la sentenza della Corte è arrivata dopo la definizione della lista, quindi cambia i presupposti. Ma non è una novità. Ci sono stati trattenimenti in Italia non convalidati dai giudici per la stessa ragione.
Il governo vuole, però, andare avanti
Il rischio che quanto è successo si ripeta è altissimo. Fino al 2026 resteremo nella stessa situazione perché solo allora entrerà in vigore il nuovo regolamento sulla procedura di riconoscimento del diritto di asilo che prevede la possibilità che i Paesi siano qualificati di origine sicura anche escludendo parti del territorio.
(da agenzie)
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