INUTILE LAMENTARSI, LA CRISI SIAMO NOI
LE OCCASIONI MANCATE NEGLI ANNI ’90: PRIVATIZZAZIONI DELUDENTI, CORRUZIONE, PROFITTI VERSO L’ESTERO
La crisi siamo noi. Il declino dell’Italia, o per meglio dire il suo impoverimento in confronto ai paesi vicini, ha soprattutto ragioni interne. Per la diagnosi credo occorra guardare meglio alla nostra storia.
Siamo andati in cerca di colpevoli esterni quando la spiegazione era hidden in plain sight, sotto gli occhi come la lettera rubata del racconto di Edgar Allan Poe.
Da quasi trent’anni, da ben prima dell’euro, il livello di benessere degli italiani non cresce (il reddito disponibile delle famiglie, nei dati). Dunque è stato qualcosa negli anni ’90 a cambiare il corso degli eventi. Guarda caso, nel 1992 lo Stato italiano ha sfiorato la bancarotta e il vecchio sistema politico è crollato.
Avevamo sperato, allora, che dal patatrac si sprigionassero energie nuove.
Ma dalla società civile emerse Silvio Berlusconi. L’austerità del 1992-93, inevitabile per pagare i debiti sconsiderati degli anni ’80, spinse a riorganizzarsi tutti i privilegiati a cui si era chiesto di contribuire al bene comune.
Mancò la capacità di cambiare le leggi per togliere incentivi alla corruzione, cosicchè nell’arco di un decennio i nuovi partiti hanno ripreso a comportarsi come i vecchi.
Si era sperato nel 1993-94 che l’economia colpita potesse riaversi esportando, grazie alla caduta a picco della lira. L’accordo con i sindacati garantiva salari fermi mentre il cambio scendeva. Ma i profitti così raccolti finirono perlopiù nell’immobiliare o all’estero.
Delusero le privatizzazioni non perchè si sia “svenduto”, come sostengono i neo-dirigisti di adesso, ma perchè i capitalisti italiani, impreparati alla globalizzazione, cercavano guadagni sicuri in settori protetti dalla concorrenza.
Infine, con il gran balzo tecnologico già in corso, lo spettacolare calo del costo del denaro donatoci dall’euro fu vissuto più come una penosa scomparsa di rendite sicure (dai BoT) che come incentivo a investire con maggior coraggio.
Sia il ristagno economico sia le accresciute disuguaglianze datano dagli anni ’90.
La pressione fiscale dopo le emergenze non cala perchè ogni margine di spesa serve per il consenso alla politica.
Di nuovo nel 2011 l’Italia ha sfiorato l’abisso del default, e di nuovo dimentica come c’è arrivata. E si continuano a cercare capri espiatori mentre con misure irresponsabili come quota 100 scarichiamo sui figli un futuro di tasse ancora più alte.
(da “La Stampa”)
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