LA NUOVA GEOGRAFIA DEL CSM: PIU’ FORZA A DAVIGO E ALLE TOGHE PROGRESSISTE
MAGISTRATI “MODERATI” IN RITIRATA DOPO ESSERE STATI TRAVOLTI DALLO SCANDALO
Con il capo cosparso di cenere e lo sguardo rivolto al presidente della Repubblica. I consiglieri del Csm si sono presentati al plenum straordinario, presieduto da Sergio Mattarella, con la consapevolezza che l’istituzione deve ripartire dopo lo scandalo che ha fatto precipitare la magistratura nel suo periodo più buio, nella sua “notte”, per usare le parole utilizzate nel suo discorso di insediamento dal neopresidente dell’Anm Luca Poniz.
Tutti i consiglieri che sono intervenuti dopo Mattarella, a prescindere dall’appartenenza a questa o a quell’altra corrente, hanno professato quello che suona come un mea culpa e sottolineato la necessità di ricominciare daccapo.
E quello che da domani si impegna a cambiare, a “voltare pagina”, come ha chiesto di fare il Capo dello Stato nel suo discorso, è un Csm dalla geografia molto diversa rispetto a quello insediatosi da appena un anno.
Le correnti centriste e moderate – dopo la bufera scatenata dall’inchiesta di Perugia – hanno perso pezzi, a favore di Autonomia & Indipendenza. I togati della corrente di Piercamillo Davigo, nata nel 2017 dopo la scissione da Magistratura Indipendente sono raddoppiati: prima che lo scandalo delle procure scoppiasse erano due.
Sono diventati quattro con l’insediamento di Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, che sono subentrati a Gianluigi Morlini di Unicost e a Corrado Cartoni di Magistratura Indipendente.
Area, invece, il cartello dei magistrati progressisti, non ha, per ora, acquistato nuovi membri, ma il peso dei suoi quattro consiglieri è aumentato, dal momento che, di fatto, i membri effettivi del Csm sono attualmente 13.
Tanti resteranno fino a quando l’unico consigliere ancora autosospeso, Paolo Criscuoli di Magistratura Indipendente, non scioglierà la riserva.
Se dovesse decidere anche lui di lasciare gli subentrerebbe Bruno Giangiacomo di Area. A ottobre, invece, saranno eletti i due togati che dovranno subentrare ad Antonio Lepre e a Luigi Spina, entrambi pm, il primo di Magistratura Indipendente e il secondo di Unicost.
Per sostituirli è stato necessario convocare le elezioni suppletive, perchè tra i non eletti non c’erano altri pubblici ministeri.
Spina è stato il primo a dimettersi, perchè indagato insieme con Luca Palamara e accusato di avergli rivelato informazioni che, dato il suo ruolo, avrebbe dovuto tenere segrete. Gli altri che hanno detto addio all’istituzione, invece, avevano partecipato agli incontri ‘segreti’ con Palamara per decidere a tavolino – secondo i pm di Perugia – le nomine dei vertici delle procure rimaste vacanti.
Sergio Mattarella ha indetto le elezioni di ottobre e ufficializzato l’insediamento dei due nuovi togati, ma la sua presenza al plenum era dettata da ben altre esigenze. Prima tra tutte quella di stigmatizzare la condotta “sconcertante e inaccettabile” dei magistrati coinvolti nell’inchiesta di Perugia e di chiedere, con forza, un nuovo corso. E a una fase nuova, nettamente diversa, guardano anche i consiglieri togati che hanno preso la parola dopo il suo intervento.
Giuseppe Cascini di Area, sentito da Huffpost, definisce il richiamo di Mattarella “una condizione indispensabile per restituire all’istituzione giudiziaria e al suo organo di governo autonomo la credibilità e la fiducia che le recenti vicende hanno incrinato. Condividiamo – sottolinea il togato – la necessità di preservare lo statuto di autonomia e di indipendenza della magistratura, quale presidio irrinunciabile dello stato di diritto e garanzia di libertà per i cittadini”.
Nel suo discorso durante il plenum Cascini aveva sottolineato quali fossero gli effetti negativi delle ultime due riforme del sistema elettorale del Csm, realizzate nel 2002 e nel 2006. Tra queste, in primis, la brama dei fare carriera, “l’ansia di arrivare”.
E di pericoli del carrierismo ha parlato anche Piercamillo Davigo nel suo intervento all’assemblea plenaria.
Il leader di Autonomia&Indipendenza prima di ora aveva mantenuto un certo riserbo sulla vicenda del ‘mercato delle toghe’. Ha rotto definitivamente il silenzio oggi, con un intervento in cui ha chiesto un ritorno all’etica della magistratura: “Sono attonito nel vedere come l’anelito del dare giustizia, che ha ispirato gran parte dei magistrati anche nei momenti più difficili della nostra storia, sia stato sostituito da un pericoloso carrierismo, da una ricerca di ‘medagliette’”.
Uno dei due esponenti di Magistratura Indipendente rimasto tra gli scranni del Csm, Loredana Miccichè, dopo aver sostenuto di parlare a nome della “magistratura silenziosa, alacre, laboriosa, che non merita di vivere il tragico momento e la crisi di questi giorni” ha rivendicato la sua appartenenza all’area culturale dei moderati. “Intendo difendere la tradizione culturale in cui, con moltissimi colleghi, mi riconosco che si caratterizza per una visione liberale e moderata, unita però a un riformismo vivace”, ha affermato.
Poi l’invito a ricostruire sulle macerie senza escludere nessuno: “Non è il momento delle vendette e delle rivalse, nè delle rivendicazioni di superiorità morale, ma della costruzione condivisa di un percorso nuovo”.
Il rappresentante di Unicost, Marco Mancinetti, nel suo intervento ha esortato a “rendere questo momento di difficoltà un’opportunità di autentica svolta” e ad agire “con sobrietà e compostezza, ma con fermezza e rigore, che eserciteremo prima di tutto verso noi stessi”.
Già dalle ore successive all’emersione dell’inchiesta su due dei suoi associati, Palamara e Spina, la compagine centrista aveva avuto una reazione forte, chiedendo al pm romano di lasciare la corrente e garantendo che si sarebbe costituita parte civile in un eventuale processo.
Una scelta, questa, diversa rispetto a quella compiuta da Magistratura Indipendente che – in un’assemblea a porte chiuse – aveva di fatto blindato i suoi consiglieri autosospesi, chiedendo loro di tornare a vestire il ruolo di togato.
Da quel documento è nato un ulteriore scompiglio nella corrente, che ha indotto prima l’ex presidente dell’Anm Pasquale Grasso a lasciarla e poi il suo ormai ex segretario, Antonello Recanelli, a dimettersi.
(da “Huffingtonpost“)
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