LA CHIUSURA DEGLI SPRAR E’ IL PIU’ CLAMOROSO AUTOGOL DEI RAZZISTI NOSTRANI CHE NEANCHE SANNO CHE SONO STATI INTRODOTTI DALLA BOSSI-FINI
LA BALLA DEL “COSI’ DESTINIAMO QUEI SOLDI AGLI ITALIANI”: AI COMUNI COSTA SOLO IL 5% DELLA SOMMA ED E’ DESTINATA AD ASSUMERE ITALIANI CHE COSI’ ORA RESTANO PURE SENZA LAVORO… NON SOLO: PERDONO IL BONUS DI 700 EURO A RIFUGIATO CHE POTREBBERO DESTINARE AD ALTRI INTERVENTI SOCIALI
Appena eletti, i nuovi sindaci di Massa e Pietrasanta sono entrati in Comune e hanno fatto una cosa “rivoluzionaria”: hanno ritirato l’adesione allo Sprar (cioè il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati).
Gli altri sindaci eletti in quota Lega, come annunciato in una campagna elettorale dove hanno parlato solo di migranti e stranieri, lo faranno presto.
Il nobile motivo? “Così finalmente impiegheremo le risorse per gli Sprar per gli italiani bisognosi, basta dare soldi ai migranti!”, hanno spiegato.
Ogni persona “normale” di questo mondo, quando ha davanti qualcuno che si candida a rappresentarla, in particolare in una carica così di prossimità come quella di sindaco, è portato a credere a ciò che gli viene detto.
Magari, può non essere d’accordo, ma una qualsiasi persona difficilmente penserebbe che ci sono esseri umani disposti a mentire su argomenti così delicati.
Ecco, hanno mentito, invece. E continuano a farlo in modo ignobile.
Perchè potete pensarla diversamente da chi vi scrive su come gestire il fenomeno migratorio, ma ciò che stanno raccontando sul sistema Sprar sono menzogne, falsità , bugie per raccattare voti sulla pelle degli italiani che lavorano negli Sprar e sui migranti.
Entriamo nel merito di come le risorse vengono stanziate e impiegate.
Ogni Comune che aderisce al progetto Sprar mette pochissimi soldi di tasca propria: il 5% del totale. Per capirci, 5 euro ogni 95 ricevuti dallo Stato.
Quel 5%, tra l’altro, solitamente viene speso in assunzione di personale (italiano) o in uso dei locali, per esempio l’utilizzo di biblioteche per i corsi di italiano, dove ci sarà un insegnante, italiano, sottratto alla disoccupazione, a fare il suo lavoro, pagato grazie ai soldi arrivati dal Ministero dell’Interno.
Quindi, nella cancellazione degli Sprar, non esistono risorse risparmiate. Anzi, c’è una perdita di ingenti fondi pubblici dati dallo Stato.
Che non va a danno dei migranti o dell’accoglienza, ma degli italiani, in primo luogo.
Mi spiego. Si è giocato molto, in questi mesi, anche sui famosi 35 euro.
Bene, dei famosi 35 euro al giorno, ai richiedenti asilo vanno solo 2,5 euro al giorno di pocket money.
I restanti servono per pagare il personale, che nel 99% dei casi è italiano, giovane, nella maggior parte dei casi donna, laureata in giurisprudenza, scienze politiche, servizi sociali, psicologia e scienze dell’educazione. Cioè titoli di studio con cui in Italia sempre più difficilmente si trova lavoro.
Altre volte, questi soldi — che devono essere minuziosamente rendicontanti, altrimenti non vengono elargiti – servono per pagare affitti di strutture (piccoli appartamenti per poche persone) che, soprattutto nell’accoglienza diffusa, sono case in affitto (il tipico esempio è la casa ereditata dal nonno morto che difficilmente chi l’ha ereditata riesce a mettere a reddito e che invece trova, grazie a quei fondi, uno scopo pubblico. Il risultato è una casa privata non più vuota e utilizzata per un progetto sociale, nonchè una piccola rendita per il nipote che non finirà per trasformare un’eredità in una sola spesa in tasse che non riuscirebbe a pagare).
Chi accede allo Sprar – e quindi ai 35 euro al giorno per migrante — ha poi l’obbligo di investire risorse nella formazione e nell’integrazione dei richiedenti (stage, tirocini, corsi) che ne consentono l’emancipazione.
Lo Sprar — finito ingiustamente nel calderone delle banalizzazioni degli sciacalli e degli immaginari in cui “la gestione dell’immigrazione è un business da malavitosi” — ha consentito in molti luoghi del Paese la governance del fenomeno migratorio. Perchè permette una gestione efficiente, in un contesto di comunità in cui ai migranti si associa il lavoro degli italiani, l’utilizzo di strutture pubbliche, l’interazione con luoghi privati.
Senza lo Sprar, molte persone rischiano di restare in mezzo a una strada, non completando (o nemmeno iniziando) un percorso di autonomia e inserimento sociale. Cosa che porta poi ad altri costi per lo Stato e rischi per la comunità e per le stesse persone coinvolte, quali fra tutti quello di andare ad allargare il campo della piccola criminalità dettata da esigenze di pura sopravvivenza.
Inoltre, lo Sprar permette al singolo comune di utilizzare la “clausola di salvaguardia” e dire no a nuovi arrivi quando l’amministrazione valuta che non sarebbero gestiti al meglio.
In pratica, i comuni virtuosi che hanno accolto migranti tra Sprar e Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria) secondo le indicazioni del Ministero, possono rifiutarsi di prendere nuovi migranti, per esempio, se ritengono sbagliate le modalità di lavoro o i posti di assegnazione proposti dal prefetto, che non può fare altro che adeguarsi.
Al contrario, chi non ha lo Sprar deve adeguarsi alle imposizioni delle scelte prefettizie.
Paradossalmente, un sindaco che non vuole migranti sul territorio dovrebbe al contrario aderire subito allo Sprar, ma i sindaci leghisti ne preferiscono quasi sempre lo scalpo per ovvi motivi elettorali (meglio avere voti facili, che risolvere i problemi, trovare soluzioni, gestire i fenomeni).
Quindi, la mancata adesione ai progetti Sprar va a danno degli italiani che perderanno lavoro e peggioreranno la gestione del fenomeno migratorio, venendo meno una gestione strutturata e integrata dell’accoglienza.
Ma c’è qualcosa di ancora più beffardo e squallido, perchè i Comuni che accedono allo Sprar hanno diritto al cosiddetto “bonus gratitudine” (un termine orrendo, come se l’accoglienza fosse una questione di carità e non un elemento strutturale da gestire, ma non è il punto).
Il bonus significa per i Comuni avere diritto a 700 euro annui dallo Stato centrale da spendere liberamente (quindi volendo per gli italiani indigenti, disoccupati, precari ecc) per ogni richiedente asilo accolto.
Così, oltre ai fondi pubblici per assumere giovani laureati italiani, verranno meno pure quelli per i poveri.
La beffa finale? Lo Sprar è stato introdotto dalla Bossi- Fini, cioè proprio da quelli che ora vogliono sopprimerlo.
Perchè non sia mai che una cosa giusta, che spesso funziona, sia rivendicata. Di questi tempi, per certa politica, meglio prendere voti al suon di “prima gli italiani” che fare qualcosa di buono per gli italiani e non.
(da “Huffingtonpost”)
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