LA PROPOSTA DI SILVIO A MATTEO: AGIBILITA’ POLITICA E MEDIOLANUM IN CAMBIO DEI VOTI PER IL COLLE
CHI DARA’ GARANZIE AVRA’ I VOTI, ANCHE SE SI CHIAMA GIUSEPPE STALIN
I nomi c’entrano poco, almeno per ora.
Per Silvio Berlusconi il “costo” dei suoi voti sul Quirinale è legato all’Interesse.
È questo il “metodo” che l’ex premier ha in mente e che ha confidato alla cerchia ristrettissima: appoggiare il candidato che dà garanzie suoi dossier che considera cruciali, agibilità politica e tutela dell’Impero, in particolare sull’affaire Mediolanum.
Chi dà garanzie, avrà i voti. Anche se si chiama Giuseppe Stalin.
Ecco, il Quirinale come supremo intreccio di quel conflitto che ha accompagnato l’intera storia berlusconiana, dal ’94 in poi.
Per la prima volta, col Nazareno, l’ex premier sente che l’obiettivo è possibile.
Che cioè è possibile ciò che è sembrato “proibito” con Scalfaro, Ciampi, e Napolitano.
L’idea, su cui sono a lavoro gli ambasciatori berlusconiani, è di iniziare la trattativa con un incontro “a tre” – Renzi, Alfano e Berlusconi – già la prossima settimana per arrivare a un patto di sistema di qui all’apertura delle urne presidenziali .
Il “nome” deve essere l’attuatore del patto. Per Berlusconi sono due garanzie che chiederà a Renzi (e ad Alfano).
Da mettere nero su bianco.
L’agibilità politica è la prima. Si chiami “salva-Silvio” o “grazia” è la richiesta di una norma che annulli gli effetti della Severino e gli consenta di ricandidarsi.
E non è solo un fatto di rivincita morale e di “riabilitazione” agli occhi del mondo.
Nel corso dell’incontro di ieri con i leghisti l’ex premier si è detto convinto che le elezioni in primavera sono inevitabili.
Prospettiva che non lo spaventa neanche più di tanto visto che, come Renzi, ha una gran voglia di mandare al massacro un gruppo parlamentare che considera una zavorra.
A patto di poter essere candidato però. Perchè il brand Berlusconi, secondo l’ultimo report della fedelissima Ghisleri, tira ancora.
E con l’ex premier in campo, è possibile, sempre secondo gli stessi report, che Forza Italia possa raggiungere il 20 per cento.
Ecco la prima garanzia: il nuovo capo dello Stato deve essere il garante della “agibilità politica”. In nome di questo, per dirla con una battuta ad effetto di una gola profonda di Grazioli, “il presidente è pronto pure a votare Stalin cantando bandiera rossa”.
Per la seconda “garanzia” che Berlusconi vuole follow the money.
La traccia dei soldi dice che l’Impero non gode più della salute di una volta. Fininvest è in rosso, Mediaset in passivo e alle prese con un difficile mercato pubblicitario, Forza Italia travolta dai debiti a garanzia dei quali, presso le banche, c’è solo il nome di Silvio Berlusconi.
Ed è ancora tutta da giocare la partita per conferire Mediaset Premium a Telecom in cambio di una quota nel gruppo delle telecomunicazioni.
Anzi, la partita pare essersi messa male, stando agli spifferi di ambienti informati. Mentre c’è da resistere all’offensiva di Murdoch.
Insomma, l’Impero è in sofferenza. E questo potrebbe essere tutelato dal Nazareno di governo, senza tirare in ballo il Quirinale.
Follow the money: nel quadro di sofferenza dell’Impero è caduta la tegola di Bankitalia che obbliga Fininvest a vendere in Mediolanum le quote che superano il 9,9 per cento.
Ancora ieri, nella riunione con i senatori, Berlusconi ha pronunciato parole di fuoco sulla vicenda. Perchè Mediolanum, nell’ambito dell’Impero in crisi, è una delle poche cose che rendono.
Ed è legata a questo la partita del Quirinale.
Ricapitolando. Come effetto della condanna per frode fiscale e della Severino, il condannato Berlusconi oltre alla “candidabilità ” ha perso l’onorabilità .
E Bankitalia aveva dato tre mesi di tempo o per vendere o per creare un trust nel quale dirottare la partecipazione nel gruppo eccedente il 9,9 per cento in vista della vendita.
Al termine della scadenza dei tre mesi di tempo, a inizio gennaio, sono state le profonde divergenze con gli uomini di Ignazio Visco su strutture e poteri del trust a spingere gli avvocati di Berlusconi a fare ricorso al Consiglio di Stato per prendere tempo.
E qui si registra una prima criticità sulla questione Quirinale.
Perchè è chiaro che il nome di Ignazio Visco, che pure circola in ambienti renziani, è semplicemente impotabile per l’ex premier.
Il governatore di Bankitalia è stato, nelle ultime settimane, oggetto di numerosi sfoghi perchè ha dimostrato ben poca gratitudine visto che fu nominato proprio dal governo Berlusconi per superare la contrapposizione tra Grilli e Saccomanni.
Una ingratitudine che, per dirla con un vecchio amico del Cavaliere, fa precedente: “Uno che non gli dà Mediolanum gli darebbe l’agibilità ?”.
Già , tutto si lega nella fase suprema del conflitto di Interesse. Ma la vicenda non porta solo a un veto su Visco come candidato al Colle.
Porta a una richiesta per il chicchessia che sarà individuato.
Perchè, nell’ottica di Berlusconi, la partita non è finita ora che c’è il ricorso. In queste settimane, raccontano fonti del Tesoro di alto livello, ha provato pure con qualche “ghedinata” attraverso la Consob, una forzatura sul tema del trust ma anche Giuseppe Vegas si è guadagnato una certo disappunto dalle parti di Arcore.
Dunque, la risoluzione della questione sarà materia per il prossimo inquilino del Colle.
Agibilità politica e onorabilità sono due facce dello stesso conflitto di Interesse.
In cambio i voti. Ed è per tenere aperta la trattativa che Berlusconi ha dato mandato a Brunetta di disturbare i lavori sulle riforme, rallentandoli di capigruppo in capigruppo all’insegna del “prima il capo dello Stato poi le riforme”.
Ed è invece per provare a tenere compatte le truppe in vista delle votazioni sul Quirinale che ha aperto la trattativa interna con Raffaele Fitto.
Nella testa di Berlusconi il nome per il Colle è del tutto secondario.
Tocca a Renzi proporlo. Sarà votato se darà garanzie sull’Interesse.
(da “Huffingtonpost”)
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