LA DUCETTA FA PIPPA, È COSTRETTA A TRATTARE SUI GIUDICI COSTITUZIONALI: IL BLITZ PER PORTARE ALLA CONSULTA IL SUO CONSIGLIERE GIURIDICO, FRANCESCO SAVERIO MARINI, È FALLITO MISERAMENTE
TRA POCO PIÙ DI 40 GIORNI, SCADRANNO ALTRI TRE GIUDICI. PER QUESTO, LA DUCETTA HA DATO MANDATO AI SUOI DI TRATTARE SULLO SCHEMA PROPOSTO DA ELLY SCHLEIN: DUE POLTRONE AL CENTRODESTRA, UNA ALL’OPPOSIZIONE E UNA A UN TECNICO (IN POLE L’EX SOTTOSEGRETARIO DI DRAGHI, ROBERTO GAROFOLI)
Meloni sarebbe pronta ad accettare l’accordo proposto da Schlein per sbloccare le nomine dei giudici costituzionali, finite nel pantano dello scontro politico e dei veti parlamentari.
Tra poco più di quaranta giorni la Consulta perderà altri tre giudici per fine mandato. Uno di loro è il presidente, Augusto Barbera. In tutto – contando Silvana Sciarra, che ha concluso il suo incarico a fine 2023 – saranno quattro a lasciare la Corte.
E le Camere rischiano di arrivare a quella data frammentate e incapaci di scegliere i successori. Con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che potrebbe essere costretto a intervenire di nuovo, e che ha già informalmente fatto arrivare alla premier e ai leader dei partiti la preoccupazione per uno stallo istituzionale che si sta irresponsabilmente trascinando da troppo tempo.
Meloni ha insistito fino a che ha potuto, tentando un blitz per scardinare i numeri dell’elezione in seduta congiunta di deputati e senatori, e promuovere alla Corte il suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Merini, una delle menti del premierato. L’Aventino delle opposizioni, uscite dall’Aula al momento del voto, ha sabotato questo tentativo e spinto Meloni a cambiare strategia.
I numeri non danno grandi speranze. E la strada, di fatto, diventa obbligata: la maggioranza deve accettare un compromesso con gli avversari. Meloni ha dato mandato agli uomini al vertice di Fratelli d’Italia di trattare sullo schema che propone Schlein e che prevede due giudici costituzionali – e non più tre – indicati dal centrodestra, uno dall’opposizione, e un “tecnico”, non affiliabile ad alcun partito.
Per quest’ultimo, secondo un’ipotesi anticipata ieri da Il Messaggero, la scelta potrebbe cadere su Roberto Garofoli, magistrato, ex presidente al Consiglio di Stato, ex capo gabinetto di diversi ministri dell’Economia ed ex sottosegretario della presidenza del Consiglio, quando a Palazzo Chigi sedeva Mario Draghi.
In cima alla lista dei profili vagliati da chi la segretaria ha delegato per lo scouting c’è Andrea Pertici, professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, membro della direzione nazionale del Pd a guida Schlein. Un nome che non è così gradito all’area riformista dei democratici e su cui andrà misurata la tenuta del fragile asse ritrovato con Matteo Renzi.
Pertici nelle vesti di avvocato della Procura di Firenze ha difeso i pm di fronte alla Corte Costituzionale chiamata ad esprimersi sul conflitto di attribuzione sollevato da Renzi dopo l’acquisizione di chat e mail nell’inchiesta sulla Fondazione Open. Quasi inutile aggiungere, inoltre, che Pertici è un oppositore del premierato.
Attraverso Pertici si intravede il senso che può assumere l’operazione di Schlein: un patto con Meloni per favorire l’elezione dei due costituzionalisti più vicini alle leader.
(da La Stampa)
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