LA LEGA ORA DENUNCIA BELSITO: PARTE LO SCARICABARILE SULLA TRUFFA DEI RIMBORSI
PROCESSO DI GENOVA, LA LEGA CAMBIA ROTTA: COSI’ AGGRAVA LA POSIZIONE DELL’EX TESORIERE CHE POTREBBE ANCHE AVERSENE A MALE E FARE ALTRE RIVELAZIONI
Il colpo di scena ieri mattina. Quando l’avvocato Roberto Zingari che rappresenta la Lega e in mano ha un mandato firmato dal segretario (e ministro dell’Interno) Matteo Salvini, si presenta in Procura a Genova. E deposita una denuncia per appropriazione indebita nei confronti dell’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito.
Un gesto per certi versi a sorpresa, inatteso – la Lega fino a oggi è sempre rimasta fuori come parte civile da tutti i vari processi- che rischia, però, di avere conseguenze importanti non solo dal punto di vista giudiziario ma anche politico e simbolico.
Spieghiamo meglio. A Genova lo scorso 16 luglio, il processo d’appello per lo scandalo degli investimenti tra Cipro e la Tanzania e la truffa ai danni dello Stato per circa 50 milioni di euro a Belsito, Umberto Bossi e altri ex revisori contabili del partito si è interrotto.
Per il procuratore generale Enrico Zucca che sciorina le richieste di condanna per tutti gli altri imputati, non è possibile farlo per Belsito. Perchè la legge nel frattempo è cambiata.
E il reato di appropriazione indebita che fino a oggi era perseguibile anche d’ufficio necessita di una querela della parte lesa. Dunque mancando la denuncia della Lega non c’è reato e l’accusa per l’ex sottosegretario decade.
Belsito (che in primo grado è stato condannato a 4 anni e 10 mesi) senza querela può solo venire accusato di truffa. E dunque avere una richiesta di condanna minore.
Il procuratore generale nella sua requisitoria mette nero su bianco questo aspetto. E chiede al presidente di aspettare i canonici novanta giorni per capire se la Lega abbia intenzione di presentare denuncia. La situazione si sblocca ieri.
Quando il partito del Carroccio presenta querela formale. Immediata conseguenza è l’aggravarsi del quadro giudiziario per Belsito. Che ora rischia una condanna ben più pesante. Dal momento che sarà imputato di truffa e appropriazione indebita.
Ma questa mossa – a sorpresa – del partito di Salvini può avere riflessi anche sul filone che interessa la “caccia” della Procura ai 49 milioni di euro oggetto della truffa al Parlamento.
Il 5 settembre il tribunale del Riesame – dovrebbe trattarsi di poco più di una formalità – dovrebbe dare l’ok ai sequestri «di tutti i conti della Lega» come stabilito dalla Cassazione. Dalla federazione centrale fino alle sezioni regionali, chiamate nel gergo del Carroccio, Nazioni.
A questo punto, però, accusando formalmente Belsito di essere l’autore materiale della maxi appropriazione indebita, non si può escludere che la Lega “dirotti” per certi versi i sequestri della Finanza sull’ex tesoriere. O al tempo stesso possa chiedergliene conto. Ma non solo.
In questa decisione della Lega viene visto un significato anche e soprattutto politico. Dal momento che il partito, che fino ad oggi è rimasto sostanzialmente distante dall’indagini e anzi ha aperto un vero e proprio “braccio di ferro” con i magistrati genovesi nell’ambito dei sequestri, ora invece si schiera per certi versi a fianco di quegli stessi magistrati che cercano di sequestrare i propri conti correnti e indagano anche per riciclaggio.
Sempre a Genova, infatti, è aperto un fascicolo – se ne occupano i pubblici ministeri Francesco Pinto e Paola Calleri – nel quale si ipotizza, sulla base di una segnalazione anonima arrivata dal Lussemburgo, che la Lega attraverso la banca altotesina Sparkasse abbia portato all’estero una decina di milioni di euro proprio con lo scopo di sottrarli al rischio di sequestro dovuto all’entrata nel vivo del processo agli ex vertici del partito.
Insomma, una mossa che in Procura non si attendevano di certo.
Da ambienti vicini al partito, invece, trapela che si è trattato di un atto dovuto. Dal momento che in precedenza la querela per appropriazione indebita seguiva una strada autonoma e ora, invece, deve necessariamente essere supportata dalla parte lesa. Non c’è invece alcuna possibilità che il partito possa entrare nel processo dal momento che è in corso il secondo grado.
(da “il Secolo XIX”)
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