INTERVISTA ALLO STORICO CAROTENUTO: “ALTRO CHE FRATELLI D’ITALIA, IL SUD E’ STATO SVENDUTO ALLA LEGA”
“UNA VISIONE ANTI-MERIDIONALE”
Gennaro Carotenuto, professore di Storia contemporanea dell’Università della Campania, la questione meridionale è più attuale che mai?
“L’Autonomia differenziata è il prezzo pagato dal governo Meloni alla Lega Nord, che non è mai stata meno che Nord, per avere il presidenzialismo. Questa è la questione. Il Sud è stato venduto da un partito che si dichiara nazionalista a un partito che ha nel suo dna tutti i germi del secessionismo. Ma il punto è questo: lo scambio che avverebbe sulla pelle dell’Articolo 3 della Costituzione che garantisce l’uguaglianza di tutti gli italiani, e in particolare dei meridionali che dagli anni Novanta stanno pagando un prezzo altissimo tanto alla riduzione del peso dello Stato come alle pretese della Lega Nord che oggi, nello scambio autonomia/presidenzialismo mette a nudo la contraddizione di un partito che si proclama nazionalista”.
Il partito di Giorgia Meloni si chiama infatti Fratelli d’Italia.
“Sì, solo che l’unità del Paese se l’è venduta e se l’è venduta alla Lega Nord”.
Quali i motivi che hanno inasprito i divari Nord-Sud?
“La spesa pubblica è stata sempre maggiormente indirizzata verso le aree forti del Paese, che hanno cumulato grandi vantaggi infrastrutturali. C’è una sola fase storica che è quella del dopoguerra e del boom economico, in cui c’è stata una parziale riduzione delle differenze tra aree forti e deboli del Paese. Quella fase si è conclusa alla fine degli anni ’80, con la caduta della cosiddetta Prima Repubblica. Al termine della quale si stabilisce una retorica in particolare contro il pubblico, contro lo Stato, contro il pubblico impiego che va a danneggiare le aree più deboli del Paese, qual è il Mezzogiorno. Questo ha comportato per esempio che i servizi pubblici del Sud siano stati molto più sguarniti dei servizi pubblici del Nord del Paese. Questo è un processo che data anni Novanta e che, senza addebitare direttamente colpe a Silvio Berlusconi o solo a lui, ci riconduce ancora una volta alle spinte di una forza secessionista, anti italiana che è la Lega Nord, che ha puntato a stabilire rapporti di forza favorevoli alla diluizione dell’unità nazionale che ricordo fu tardiva rispetto a Francia o Spagna e che non è mai stata di per sé così forte”.
L’Autonomia differenziata accentuerà tali divari?
“Dividerà italiani di Serie A da italiani di Serie B, approfondendo il solco che è sempre esistito e magari riaprendo il pericolo secessione del Paese. E ciò è paradossale per il nazionalismo di FdI che tradisce la sua ragion d’essere scambiandola col presidenzialismo”.
A beneficiare del Reddito di cittadinanza erano soprattutto cittadini delle regioni meridionali. Averlo smantellato è un’ulteriore manifestazione di disinteresse verso il Sud?
“Questo ci racconta soprattutto di una maggiore difficoltà a perequare le differenze tra ricchi e poveri che si sono ampliate sia al Nord che al Sud. Che poi al Sud ci siano più persone a basso reddito è incidentale. Ma tutte le statistiche ci dicono che in Italia come altrove, ma non certo meno in Italia che altrove, le differenze tra persone a più alto reddito e quelle a più basso reddito nell’ultima trentina d’anni sono aumentate in maniera esponenziale. Una misura perfettibile e criticabile come il Reddito di cittadinanza tamponava le situazioni più drammatiche. Non era la migliore, non necessariamente la misura più giusta e condivisibile, ma metteva chi meno ha in una condizione di minor subalternità. Comunque la si pensi negli ultimi 30 anni il settore pubblico ha sofferto anche dal punto di vista occupazionale e il Mezzogiorno, dove il settore privato è più fragile, ha pagato prezzi più alti. Ciò in particolare nei servizi, penso alla salute o nelle amministrazioni locali. Non parliamo di Nord contro Sud, anche se esiste un pregiudizio antimeridionale sul quale è fondata la narrazione che il Paese fa di sé. Ma c’è un problema qui tra aree interne e aree centrali del Paese. Ci sono più aree interne meridionali ma ci sono anche aree interne in tutte le regioni. L’unica grande opera, che è il simbolo delle grandi opere che hanno cambiato in positivo l’Italia in questi 30 anni, è l’Alta velocità che è essenzialmente una ‘T’ che va da Torino a Venezia e da Salerno a Milano. Quello che è lontano da questa ‘T’ è stato tagliato fuori. Penso alla costa adriatica, a un fenomeno che i sociologi avevano cominciato a descrivere negli anni ‘60 come meridionalizzazione di una regione come le Marche. Questa, fino agli anni ‘80 sembrava aver agganciato il treno dello sviluppo, dal quale si stava già staccando e che adesso ha un modello di sviluppo finito, innanzitutto per il ritardo infrastrutturale che citavo”.
(da agenzie)
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