LA MIGRAZIONE AFRICANA E IL FRANCO COLONIALE
UN RAPPORTO DELLA FONDAZIONE MORESSA DIMOSTRA L’IGNORANZA DI DI MAIO IN MATERIA
Perchè centinaia di migliaia di africani lasciano casa, attraversano chilometri di deserto, si imbarcano e rischiano la vita cercando di raggiungere l’Europa? È davvero anche colpa della Francia e del suo “franco coloniale”?
In verità le cose, come al solito, sono molto più complesse.
Basta vedere i Paesi d’origine dei migranti, il boom demografico in corso in Africa e scoprire come gran parte dei flussi migratori restano tutti interni al continente nero.
Il “franco coloniale” e i migranti.
A fotografare i complessi movimenti di profughi in Africa è uno studio della Fondazione Leone Moressa.
I risultati: le rotte migratorie sono fortemente mutabili.
Nel 2015 la rotta più praticata era quella del Mediterraneo orientale (Turchia-Grecia), di fatto bloccata dopo l’accordo Ue-Turchia del marzo 2016. Da quel momento la rotta più praticata è stata quella del Mediterraneo centrale (verso l’Italia), drasticamente ridotta con gli accordi Italia-Libia del luglio 2017.
Nel 2018, la via più frequentata è quella del Mediterraneo occidentale (Spagna). Non solo. I Paesi d’origine di quanti sono sbarcati nel 2018 in Europa cambiano in base alle tre rotte. I migranti giunti in Spagna sono prevalentemente dell’Africa occidentale e settentrionale: Marocco, Guinea, Mali e Algeria. Tra gli sbarcati in Grecia, i primi cinque Paesi d’origine sono tutti in Asia (Siria, Afghanistan, in testa).
Verso l’Italia c’è invece più frammentazione: in testa i tunisini, seguiti dai migranti provenienti da Eritrea, Iraq, Sudan, Pakistan, Nigeria, Algeria, Costa d’Avorio, Mali, Guinea.
Ebbene quanti di questi Paesi adottano il franco Cfa (valuta di 14 Paesi africani, che stando al vicepremier Luigi Di Maio sarebbe una delle cause di partenza dei migranti)? Solo due, l’ottavo e il nono: Costa d’Avorio e Mali per un totale di soli 1.940 arrivi in Italia nel 2018.
Un continente pronto ad “esplodere”.
Lo studio sottolinea come il problema delle migrazioni africane sia molto più complesso. A partire dai numeri.
La popolazione africana ha superato il miliardo già nel 2010, e nel 2015 si attesta vicino a 1,2 miliardi, più del doppio rispetto a quella dell’Ue. Tra poco più di 10 anni (2030), secondo le previsioni delle Nazioni Unite, sarà già oltre quota 1,7 miliardi. Nel 2050, addirittura, sarà più che raddoppiata rispetto al 2015, superando i 2,5 miliardi
Questa tendenza diventa ancora più significativa se confrontata con l’inverno demografico europeo: circa 500 milioni di cittadini nell’Ue, destinati a diminuire progressivamente. «E’ evidente — scrivono i ricercatori — che questo trend avrà ripercussioni sui fenomeni migratori. La Nigeria, ad esempio, supererà i 400 milioni di abitanti nel 2050. Altri 5 paesi supereranno quota 100 milioni».
Le migrazioni interne all’Africa.
Su 55 Paesi africani, l’80% ha registrato negli ultimi 5 anni un saldo migratorio negativo, ovvero più partenze che arrivi. In particolare, la mappa evidenzia come le aree a maggior intensità migratoria siano la fascia Mediterranea (colpita prima dalle primavere arabe e poi dai flussi di profughi), quella Sub-sahariana (Nigeria, Mali, Senegal) e quella orientale (Somalia ed Eritrea, ma anche Tanzania e Uganda).
Per ogni area territoriale emergono però anche dei Paesi con saldo migratorio positivo, che quindi fanno da polo attrattivo per le aree di crisi limitrofe.
Questa dinamica è particolarmente evidente in Sudan, che registra il saldo migratorio in assoluto più negativo (-589 mila persone), mentre Ciad e Sud Sudan hanno registrato saldi positivi nello stesso periodo (rispettivamente 100 mila e 425 mila). Lo stesso si può dire per Gibuti, Costa d’Avorio e Mauritania, che attraggono parte dei cittadini provenienti dalle aree di crisi vicine.
Nell’Africa meridionale, il Paese maggiormente recettivo è il Sudafrica (+807 mila), ovvero la prima economia del continente. Anche Angola, Botswana e Repubblica Democratica del Congo registrano saldi positivi, compensando le migrazioni dei Paesi dell’area orientale.
Gli slogan semplicistici.
«Il rapporto tra sviluppo e migrazioni torna periodicamente nel dibattito politico, spesso però con toni superficiali o slogan semplicistici (come “aiutiamoli a casa loro”, “è colpa della Francia”).
In realtà — scrivono i ricercatori della Moressa — la situazione è molto complessa: negli ultimi decenni, ad esempio, agli interessi delle tradizionali potenze occidentali si sono aggiunti nuovi attori come Cina e Russia e interessi privati (imprese multinazionali, che spesso hanno fatturati superiori al Pil di interi Paesi). Non solo.
Le migrazioni verso l’Europa sono solo una piccola parte dei flussi dall’Africa, che sono prevalentemente interni. I Paesi africani che attraggono immigrati non sono solo quelli più ricchi (come il Sudafrica): in molti casi i Paesi “riceventi” sono essi stessi poveri, ma vicini ad aree di crisi (Sud Sudan)».
(da agenzie)
Leave a Reply