LA PROCURA: “TROPPI PASSEGGERI E CLANDESTINI: QUELLA NAVE NON DOVEVA NEMMENO PARTIRE”
PER I MAGISTRATI SONO TANTE LE COSE CHE NON QUADRANO
Primo punto: troppi passeggeri sulla nave. 478 dicono i documenti ufficiali «ma ce n’erano altri 18 in overbooking» oltre ai clandestini.
Secondo punto: i clandestini, appunto. Dal racconto dei testimoni erano una dozzina almeno ma soltanto tre sono arrivati vivi in Italia.
Terzo punto: il carico. Troppi camion, troppo pesanti, probabilmente mal disposti e soprattutto con troppe cisterne.
Quarto: le «operazioni di evacuazione della nave», si legge nel decreto di sequestro, effettuate non «secondo i protocolli », almeno a sentire il racconto dei testimoni. Quinto: «l’effettiva dotazione di sicurezza di bordo e la conformità alle norme» con alcune scialuppe che non sono state calate e che non erano abbastanza per tutti i passeggeri.
Sesto e ultimo: lo “scippo”, o meglio il tentato scippo, del relitto da parte dell’armatore.
Eccoli, ricostruendo gli atti che il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe e il sostituto Ettore Cardinali stanno mettendo insieme in queste ore, tutti i lembi del grande buco nero che ha inghiottito la Norman Atlantic e i suoi passeggeri.
LA ANEK LINES SOTTO ACCUSA
A bordo c’erano più passeggeri di quanti erano consentiti. Diciotto in eccesso, senza contare i clandestini. Di questo dovrà risponderne la Anek Lines, la compagnia di navigazione che aveva a disposizione la Norman.
«Una pratica, quella dell’ overbooking – spiegano fonti della Capitaneria di porto – purtroppo comune in certi periodi dell’anno in alcuni porti ma assolutamente illegale. Non è un particolare: così com’era, la nave non sarebbe potuta partire». Ora gli investigatori aspettano anche di capire dalla documentazione di bordo se fosse stato superato il numero massimo di persone che la nave poteva ospitare, e cioè se accanto al problema amministrativo ci sia anche uno di sicurezza. Certo al di là dei passeggeri, il carico che trasportavano era pesantissimo, probabilmente disposto male e sicuramente con troppe cisterne di olio che immediatamente hanno preso fuoco e facilitato il diffondersi delle fiamme
I PROFUGHI NASCOSTI
Oltre ai 496 passeggeri a bordo viaggiavano molti clandestini, saliti a Patrasso e nascosti sotto le ruote dei camion degli autotrasportatori.
Erano nei tre piani (0, — 1 e — 2) che componevano il garage della nave.
«Quando abbiamo visto il fumo – hanno raccontato i tre arrivati a Bari agli uomini della Polizia di frontiera che sta svolgendo un grande lavoro in questi giorni – siamo usciti dai nostri nascondigli e con noi c’erano almeno altre 8-9 persone. Un marinaio ha aperto la porta e noi siamo scappati. Ci siamo buttati in mare e abbiamo trovato una zattera. Così ci siamo salvati». I clandestini a bordo, dunque, erano sicuramente più di dieci.
L’ALLARME INCENDIO
«Il sequestro della nave è necessario per accertare l’esatta dinamica dell’incendio e le operazioni di evacuazione della nave». Quel che fino a ieri era il racconto dei passeggeri diventa oggi un sospetto ufficiale della Procura che nel contestare i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo al comandante, Argillo Giacomazzi, e all’armatore Carlo Visentini, hanno spiegato alle autorità ilperchè fosse necessario sequestrare la nave.
«Ha sentito la sirena?», «chi vi ha avvertiti?», «i membri dell’equipaggio vi hanno aiutati nelle operazioni di salvataggio », hanno chiesto gli investigatori a tutti i passeggeri secondo un modello pre-organizzato dalla Capitaneria di porto.
In mare non ci dovrebbe essere nulla di improvvisato. All’allarme incendio dovrebbe corrispondere una rigidissima procedura di sicurezza della nave, prevista da un manuale di bordo che comprende tutte le specifiche attività da espletare in casi di questo tipo, così come previsto dal Safety Management Code.
Le prime risposte che ha la procura non sono rassicuranti: praticamente tutti i passeggeri hanno risposto che non si è sentito allarme nessuno ha indicato loro i percorsi da prendere per raggiungere le posizioni di sicurezza o comunque le scialuppe di salvataggio, anche i salvagenti si riuscivano a recuperare con molta fatica.
Tutte dichiarazioni che ora dovranno essere riscontrate con il racconto che nella notte hanno offerto gli uomini dell’equipaggio e il comandante – difeso dagli avvocati Vito Melpignano e Alfredo Lonoce – interrogati dalla procura e dagli uomini dell’ammiraglio Giovanni de Tullio.
LA STRUMENTAZIONE DI BORDO
Il sequestro della nave è stato necessario, scrivono gli investigatori nel decreto, anche per verificare la «effettiva dotazione di bordo e la conformità alle normative».
Non solo: ieri gli uomini hanno bussato alla sede della compagnia per sequestrare documenti. Il problema nasce dalle dichiarazioni dei superstiti ma anche dal racconto dei soccorritori.
I posti sulle scialuppe non erano abbastanza anche perchè non tutte le scialuppe sono state calate in mare. La prima lancia è scesa vuota per un quinto mentre almeno un’altra non è stata nemmeno calata quando invece, anche in caso di blackout, dovrebbe poter essere sganciata manualmente.
Proprio sulle scialuppe c’è poi un particolare che non fa stare sereni gli inquirenti. Molti passeggeri hanno raccontato di aver visto tanta gente cadere in mare mentre cercava di salire.
«Sono sospese in aria, bisognava attaccarsi e darsi una spinta per salire. Due persone dell’equipaggio ci aiutavano a salire a bordo ma il vento era molto forte, non si vedeva nulla, i mezzi si muovevano molto e in tanti sono caduti».
Sulla mancanza delle misure di sicurezza hanno presentato denuncia il legal team di “Giustizia per la Concordia” che denunciano tra le altre cose il Rina, il registro ministeriale, per non aver fermato la nave dopo l’ispezione del Paris Mou.
LO “SCIPPO”
L’ultima parte dell’indagine riguarda quanto accaduto l’altra notte attorno al relitto. Il procuratore ha raccontato che nelle acque albanesi sono arrivati alcuni rimorchiatori, «probabilmente mandati dalla società armatrice» che volevano prendere la Norman. «Avrebbero compiuto il reato perchè solo i rimorchiatori della ditta da noi incaricata potevano prendere la nave».
Tra l’altro l’incidente con le due vittime albanesi è capitato proprio a uno dei rimorchiatori privati.
Ma gli armatori, tramite il loro legale, Gaetano Castellaneta, hanno atto sapere di offrire la massima collaborazione agli investigatori.
«A bordo di quella nave, per primi, dobbiamo salire noi» ha ribadito il procuratore Volpe. «Soltanto così si potrà sapere la verità ».
Giuliano Foschini
(da “La Repubblica“)
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