LA LINEA BERLUSCONI RESTA LA GRANDE COALIZIONE O LE URNE
“VA BENE ANCHE BERSANI, MA CHE SIA UN GOVERNO POLITICO DI LARGHE INTESE”
Al Colle questa volta sale lui, con Napolitano va a parlare di persona, non è più tempo di ambasciatori. «Il mio è un gesto di rispetto, staremo a sentire le condizioni, ma sappiate che a questo punto se nulla cambia noi puntiamo dritti al voto» racconta Silvio Berlusconi ai capigruppo Pdl e ad Alfano preannunciando a sorpresa il suo arrivo a Roma questa mattina per varcare con loro il portone del Quirinale.
Cantano vittoria, i berlusconiani, dicono che Bersani si è cacciato «in un vicolo cieco».
In realtà è il Cavaliere ad aver preso atto che ormai la battaglia per il successore di Giorgio Napolitano è persa: il Pd non ha ceduto, nè lui nè Gianni Letta potranno aspirare alla carica più alta.
E allora se anche l’ultima trincea è perduta, se le garanzie di salvaguardia saltano, non vale più la pena tenere in vita un qualsiasi governo.
A febbraio, l’eventuale, temuta condanna definitiva Mediaset, col suo carico esplosivo dell’interdizione dai pubblici uffici, lo spazzerà via, in assenza di un suo uomo al Colle.
Oppure, è il suo ragionamento di Berlusconi, se lui stesso non sederà di nuovo a Palazzo Chigi.
L’unica chance insomma è giocarsi il tutto per tutto tentando il colpaccio alle urne, forte di sondaggi col segno più: riconquistare la maggioranza e il governo presto, subito, ora.
Parecchi i dirigenti Pdl che hanno martellato il centralino di Arcore per chiedere lumi, in un giovedì sera di incertezza e fibrillazione.
Dal capo dello Stato il Cavaliere dice a tutti di attendersi stamattina una moral suasion di un certo vigore, tra lo spread tornato a salire e i mercati che da martedì rischiano di travolgerci.
Berlusconi arriva a dire ai suoi interlocutori che «su una cosa Vendola ha ragione: se le cose non cambiano, la gente ci rincorrerà per strada».
E allora, preannuncia allo stato maggiore del partito che «se ci verranno offerte le condizioni dettate da Bersani, ebbene, per noi restano improponibili».
E il riferimento è al cosiddetto «doppio binario» proposto dal Pd: un’intesa trasversale sulle riforme, per consentire però la nascita di un governo di centrosinistra. Nulla da fare. Capitolo chiuso, per i pidiellini.
Dunque? «Diremo che siamo pronti a sostenere Bersani, anche un governo guidato da loro, a patto che il presidente della Repubblica sia nostro: da ventuno anni è espressione del centrosinistra, non è più tollerabile. Non vogliono me? Allora Gianni Letta. Non vogliono Letta? Ci indichino pure loro tre esponenti del nostro schieramento» è stato il ragionamento del capo al telefono, che sa tanto di provocazione.
C’è tuttavia una subordinata importante che potrebbe ancora sbloccare la situazione, nella crisi vista dal Cavaliere.
L’ex premier intende ripetere al capo dello Stato la disponibilità a sostenere un governo di larghe intese, di «concordia nazionale».
Nel Pdl, lasciano già trapelare che nomi quali quello del direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni o del ministro degli Interni Annamaria Cancellieri non sarebbero affatto sgraditi.
A una condizione, appunto. «Che Napolitano resti al suo posto»: Il Cavaliere conta di tornare alla carica proprio oggi, di persona, sulla conferma del presidente della Repubblica.
«Anche a tempo, anche solo per due anni» è il suo ragionamento.
Forte del convincimento che il Pd a quel punto non potrebbe rifiutare, puntare su altro, tirar fuori dal cilindro Prodi, Marini o altri uomini di area, piuttosto invisi a Palazzo Grazioli.
Perchè resta il Quirinale, il fortino da espugnare, nell’ottica berlusconiana.
Ma fa già tremare in queste ore la prospettiva più «cupa», da destra: il rischio che, saltato ogni accordo, ogni intesa, una maggioranza Pd-M5s elegga il 15 aprile un capo dello Stato per nulla di garanzia, per l’articolato mondo degli interessi berlusconiani. E allora, per loro, meglio elezioni, piazza, nuova campagna.
Il Pdl terrà la linea della fermezza, questa mattina.
Il pressing per l’esecutivo di «concordia nazionale» resta alto.
Purchè sia politico, non certo tecnico.
Con gli uomini di Berlusconi nei posti chiave.
Giustizia, in primo luogo.
Silvio Berlusconi, al termine dell’incontro con Napolitano ha ribadito la posizione del Pdl: “Siamo disponbili a governo con Pd, Lega e Monti”, ha detto il Cavaliere.
In caso di accordo per un goverissimo al Pdl “va bene la candidatura di Bersani come ci vanno bene anche altre candidature del Pd”.
”Un governo politico”, ha scandito Silvio Berlusconi rispondendo ai giornalisti dopo il colloquio con il Capo dello Stato, ribadendo il no del Pdl a un governo tecnico.
”Basta con i tecnici – ha insistito -. La nostra posizione rimane quella, solo quella che esce dalle urne: un governo di larghe intese tra forze disponibili, deve essere un governo politico, vista l’esperienza tragica del governo tecnico”.
Poi ha precisato che non c’è stata alcuna proposta per quanto riguarda il Quirinale.
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