ITALIA DA RECOVERY: LA RICHIESTA DEL GOVERNO MELONI DI OTTENERE ULTERIORI PRESTITI HA STUPITO LA COMMISSIONE EUROPEA
NON SOLO PERCHÉ ROMA HA AMMESSO CHE RISCHIA DI NON RIUSCIRE A SPENDERE IN TEMPO TUTTE LE RISORSE GIÀ ASSEGNATE DAL PNRR. MA ANCHE PERCHÉ L’ITALIA NON HA INDICATO UNA CIFRA PRECISA… INTANTO LA REVISIONE DEI PROGETTI È IN ALTO MARE
Grande è la confusione sotto il cielo del Pnrr. L’ultima decisione del governo italiano, che ha comunicato ufficialmente a Bruxelles il suo interesse a ottenere ulteriori prestiti, ha un po’ sorpreso la Commissione europea. Non soltanto perché nelle ultime settimane l’esecutivo aveva segnalato il rischio di non riuscire a spendere in tempo tutte le risorse già assegnate all’Italia, tanto che esponenti della maggioranza avevano persino ventilato l’ipotesi di rinunciare a una parte dei fondi a debito.
Ma anche perché la richiesta giunta negli uffici di Palazzo Berlaymont è assolutamente generica e non accompagnata da una cifra precisa.
Il problema è che l’esecutivo sembra brancolare nel buio dei “qualora”. «Il governo ha detto di voler modificare il piano – si sfoga una fonte Ue –, ma siamo nella seconda metà di aprile e oltre a non aver ancora definito i progetti da finanziare sembra non avere ancora chiaro l’ammontare delle risorse che intende utilizzare».
Dei dieci Paesi che hanno manifestato il loro interesse a richiedere altri fondi a debito, l’Italia è l’unico che non ha indicato la somma di cui ha bisogno. Per sottolineare la non linearità di questa scelta, a Bruxelles fanno l’esempio della Grecia. Anche il governo di Atene aveva voluto subito l’intero ammontare dei prestiti a sua disposizione, ma ora ha presentato una domanda ben definita: la richiesta è di 5 ulteriori miliardi.
L’impressione è che il governo, dopo aver cercato di scaricare la responsabilità dei ritardi su Draghi, sia entrato in confusione. Raffale Fitto appare solo a gestire il delicatissimo dossier del Pnrr, forse il più importante di tutti per Giorgia Meloni. Da un lato il ministro degli Affari comunitari – ieri in aula alla Camera – ha rassicurato sul rispetto dei tempi per la revisione del piano. Tempi, per inciso, sui quali Commissione europea e governo sono divisi: la prima aveva chiesto una proposta entro il 30 aprile, Fitto ha preso tempo fino ad agosto.
Non solo: l’esponente di Fratelli d’Italia ha anche promesso chiarezza rispetto ai programmi «non realizzabili» del piano. Dall’altra c’è la richiesta (non quantificata) di accedere ai fondi rimasti inutilizzati del RePowerEu. Come detto, la scelta sarebbe stata sollecitata dai tecnici, peccato che nella maggioranza c’è chi – come il leghista Claudio Borghi – contesta perfino il pieno utilizzo dei prestiti che l’Italia ha già ottenuto. Anche se il tasso d’interesse resta più conveniente rispetto a quello dei Btp
C’è poi un aspetto curioso in tutta questa vicenda: il silenzio sempre più rumoroso del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, il quale – la cosa nei palazzi è nota – non è mai stato entusiasta del progetto di Fitto (sostenuto da Meloni) di trasferire la regia del piano dall’Ispettorato della Ragioneria a Palazzo Chigi, accentrando anche le competenze dell’Agenzia per la coesione.
Una revisione dei poteri dai tempi peraltro non brevi: il decreto che riforma tutta la governance dei fondi comunitari (ordinari e straordinari) verrà approvato in via definitiva dal Parlamento solo domani, dopodiché occorreranno settimane per le norme di attuazione.
(da La Stampa)
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