LA STORIA DI CATIA, INSEGNANTE PRECARIA: “OGNI GIORNO 160 CHILOMETRI, SONO SENZA STIPENDIO E CON DUE FIGLIE”
LO SFOGO DELLA 47ENNE: “CI TOLGONO LA DIGNITA'”
Catia Andreola ha 47 anni ed è un insegnante di sostegno supplente. Precaria. Ogni giorno affronta un difficile percorso di sacrifici e incertezze per svolgere il suo lavoro, percorrendo 160 chilometri al giorno per raggiungere la scuola in provincia di Pisa. Tuttavia, manca una parte fondamentale: lo stipendio. «Con meno di 400 euro sul conto», racconta la docente sulla sua attuale situazione di precarietà, nonostante l’idoneità al concorso del 2022, che le avrebbe permesso di ottenere una cattedra stabile alla scuola primaria. Per pochi posti non è riuscita a entrare di ruolo, e ora vive in attesa. Andreola racconta a Orizzonte Scuola di essere separata e con due figlie adolescenti a carico, una di 15 anni e l’altra di 17.
«Ci tolgono la dignità»
«Mio papà non c’è più. Mia mamma un tetto sulla testa ce lo offre, anche un aiuto materiale per la gestione delle figlie. Quello che mi fa male è che ci tolgono la dignità», denuncia l’insegnante. «Una persona s’impegna e ci mette tutto l’amore, e poi non riesce a garantire una vita dignitosa ai propri figli. Per me non fa nulla, io posso pure continuare a fare avanti e indietro, ma vorrei dare un futuro certo alle mie figlie», aggiunge. «Insegnare non è un lavoro qualsiasi», dice Andreola, ma il senso di frustrazione cresce ogni giorno, non solo per le difficoltà economiche, ma anche per l’assenza di risposte da parte delle istituzioni. «Dovremmo essere orgogliosi di essere dipendenti dello Stato, invece maledico il giorno in cui ho intrapreso questa strada, nonostante ami quello che faccio», prosegue la docente.
Un presente incerto
L’unica opzione è prendere una casa in affitto ed evitarsi tanti kilometri ogni giorno, ma le condizioni salariali in cui verte la rendono impossibile. L’incertezza per il futuro (e il presente) è costante. Tra il lungo pendolarismo e la mancanza di risorse, l’insegnate si chiede come potrà continuare a fare il suo lavoro: «Domani andrò a scuola, ma quando non avrò più nulla sul conto, cosa posso fare?». E conclude: «Non posso chiedere a mia madre di darmi 20 euro per la benzina o i soldi dell’abbonamento per mia figlia. Ho provato a contattare la scuola, NoiPA, il sindacato, nessuno riesce a darmi una risposta. Sono delusa e amareggiata; soprattutto mi sento privata della mia dignità di lavoratrice, madre e capo famiglia».
(da la Repubblica)
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