INTERVISTA A VON DER LEYEN: “LA RUSSIA VIOLA LE LEGGI INTERNAZIONALI”
“SI’ ALLE SANZIONI MA APERTI AL DIALOGO”
Rigorosa come sempre, Ursula von der Leyen ci accoglie nella foresteria del ministero della Difesa che ha guidato fino a pochi giorni fa, ormai ospite tra gli ospiti, come i giornalisti venuti a intervistarla da tutta Europa.
E affronta in un lungo colloquio tutte le tematiche più brucianti del presente, dalla Russia che sta allargando la sua influenza in Europa – come dimostra lo scandalo che sta travolgendo la Lega – agli errori sulle politiche migratorie come l’accordo di Dublino – “mi meraviglio come un accordo così sbagliato sia potuto essere firmato” – ai conti pubblici, su cui la neo presidente della Commissione europea promette uno “stretto monitoraggio” dell’Italia ma anche volontà di “dialogo” e di ascolto.
Non senza ricordare al nostro Paese che grazie alla flessibilità , dal 2015 ci sono stati concessi 30 miliardi di euro in più. Von der Leyen elenca anche alcune delle riforme che ha intenzione di proporre, anzitutto il salario minimo e l’assicurazione europea sui disoccupati, anche contro il parere ufficiale del partito che rappresenta, la Cdu, e del Paese da cui proviene, la Germania.
Lei sarà la prima presidente donna a guidare la Commissione europea. In che cosa sarà diversa, da questo punto di vista?
“Anzitutto, attorno al tavolo della Commissione ci saranno altrettanti uomini e donne. E il fatto che abbiano provenienze diverse offrirà una diversa prospettiva ai problemi e suggerirà soluzioni differenti. E spero che si faranno notare per essere delle soluzioni pragmatiche. In questi 14 giorni in cui mi sono battuta per ottenere una maggioranza al parlamento europeo, ho sempre avuto la sensazione che fosse più semplice costruire ponti con le donne. Molte di loro si sono rivelate molto pragmatiche e orientate al risultato”.
Quando ha saputo che aveva raggiunto la maggioranza per essere eletta, prima o dopo l’annuncio ufficiale…?
“Dalle informazioni che avevo sapevo che sarebbe stato un risultato sul filo. Dunque mi sono emozionata enormemente, quando il presidente del Parlamento lo ha annunciato qualche minuto dopo. In me si era accumulata molta tensione, perchè nei giorni immediatamente precedenti non ero certa se ce l’avrei fatta. Il giorno che ho fatto il discorso, alcuni mi dissero che gli era piaciuto. Ma sapevo anche di aver sostenuto delle posizioni molto chiare che avrebbero convinto qualcuno in più ma anche deluso qualcun altro”.
Lei ha vinto con una maggioranza molto risicata. Come si spiega l’enorme opposizione alla sua nomina?
“La frase che ho sentito più spesso in quei giorni è stata ‘non è nulla di personale, ma…’. So che molti in Parlamento erano arrabbiati perchè i capi di Stato non hanno nominato un loro spitzenkandidat ma me. Tuttavia Manfred Weber mi ha sostenuto enormemente – e non avrei potuto essere votata senza il suo aiuto. E, ovviamente, alcuni hanno votato contro di me perchè ho presentato un programma chiaramente pro-europeo che non condividevano”.
In realtà lei è stata votata da forze euroscettiche come l’ungherese Fidesz il polacco PiS e i 5 Stelle. Quanto peserà il loro sì sul suo lavoro?
“La stragrande maggioranza dei voti è arrivato dai popolari, dai socialisti e dai liberali. Il nuovo Parlamento è molto eterogeneo. E il percorso che abbiamo dinnanzi consisterà nel trovare maggioranze stabili per ogni proposta e nel trovare forse maggioranze nuove ogni volta. E’ una sfida ma è anche un’opportunità , quella di conquistare ogni volta una maggioranza per un determinato argomento”.
Lei ha offerto qualcosa a Fidesz e al Pis per i loro voti?
“I Paesi del centro e dell’est Europa mi hanno dato fiducia perchè conoscevano il mio lavoro come ministro della Difesa. Abbiamo anche avuto delle divergenze sulla questioni della Difesa, ma penso che ci siano molte persone in quei ministeri che possono testimoniare che sono una persona con la quale si può lavorare. Ciò ha aiutato molto. E se guardiamo alle differenze che ci sono tra l’Europa centrale e quella occidentale, penso che l’urgenza per loro sia quella di essere maggiormente accettati, più visibili”
Sa chi l’ha votata e chi no?
“No, molto semplicemente perchè si tratta di un voto segreto. Io so solo ciò che mi hanno detto i gruppi”.
Ma come si spiega il fatto di non essere riuscita a convincere i parlamentari del suo stesso Paese, in particolare la Spd, e persino alcuni esponenti del suo partito? Il governo è a rischio in Germania?
“Io non penso che ciò abbia a che fare con la coalizione a Berlino, penso sia una questione squisitamente europea. I 16 parlamentari europei hanno sottolineato di non potermi votare perchè non sono stata una Spitzenkandidat. Non è mio compito quello di interpretare il loro comportamento, è stata una loro decisione e io avrei certamente preferito che l’avessero argomentata dal punto di vista contenutistico che procedurale. Ma ora dobbiamo guardare avanti e lavorare con ciò che abbiamo”.
Lei ha presentato un piano molto ambizioso per la lotta ai cambiamenti climatici. Come intende finanziarlo? E come intende costringere i Paesi riluttanti a sostenere le sue idee?
“Onestamente c’è un punto dove credo che l’Europa abbia capito il messaggio. Il tempo stringe, stiamo raggiungendo il punto di non ritorno. Dobbiamo sforzarci a cambiare atteggiamento, a far pagare un prezzo maggiore per le emissioni di Co2, dobbiamo investire in ricerca e sviluppo ed energie verdi. Altrettanto importante è che garantiamo un’equa transizione, non tutte le aree hanno le stesse condizioni di partenza. Ciò che fa bene al nostro pianeta deve fare bene anche ai cittadini e all’economia”.
Sì, ma insistiamo: da dove prenderà i soldi per tutto ciò?
“La questione è porre le giuste priorità nel bilancio pluriennale. Se non investiamo di più in questo campo, pagheremo un prezzo molto più alto in futuro, visto che i costi per le alte emissioni, le tecnologie arretrate e per compensare i posti di lavoro persi si accumuleranno. Se l’Europa si muove per prima può beneficiare del fatto di essersi mossa in anticipo. Nei prossimi mesi formulerà un piano più dettagliato”.
Lei sostiene l’idea di un salario minimo per tutti i Paesi membri e ha avanzato anche la proposta di un’assicurazione comune per i disoccupati nel caso di shock esterni. Ma come intende implementare queste idee se neanche la Germania le sostiene?
“Al contrario, la Germania ha fatto una buona esperienza con il salario minimo negoziato attraverso la concertazione tra aziende e sindacati. Il segreto è definire bene i dettagli: se qualcuno lavora a tempo pieno dovrebbe essere almeno in grado di sostenersi finanziariamente. Altrimenti spingiamo i lavoratori nel mercato nero e nessuno ne guadagna nulla. Quanto all’assicurazione sui disoccupati: l’idea è che i Paesi abbiano uno strumento per assorbire degli shock esterni come una hard Brexit. In Germania abbiamo imparato durante la crisi finanziaria che è molto meglio applicare un orario ridotto durante le crisi ed evitare le disoccupazioni di massa, e avere lavoratori specializzati che siano al loro posto quando l’economia si riprende. Un’assicurazione sulla disoccupazione servirebbe a superare i momenti difficili dovuti a shock esterni.
Lei proviene da un governo che ha bloccato molte iniziative del presidente francese Macron per una integrazione futura nella Ue. Lei cosa pensa del fondo dell’eurozona e del ministro delle Finanze europeo?
“Non ho mai parlato di un ministro delle Finanze europeo perchè lascia troppe questioni aperte. Quanto al fondo per l’eurozona, avremo uno strumento per la competitività e la convergenza che è utile e necessario per un’area monetaria comune. Formalmente il nostro problema era la mancanza di competitività a convergenza. E la questione aperta è sempre stata: sarà accessibile ai Paesi che stanno cercando di entrare nell’euro? Per me la risposta dovrebbe essere di sì. E’ certamente un’ipotesi alla quale lavorare”.
Quanto dovrebbe essere grande il fondo? C’è una differenza notevole tra ciò che immaginano Francia e Germania.
“Se ne discute tra Paesi membri. La mia presidenza comincia a novembre, comincerò ad occuparmene allora. Ma dobbiamo occuparcene tutti in dettaglio, quando la Commissione sarà insediata. Ma il problema sarà sul tavolo”.
Jean Claude Juncker è sempre voluto essere un presidente politico della Commissione, e ha sempre sfruttato al massimo la flessibilità del Patto. Ma ci sono Paesi come la Lega anseatica che chiedono il rispetto severo delle regole. Lei dove si colloca?
“Ci sono molti slogan nel dibattito europeo che strozzano ogni dialogo vero nella culla. Quando qualcuno usa il termine ‘unione dei trasferimenti’ o ‘austerità ‘, sai immediatamente da dove proviene. La mia ambizione è cambiare il linguaggio in modo che riusciamo di nuovo ad ascoltarci a vicenda e a trovare soluzioni pragmatiche, così come i cittadini se lo aspettano da noi. Se guardiamo al Patto di stabilità , esso contiene opzioni di flessibilità che dovremmo usare senza ledere le regole, che restano necessarie.
E l’Italia? La procedura d’infrazione è stata fermata anche se l’Italia non ha rispettato le regole
“La Commissione attuale ha deciso di non aprire una procedura d’infrazione eccessiva. La Commissione che presiederò monitorerà molto da vicino la situazione in Italia, così come in altri Paesi. Il nostro obiettivo è di riuscire a investire per stimolare la crescita senza contravvenire alle regole esistenti”.
E qual è la sua ambizione politica per la Commissione?
“Normalmente non amo avere prefissi davanti alla parola Commissione. Ma se dovessi sceglierne uno, sarebbe ‘geopolitica’. La Ue deve essere assertiva, unita e forte e ha un ruolo da giocare in questo mondo. Il mondo reclama più Europa”.
Un altro campo in cui non c’è stato molto dialogo, ultimamente, sono le politiche migratorie europee. Lei ha detto di voler superare le differenze. Ma cosa intende fare, dopo che nei cinque anni che abbiamo alle spalle non abbiamo visto altro che abissi sempre più profondi?
“Gli ultimi anni ci hanno insegnato come non mai che le risposte semplici non ci portano da nessuna parte. Si sente dire solo ‘chiudete le frontiere e l’immigrazione cesserà ‘ o ‘dobbiamo salvare chiunque nel Mediterraneo e basta’. L’immigrazione non sparirà e ci sono limiti a quanta immigrazione possiamo assorbire. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di risposte umane. Un approccio comprensivo è urgente, dobbiamo investire pesantemente in Africa per ridurre le pressioni migratorie. Allo stesso tempo dobbiamo combattere il crimine organizzato, riformare Dublino e fare in modo che Schengen possa sopravvivere perchè siamo in grado di proteggere le nostre frontiere esterne”.
Come si possono proteggere le frontiere esterne se i capi di Stato e di governo si sono dati come data per il rafforzamento di Frontex il 2027?
“L’intenzione di rafforzare Frontex a 10mila agenti è buona ma il 2027 è assolutamente troppo tardi. Dobbiamo sbrigarci, come ho già dichiarato nelle mie linee guida. E dobbiamo urgentemente riformare Dublino. Il problema con le questioni complesse è che sono molto difficili da spiegare, dunque i cittadini e i politici sono chiamati a uno sforzo maggiore. Chi litiga sulle questioni migratorie tende solo a vedere una parte del problema. Ma se parliamo di una suddivisione degli oneri guardando a tutto il processo, dall’Africa a Dublino, forse riusciamo a fare dei passi avanti”.
Le Ong dovrebbero continuare a salvare vite nel Mediterraneo?
“Il nostro approccio politico dovrebbe essere quello di focalizzarci sul fatto che queste persone non salgano su un gommone. Abbiamo combattuto il crimine organizzato in maniera efficace con la Turchia, il Marocco e l’Algeria. Ma una volta che le persone intraprendono i loro viaggi della morte, siamo obbligati a intervenire. Salvare vite è sempre un obbligo, ma salvarle non risolve la questione più generale, che è molto più grande. E quando i profughi arrivano a terra, bisogna essere chiari. Chi arriva illegalmente e non ha diritto all’asilo, deve tornare indietro. Grazie all’accordo con la Turchia siamo riusciti a ridurre gli arrivi da cinquemila al giorno a qualche centinaio”.
Ma il paese chiave in Africa per l’immigrazione irregolare è la Libia. Come intendete fare accordi con un Paese che non ha neanche un governo – ma orribili campi profughi controllati dalle milizie?
“Lei ha perfettamente ragione. E’ molto difficile trattare con un Paese come la Libia dove non c’è un governo che funzioni e che si trova agli albori di una guerra civile. Questi problemi ci sono, senza dubbio, ma non dimostrano che il concetto dell’approccio più complessivo non sia giusto. Dobbiamo affrontare le grandi sfide del nostro tempo, non l’immigrazione, ma anche la demografia e la rivoluzione digitale. Discuterne. Risolverle. Ma senza far finta che possiamo affrontarle considerando solo una parte del problema senza parlare sul resto”.
Quindi fa bene Salvini a fermare e criminalizzare le Ong come Seawatch?
“E’ un obbligo per tutti gli esseri umani quello di salvare chi rischia di annegare. Ciò che vuole l’Italia, principalmente, è una riforma del sistema disfunzionale di Dublino. E devo ammettere che mi meraviglia come un accordo così sbagliato possa essere stato firmato. Inoltre posso capire che i Paesi che sono ai confini esterni della Ue non vogliano essere lasciati soli ad affrontare la sfida dell’immigrazione. Devono avere la nostra solidarietà ”.
E come intende convincere di ciò l’Ungheria e la Polonia?
“Alcuni Paesi si concentrano esclusivamente sui propri problemi, usano slogan e non mostrano alcuna disponibilità a fare progressi. Ma è anche vero che non molti riconoscono che un Paese come la Polonia ha già accolto 1,5 milioni di persone dall’Ucraina, che ai suoi confini esterni soffre una guerra ibrida. Dobbiamo cominciare a parlare anche di questo punto di vista polacco e ascoltare argomenti che vadano al di là dei nostri. Me lo aspetto da tutti. Il nostro compito di politici e diplomatici è risolvere queste impasse”.
Lei suona diversa rispetto al 2015. Ha cambiato idea sull’immigrazione?
“Come ho appena detto, è un argomento complesso e non ci sono risposte semplici. Il dibattito è maturato, perchè durante la discussione abbiamo imparato molti dettagli sui Paesi d’origine, sul sistema del traffico di esseri umani e sui difetti di Dublino. E così ha fatto l’Europa. All’inizio avevamo risposte molto semplici e contrastanti. Adesso abbiamo accettato che l’immigrazione esiste e non se ne cesserà di esserci. E vogliamo trovare dei modi condivisi per migliorare l’immigrazione legale”.
Gli Stati membri che non rispettano lo stato di diritto e i valori comuni europei dovrebbero essere puniti attraverso una riduzione dei fondi strutturali?
“Lo stato di diritto è un valore sacro, per l’Unione europea. Per razionalizzare un dibattito infuocato: sosteniamo l’introduzione di un meccanismo che aggiunga un rapporto trasparente allo stato di diritto in ogni Stato membro. In questo modo eviteremo di puntare il dito contro singoli Paesi membri, ma faremo in modo che ogni Paese venga analizzato”.
Lei sostiene che le regole dovrebbero essere applicate a chiunque. Ma la Germania e la Francia non hanno rispettato anni fa le regole sul deficit e non sono state sanzionate. Il principio del ‘due pesi e due misure’ non rischia di danneggiare la Ue?
“Gli stessi criteri valgono per chiunque. La mia esperienza politica mi suggerisce che obbedire alle regole che chiunque si è dato è il solo fondamento per mantenere un certo equilibrio tra le potenze influenti nel mondo. E’ l’ordine basato sulle regole che difendiamo. E si applica anche all’Ue. Più ci allontaniamo dalle regole che ci siamo dati, meno saremo in grado di raggiungere un equilibrio e a essere giusti con i cittadini”.
Nell’Europa dell’est ci sono Paesi che hanno combattuto per la libertà , e ora alcuni dei loro governi vogliono abolire l’indipendenza della giustizia e strangolare la stampa. Cosa ne pensa?
“La libertà di parola, la giustizia e la stampa sono l’essenza e la base comune dell’Unione e faremo sempre in modo di proteggerle, ovunque sia necessario”.
Ma i giudici in Polonia sono sotto attacco e non esistono più giornali indpendenti in Ungheria.
“Il meccanismo che voglio per tutelare lo Stato di diritto individuerà le violazioni dei valori europei e dei suoi principi. E agiremo, ove necessario. Questo vale per tutti gli Stati membri”.
E non pensa che i populismi in aumento nell’Europa centrale siano preoccupanti?
“Assisteremo sempre a lotte interne su come un Paese debba avanzare. La risposta è battersi per gli argomenti migliori, convincere i cittadini, attuare politiche migliori e capire che la democrazia non è qualcosa di dato ma che è fragile. E’ questa la lezione che dovremmo aver tratto dalla Brexit”.
Ad eccezione dell’Italia. Nella Lega qualcuno sogna ancora di lasciare l’euro.
“L’euro è molto più delle banconote e delle monete nelle nostre tasche. E’ un simbolo dell’unità europea, la promessa tangibile di protezione e prosperità . L’Italia è un Paese fondatore e ha sempre avuto un ruolo decisivo nella costruzione dell’Europa e dell’euro. Non c’è dubbio che è questa la casa naturale dell’Italia. C’è stata un po’ di retorica su questo ma credo che i fatti parlino più di mille parole: dal 2015 la flessibilità concessa all’Italia sul Patto di stabilità le ha concesso di liberare 30 miliardi di euro, circa l’1,8% del suo Pil. Ecco perchè io cercherò sempre un approccio aperto e costruttivo con l’Italia. Credo che sia nel nostro interesse e in quello di tutti gli italiani”.
Lei ha argomentato che la Brexit potrebbe essere rimandata per “buone ragioni”. Quali potrebbero essere?
“L’accordo che abbiamo firmato è buono e non ne vedo altri all’orizzonte. Per rimandare l’attuale data per la Brexit devono esserci buone ragioni addotte dal governo britannico. Non ci si fraintenda: il modo in cui la Brexit accadrà , avrà enormi conseguenze, perchè non sarà la fine di qualcosa ma determinerà la base per le nostre relazioni future. Ed è questo il motivo principale per cui penso che sia cruciale che l’uscita del Regno Unito dall’Ue sia ordinato”.
La democrazia è sotto pressione. L’influenza della Russia in Europa sta crescendo. Un partito al governo in Italia, la Lega, è travolto da uno scandalo che parla di finanziamenti da Mosca. Quanto è preoccupata dell’aumento del potere di Mosca?
“Siamo testimoni da un po’ di un atteggiamento ostile da parte della Russia. Che spazia dalla lesione di leggi internazionali, come l’annessione della Crimea, al tentativo di dividere l’Europa il più possibile. Il Cremlino non perdona nessun tipo di debolezza. Dalla nostra posizione di forza dovremmo mantenere le sanzioni e offrire allo stesso tempo il dialogo. Stiamo anche migliorando nello smantellamento delle campagne diffamatorie e delle campagne via social media nutrite da fake news. Il nostro privilegio, in quanto democrazie, è quello di rispondere con trasparenza, libertà di stampa e un dibattito aperto”.
L’Alleanza atlantica ha subito qualche pressione. Jean-Claude Juncker ha scongiurato finora sanzioni dagli Stati Uniti. Quale sarà il suo approccio?
“Applaudo a Jean-Claude Juncker per il suo successo in questo campo. Voglio ricordare ai nostro amici americani che siedono allo stesso lato del tavolo. E vorrei che la Ue e gli Usa unissero gli sforzi per affrontare i nostri comuni competitori piuttosto che combatterci l’un l’altro”.
Uno dei sui figli ha studiato in Polonia. Che impressioni ne ha tratto?
“Sono una grande fan dell’Erasmus. Uno dei miei figli è stato a Poznan, in Polonia, un altro a Madrid, uno a Londra e uno a Parigi. Erasmus è davvero uno dei più preziosi strumenti che l’Ue abbia creato. Ne approfittano le università e la conoscenza delle lingue. Inoltre alimenta l’amicizia tra Paesi e la comprensione reciproca. Sappiamo che il primo Paese in cui vai da persona adulta ti trasforma in un ambasciatore di quel Paese”.
La sua collega di partito Anngret Kramp-Karrenbauer vuole eliminare la seconda sede del Parlamento a Strasburgo. E’ d’accordo con lei?
“No. Io non rinuncerei mai alla sede del Parlamento a Strasburgo. E’ uno dei simboli della rinconciliazione franco-tedesca che sta al cuore della Ue. Ha una storia enorme. A volte bisogna anche investire anche nei simboli”.
Molte iniziative del suo predecessore, Juncker, sono state bloccate dai capi di Stato e di governo. Cosa farà per riconquistare potere?
“Io ho un rispetto assoluto per la triangolazione tra Parlamento, Commissione e Consiglio. Non vedo l’ora di lavorare con una nuova squadra e lo farò in questo spirito sin dall’inizio. So per esperienza che non è un credito infinto. Con il nuovo presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, siamo ansiosi si andare avanti e fare progressi. Vedremo”.
E se le cose non avanzeranno, lei è a favore di un’Europa a più velocità ?
“Non sono una fan dell’idea che l’Europa si muova a velocità diverse perchè ciò non fa che acuire le divisioni”.
(da “Lena – Leading European Newspaper Alliance”)
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