“LA GUERRA È DIVENTATA UN ELEMENTO DI SOPRAVVIVENZA PER PUTIN, PER IL REGIME E L’ÉLITE RUSSA ASSOCIATA AL SUO POTERE”
L’ESPERTO DI RELAZIONI INTERNAZIONALI, WALTER RUSSELL MEAD: “UNA RIVOLTA INTERNA NON È DA ESCLUDERE. A QUEL PUNTO IL NUOVO GOVERNO POTREBBE CHIUDERE IL CONFLITTO E RICOSTRUIRE UNA RELAZIONE CON L’EUROPA“
Le sanzioni non hanno fermato la Russia, Putin ha sbagliato i calcoli e la Nato si muove con le mani legate. Per Walter Russell Mead, uno dei massimi esperti di relazioni internazionali negli Usa, «ora tutti si stanno adoperando per trovare soluzioni rapide, improvvisano perché quel che doveva succedere non è accaduto». Partiamo dalla Nato.
Le no-fly zone sono fuori discussione, ma l’Alleanza fa arrivare armi agli ucraini. Può fare altro?
«L’Alleanza non combatterà mai per l’Ucraina, questo è chiarissimo. Ed è evidente che ci sono dei limiti a quel che può fare. Siamo in uno scenario per alcuni versi simile a quello del 1956 in Ungheria o del 1968 in Cecoslovacchia. C’era poco da fare dinanzi all’avanzata dei carri armati sovietici. Ma, non abbiamo ancora visto in moto la macchina della cyberwar se non qualche attacco ai siti governativi russi».
Quanto Putin si è giovato di questo limite?
«Ha avviato l’invasione senza subire la deterrenza dell’Occidente proprio perché incompleta. Detto questo, Putin ha sbagliato i calcoli».
Non si aspettava una resistenza ucraina così vigorosa, e poi altre sottovalutazioni? «Anzitutto la compattezza mostrata da Nato e alleati sulle sanzioni e sulla diplomazia, non ci sono state crepe e questo il Cremlino non lo riteneva possibile. Nemmeno credo si attendesse che il Giappone si allineasse all’Occidente nelle misure economiche anti-Mosca. E poi le sanzioni alla Banca centrale russa, erano fuori dal radar russo».
Putin è ancora al comando della guerra?
«No, quando inizi un conflitto immediatamente perdi il controllo degli eventi».
Le sue mosse però sembrano andare in una direzione diversa: bombardamenti su infrastrutture civili, ha intensificato i raid
«La guerra è diventata un elemento di sopravvivenza non solo per Putin, ma anche per il regime e per l’élite russa associata al suo potere. Usano la propaganda per dire che l’Occidente è compatto contro la Russia e questo consente di ricorrere a toni patriottici. Poi dice che la Nato arma gli ucraini per uccidere i bravi soldati russi. L’unità dell’Occidente diventa un’arma per giustificare la repressione e salvare il regime».
Sul Wall Street Journal ha ipotizzato un colpo di palazzo contro Putin. Quanto lo ritiene possibile?
«Una rivolta interna non è da escludere. A quel punto il nuovo governo potrebbe chiudere il conflitto e ricostruire una relazione con l’Europa. Questo avrebbe ripercussioni importanti sull’ordine mondiale e un impatto sulla Cina. A Pechino ci penserebbero due volte prima di cambiare lo status quo, penso a Taiwan, con la forza».
E se Putin resistesse e vincesse in Ucraina?
«Ne uscirebbe uno scenario da nuova Guerra Fredda, ancora più gravida di tensione. La Russia controllerebbe tutta l’Ucraina in un mix di forza militare e repressione politica e il confronto con l’Europa diverrebbe incandescente. Non escluderei un conflitto congelato che si trascina per lunghissimo tempo fra cessate il fuoco, negoziati, e scaramucce».
L’Europa ha dimostrato compattezza, Biden è sembrato in alcune fasi quasi far un passo indietro e lasciare agli alleati il pallino e la Germania ha compiuto delle svolte già definite epocali. Cosa ne pensa?
«Serve tempo per valutare queste scelte. Anzitutto se a Mosca un domani dovesse esserci un governo più interessato a tenere rapporti buoni con l’Europa, credo che i tedeschi aprirebbero subito i rubinetti del Nord Stream 2. E poi sulle spese militari che Berlino ha deciso di aumentare sono scettico, un conto sono i proclami, un conto i temi per realizzare queste promesse. L’attivismo europeo e tedesco non mi sorprende».
Perché?
«Quando durante la Guerra Fredda, soprattutto in alcuni anni, gli europei sentivano più forte la minaccia dell’Urss hanno avuto atteggiamenti molto più da “falchi” rispetto agli Stati Uniti. Penso alla Germania Ovest dove i tedeschi espulsi dalla Polonia e dalle terre dei sudeti facevano negli Anni 50 e 60 una grande pressione sul governo di Bonn per l’intransigenza. Quando l’Europa percepisce il pericolo insomma diventa molto combattiva».
Il nuovo ordine mondiale che emergerà da questa guerra non potrà non tenere conto del ruolo della Cina. Ci sono letture contrapposte sui reali rapporti fra Mosca e Pechino, lei come li vede?
«La loro è una partnership basata sulla non-fiducia, sono tenute insieme dalla percezione di avere un nemico comune, ma sia Mosca sia Pechino sono pronti a tradire se dovessero scorgere vantaggi in una scelta di campo diversa. Detto questo, quando di tratta di indebolire il potere americano e di incunearsi nelle relazioni fra Paesi del mondo libero, le intenzioni di Cina e Russia si muovono in parallelo».
(da la Stampa)
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