LA PATETICA FARSA SULLA TAV PORTA SOLO DISCREDITO
TRUCCHI E FURBATE PER NON DECIDERE MAI NULLA E’ EMBLEMATICA DI UN’ITALIA MINORE
Quanta fatica, in Italia e all’estero, per conquistare e conservare il rispetto e l’ammirazione che il nostro paese giustamente rivendica.
E quanto poco basta, invece, per fare a pezzi i risultati raggiunti, scatenando la commiserazione e la svalutazione di chi non aspetta altro per vedere in noi un popolo poco affidabile, povero di prestigio, isolato come un povero vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro.
Emblematica è la patetica farsa del Tav, con i trucchi e le furbate ( da qualcuno troppo generosamente definite “pensate”) che ormai da lunghissimo tempo si spacciano con impudenza: merce taroccata, buona soltanto per fare “ammuina” e non decidere mai niente.
Così, come i condoni sono diventati “agevolazioni fiscali”, i bandi di gara si sono trasformati in “avvisi di manifestazioni di interesse”.
E la “clausola di dissolvenza” della normativa francese (vincolata a precise condizioni da verificare in concreto) è diventata un escamotage, una tagliola pregiudiziale agitata – a seconda degli interlocutori – come una minaccia o una speranza o uno specchietto per le allodole.
Tutto fumo, neanche un barlume di chiarezza e di certezza laddove ce ne sarebbe bisogno come dell’aria. Non per niente siamo anche il paese di Luigi Pirandello, del “Così è (se vi pare)”, dell’ “Uno nessuno e centomila” e via seguitando.
Solo che Pirandello era un genio della drammaturgia, mentre chi oggi confonde e mescola le carte perchè la partita non finisca mai, rincorrendo unicamente i propri interessi di bottega, è un campione della goffaggine e della “neolingua”, quando non predica idee storte che rasentano l’assurdo e le ipotesi dell’irrealtà .
E dire che il ministro dell’economia Giovanni Tria ci aveva ammoniti: non mantenere gli accordi significa generare sfiducia allontanando potenziali investitori.
Pillole di semplice buon senso, liquidate con supponenti spallucce ( fa ancora scuola il famigerato “questo lo dice lei!”), oppure ricacciate in gola al mittente con un brutale invito a starsene zitto.
Persino i tecnici come il prof. Ponti e compagnia fanno a gara per stupirci. Al prode ministro Toninelli una relazione, all’Europa un’altra tutt’affatto diversa. Le due relazioni fanno a pugni? Macchè. La risposta è tautologica: son cose non comparabili, come le mele con le pere. Intanto l’analisi europea, difficile da digerire, viene declassata riesumando il comodo paravento “a mia insaputa”.
In realtà la scoperta di un “bipensiero” alla Orwell fa una pessima impressione, come si trattasse di un gioco di prestigio neanche troppo sofisticato.
Allo stesso modo delle consultazioni popolari: che sono un mito e vanno sempre bene se si fanno sulla cosiddetta piattaforma Rousseau quale che sia l’argomento (persino l’immunità di un ministro), mentre per il Tav sono illegittime e sconce a prescindere.
Roba da riserva indiana per una tribù di pochi. In sostanza un’Italia minore, mentre si fa impellente la necessità di guardare le cose un po’ più in grande e dall’alto: per modificare uno scenario di perplessità e conflitti che porta al disincanto e alle “dimissioni” dai fatti reali.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply