LA POLVERIERA DI FORZA ITALIA
BERLUSCONI STOPPA SALVINI: “NON SARA’ IL NOSTRO LEADER”… FITTO: “SILVIO CI FAI MORIRE”
La mezza investitura che già sapeva di bluff 24 ore prima, è subito tramontata.
Salvini leader? «Ma no, le mie parole sono state strumentalizzate, ho detto che Matteo è un potenziale leader, ma non che sarà lui, in campo resto io».
Silvio Berlusconi impiega pochissimo a compiere un’inversione delle sue, di fronte agli affondi di Raffaele Fitto e dei suoi nel secondo tempo dell’ufficio di presidenza. In questa partita l’ex premier si gioca l’unità del partito, in seconda battuta la tenuta del patto del Nazareno con Renzi che non vuole tradire, costi quel che costi, insomma, in ballo c’è la sua stessa leadership.
«Non possiamo tradire quel patto – è la tesi che il capo ribadisce davanti a decine di dirigenti – perchè è un patto con gli italiani. Rischiamo di restare fuori dalla scelta del Quirinale: dalle notizie che ho, Napolitano ha intenzione di dimettersi il 20 gennaio. I tempi sono dunque serrati».
E torna a ringraziare Denis Verdini, poco distante da lui, «per il lavoro eccellente che ha fatto sulle riforme, è lui che mi ha riportato al centro della vicenda politica».
Nel parlamentino di Palazzo Grazioli, va quindi in scena per tre ore la seduta di psicanalisi collettiva sulla sconfitta ancora calda di domenica.
Fitto, che non aveva potuto partecipare il giorno prima, si presenta col biglietto da visita dell’intervista mattutina a Radio24 in cui ha già alzato il tiro: «Le primarie? Nel partito devono valere per tutti, anche per Berlusconi, ma io non esco, resto e mi batto».
Uscita che porta subito la temperatura al punto di cottura. Poco dopo le 17 prende la parola per un quarto d’ora davanti al capo e attacca a testa bassa.
«Se il partito deve chiudere ce lo devi dire, Forza Italia deve tornare in mano agli elettori attraverso le primarie e non può essere gregaria di nessun Matteo, nè di Renzi nè di Salvini».
Il cahier de doleance è lunghissimo. Parla di «errori nella costruzione delle alleanze e nella scelta delle candidature». E poi, «il goleador deve essere della tua squadra, non puoi investire un altro».
La linea politica è «schiacciata sul governo, altre volte troppo aggressiva, confondiamo gli elettori».
Infine l’organizzazione del partito «è un problema grandissimo, vanno azzerate tutte le nomine, serve uno choc, bisogna affidarci ai nostri elettori, altrimenti alle primarie ci trascineranno gli alleati».
L’azzeramento delle cariche lo chiederanno in sequenza altri fittiani, Saverio Romano, Daniele Capezzone.
Il presidente della commissione Finanze il più duro. «I risultati sono l’anticamera della sparizione, siamo vicini alla quota Martinazzoli, l’11 per cento che precede l’estinzione. Presidente, dovresti essere grato a Raffaele perchè lui sta mantenendo un gruppo di senatori che altrimenti sarebbero già andati via».
Ma è quando Capezzone denuncia l’ostracismo nei suoi confronti che a Berlusconi saltano i nervi. «C’è una black list, nomi ai quali impedite di andare in tv. Io non sono in condizione di dire la mia, Mediaset e il Giornale sono appiattiti su Renzi e il governo».
A quel punto il leader sbotta: «Ma che dici? Io non controllo nulla, non decido io chi deve andare in tv, sono i conduttori che ormai chiamano in base agli ascolti, su Mediaset e il Giornale poi non ho voce in capitolo».
A differenza dell’altra volta, Berlusconi resta al tavolo della presidenza, tra i capigruppo Brunetta e Romani, non punta il dito e non si scaglia contro Fitto.
Anzi, incassa per amor di patria. Dice che la sconfitta è legata alla sua assenza forzata e alle dinamiche locali. Invita tutti a non dichiarare fuori da lì.
Cosa che invece l’eurodeputato pugliese fa puntualmente davanti alle telecamere appena uscito. «Mi sembra che noi ci vedremo domani a pranzo» è l’invito che l’ex Cavaliere gli porge sottovoce al momento del commiato.
Oggi dunque nuovo chiarimento. Ma Fitto conferma comunque la kermesse del pomeriggio sulla manovra di Renzi al Tempio di Adriano, con la quarantina di parlamentari a lui vicini e centinaia di supporter. La sfida ormai è lanciata.
Nel comitato di presidenza in tanti prendono la parola per sbollire gli animi e ripetere che il leader è solo Berlusconi, nessun leghista.
La Gelmini, Matteoli, Rotondi, Gasparri. C’è anche la Biancofiore che mette in guardia il capo dal perdono ad Alfano: «Caro Silvio, il ministro dell’Interno ti vuole in galera».
Ce n’è abbastanza, può scendere il sipario. «Abbiamo iniziato una riflessione, l’ufficio di presidenza continua la prossima settimana» dice Giovanni Toti lasciando il palazzo. All’ordine del giorno sempre il rilancio del partito. Fuori, lontano, il “goleador” Salvini si schermisce: «Tengo i piedi per terra, troppo presto».
La candidatura d’altronde è già in pista.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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