LA TERRA DEI FUOCHI CONTINUA A BRUCIARE, ROGHI ANCHE QUANDO PARLA L’EX MINISTRO
NEL 2014 SONO STAI 2.531 I ROGHI DI RIFIUTI
Un filo di fumo sottile che taglia come una lama l’azzurro del cielo.
Passa un minuto e il filo diventa una coltre grigia. Pochi minuti dopo si vede un enorme fungo nero e denso.
L’aria diventa acre e l’ex ministro per i beni culturali Massimo Bray, dal terrazzo della reggia di Carditello, nella provincia di Caserta tossisce e non può fare a meno di girarsi: è uno dei famosi e velenosi roghi della terra dei fuochi.
È bastato sostare qualche minuto in più in un posto dalla visuale ampia per vederne spuntare uno.
«È il dramma di questo bellissimo territorio» — spiega Bray che nonostante le minacce per il suo impegno per la salvaguardia e la valorizzazione di queste zone e in particolare per il recupero di quella reggia, si trovava a Carditello per una intervista alla trasmissione Crash della Rai.
«I roghi identificano troppe volte il paesaggio intorno a Carditello. È necessario che questo tema sia una priorità . Lo ha detto anche con parole chiarissime papa Francesco quando è venuto a Caserta. Questa denuncia il papa l’ha fatta con forza. Ha detto che se vogliamo ridare fiducia, se vogliamo dare speranza non può più accadere quello che accade in questa meravigliosa terra dove appiccano di continuo roghi tossici».
Le cifre
Secondo un dossier di Legambiente redatto proprio ad un anno dall’entrata in vigore delle norme sulla terra dei fuochi del febbraio 2013, nel 2014 nelle province di Napoli e Caserta sono stati censiti 2.531 roghi di rifiuti ma ci sono stati solo 45 arresti di cui 31 per il nuovo delitto di combustione illecita di rifiuti entrato in vigore proprio col decreto, 210 sequestri di veicoli impiegati per il trasporto illegale di rifiuti e 245 sequestri di aree interessate da scarico abusivo e combustione di scarti e immondizia.
Amianto a Caivano
Girando per la terra dei fuochi non è difficile trovare cumuli di rifiuti carbonizzati: a Caivano, per esempio, rintracciamo uno spazio in cui sono stati sversati chili e chili di amianto.
«Prima dell’estate grazie all’attenzione mediatica che c’era stata sulla terra dei fuochi — spiega Enzo Tosti, uno dei leader del coordinamento dei comitati – il fenomeno dei roghi si era un po’ ridimensionato, ora invece sembra non solo che sia ripreso ma che forse sia addirittura aumentato. In realtà la tipologia dei roghi era cambiata: il fenomeno dei roghi era un po’ parcellizzato nel senso che facevano piccoli sversamenti. Poi però quando hanno capito che comunque controlli non ce ne sono, si è ritornati al vecchio metodo: grossi sversamenti e ovviamente grossi roghi. Secondo noi che monitoriamo di continuo queste zone, la situazione è addirittura peggiorata. Chi ha buttato qui l’amianto ha messo a rischio la propria vita e quella di tutte le persone che abitano qui perchè in queste condizioni è impensabile che sia innocuo».
I controlli
Sulla questione dei controlli è scoppiata la polemica tra il movimento Cinque Stelle e il governo: i grillini hanno denunciato che oltre nove milioni di euro previsti per il pattugliamento della Terra dei fuochi, sono stati «spostati» e quindi destinati alla sorveglianza dell’Expo di Milano.
Il governo nega, i comitati chiedono invece che quei soldi siano utilizzati per le bonifiche o per dei controlli efficaci.
Secondo i comitati per provare a fermare i roghi tossici bisognerebbe cominciare a rintracciare chi produce i rifiuti che poi vengono abbandonati nelle campagne e dati alle fiamme diventando veleno.
«Il famoso decreto dello scorso febbraio sulla Terra dei fuochi colpisce l’ultimo anello della catena criminalizzandolo, e fa bene, ma non si occupa della filiera, non si occupa tracciabilità del rifiuto che viene incendiato. Non colpisce chi produce questa tipologia di rifiuto.
La tracciabilità non esiste proprio, invece basta dare uno sguardo e ci si rende conto che ci sono tanti elementi per tracciare chi ha sversato: basta leggere sui sacchi, sugli involucri: ci sono aziende, piccole imprese calzaturiere, tessili, opifici che lavorano per i marchi di lusso e ditte, molte delle quali provviste di regolare autorizzazione, che si occupano della rimozione e smaltimento di amianto».
Il bitume
In uno dei siti che abbiamo visitato e che si trova al centro di distese di campi coltivati, c’era tanto bitume.
Questo materiale mantiene i roghi accesi per ore e produce tantissimo inquinamento. Lì era stato appiccato un grosso incendio e per spegnerlo, ci spiega Tosti, ci sono volute tre autobotti.
«Questo sito è stato segnalato già da tanto tempo dagli stessi agricoltori perchè qui vengono sempre a sversare ma nessuno controlla, nessuno fa niente. Loro coltivano zucchine che dovrebbero essere vendute e che invece non possono essere messe in vendita perchè sono piene di diossina. Questo è inaccettabile. Vediamo che accanto ai rifiuti bruciati ci sono altri materiali e molto amianto. Significa che dopo il rogo hanno fatto altri sversamenti. E qual è stata la risposta? Hanno messo in sicurezza l’amianto con della plastica arancione (che ormai è a terra). Mi sembra evidente che non c’è nulla veramente “in sicurezza”. Sarebbe ridicolo se invece non ci fosse da piangere».
(da “il Corriere della Sera”)
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