LA NOTTE DEI PROFUGHI ALLA STAZIONE DI MILANO, DOVE L’EMERGENZA E’ CONTINUA E PREVEDIBILE
LO SPAZIO DOVREBBE ACCOGLIERE 150 PERSONE, NE OSPITA 730… I MIRACOLI DELLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARI
Ieri sera al Hub Stazione Centrale, si temeva una guerra. Nella notte di venerdì 730 migranti hanno dormito in uno spazio che dovrebbe ospitarne 150, una situazione sanitaria ritenuta insostenibile dai tecnici dell’Ats.
Il sovraffollamento non rendeva possibile il controllo delle malattie infettive; scabbia, varicella, scarlattina non sono problematiche gestibili in queste condizioni.
Anche adesso, l’aria dentro alle gallerie coperte è irrespirabile, le brandine blu del comune coprono ogni centimetro di spazio.
Stasera solo donne e bambini avranno il permesso di dormire qui. Non più di 500 persone, ordine dell’assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino.
Dentro quello che una volta era il deposito merci della stazione centrale, belle donne africane si fanno le treccine, qualcuno dorme, mentre fuori centinaia di uomini in fila al freddo aspettano di entrare, qualcuno di loro si stringe dentro una coperta di alluminio, ricordo del recente viaggio in nave.
Fuori dai quattro tunnel coperti dell’Hub, si sentono urla in arabo, in inglese, in lingue che nemmeno gli operatori di Arca possono comprendere.
Sarà difficile spiegare agli uomini che non possono più dormire qui.
Per questa ragione, dall’altra parte della strada, stazionano quattro macchine della polizia locale, e una camionetta della polizia di stato.
In caso di disordine solo il reparto mobile è attrezzato a intervenire. Sono otto uomini, che dovrebbero affrontarne 150. «Ma sono buoni loro, non vogliono disordini, vogliono solo un posto tranquillo dove poter andare avanti con le loro vite», commenta un agente della polizia.
La maggioranza dei profughi presenti in Italia adesso arriva dalla Libia, dove ha subito trattamenti indegni di un essere umano, torture, stupri.
Le donne spesso, prima di partire, si fanno potenti iniezioni di ormoni, per non rimanere incinte nelle violenze che sanno già che dovranno subire nel loro lungo viaggio.
Il nervosismo degli operatori di Arca qui deve sembrar loro niente. I ragazzi di Arca sono sempre presenti qui, e oggi sono tesi, stanchi.
A pranzo hanno distribuito 2000 pasti, tre ore di incessante distribuzione. «Duemila pasti! Duemila!», dice Amina, operatrice sociale «e non siamo riusciti a dare da mangiare a tutti».
Pulman e pulmini vanno avanti e indietro dalla via chiusa, portando i migranti in altri centri.
Ad alcuni di loro toccherà il Palasharp, una tensostruttura senza riscaldamento ne docce, dove dovranno «solo dormire» spiega il presidente di Arca, Alberto Sinigallia.
Questo spazio al Palasharp è normalmente utilizzato dalla comunità musulmana di Milano per pregare, il venerdì.
Ogni giorno alla stazione centrale di Milano arrivano un centinaio di migranti, che prima della chiusura delle frontiere, erano solo di passaggio.
Hub funzionava come una porta girevole negli aeroporti. Una porta che adesso si è inceppata. I transitanti possono anche rimanere qui in attesa per mesi, o di passare la frontiera, o di registrarsi come richiedente asilo.
Come richiedenti asilo avranno diritto a un posto in un vero centro di accoglienza, e all’assistenza sanitaria.
Con la richiesta di asilo, questi uomini nel deposito merci della stazione, riceveranno gli stessi diritti di un cittadino italiano. Ma le attese in prefettura sono lunghe.
Per i diritti bisogna fare la fila, come per il pranzo, le docce, e tutte le risorse inadeguate ai numeri di adesso.
Una pianificazione dell’accoglienza non sarebbe impossibile qui al Nord.
Da una settimana si sapeva degli 11mila sbarcati in Sicilia. Quella di adesso è un’emergenza prevedibile e prevista.
A mezzanotte la strada è quasi vuota, tre ragazzini giocano a calcio con una bottiglietta vuota, altri fanno la lotta: sono i minori non accompagnati, uno dei problemi più difficili da gestire qui all’Hub.
Ogni minore presente sul territorio cittadino è responsabilità del Comune, e dovrebbe avere essere accolto ed accompagnato alla maggiore età in una comunità .
I centri però sono saturi e più di cento ragazzi come quelli che adesso giocano in strada sono incastrati qui all’Hub.
Ogni giorno vengono portati dalle associazioni alla sede del Comune di via Dogana per una assegnazione. Ogni giorno vengono rimbalzati al giorno seguente, e via Dogana adesso viene chiamata dagli operatori «via Domani».
Piano piano le file fuori dall’hub si smaltiscono, e tutti hanno trovato un posto per dormire. È l’una e mezza di notte, e per strada non c’è più nessuno quasi.
Solo Sinigallia si aggira in sandali e il sorriso tranquillo di chi è riuscito a non chiudere nessuno fuori, neanche stanotte.
Thea Scognamiglio
(da “La Stampa“)
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