LA RENZISTENZA
CHI VINCE LE PRIMARIE EMARGINA GLI SCONFITTI: LA NUOVA ETICA DEL PD
L’associazione partigiani di Alessandria decide di celebrare il 25 aprile con Cofferati. Ma la sindaca Rossa, che a dispetto del cognome è renziana, pone il veto sull’ex sindacalista e propone Boschi o Pinotti.
I partigiani resistono e non se ne fa nulla.
Intanto a Bologna parte la Festa dell’Unità dedicata alla Liberazione, dove non risultano invitati gli esponenti della minoranza: Cuperlo, Civati, Speranza, persino Bersani.
Sarebbe grottesco rimpiangere i riti melmosi della Prima Repubblica, ma democristiani e comunisti avevano un altro stile.
Moro e Fanfani si pugnalavano dietro le quinte, però a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di escludere il rivale da una cerimonia ecumenica del partito.
E nel Pci il «centralismo democratico» obbligava i capi delle varie correnti invisibili a sedere sullo stesso palco, applaudendo ritmicamente le prolusioni sterminate del Signor Segretario.
Ipocrisie, certo. Ma la vita politica (e non solo quella) è fatta di forme che rivestono una sostanza: la ricerca delle ragioni profonde per cui si sta insieme, pur facendosi ogni giorno la guerra.
Nel Partito democratico queste ragioni semplicemente non esistono. Nemmeno la Resistenza, a quanto pare, lo è.
Chi vince le primarie emargina gli sconfitti. Lo ha fatto Bersani, e ora Renzi.
Colui che afferra il volante si proclama diverso, ma poi anche lui seleziona i compagni di viaggio in base al tasso di fedeltà .
Dimenticandosi che alla lunga in politica (e non solo in quella) sono sempre i più fedeli a tradire.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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