LAMPEDUSA, OLTRE 6.000 PERSONE IN GABBIA, L’HOT SPOT AL COLLASSO: “NON C’E’ SPAZIO NEMMENO PER CADERE A TERRA”
BAMBINI, DONNE E UOMINI AMMASSATI NELLA STRUTTURA DI CONTRADA IMBRIACOLA
Lampedusa. Un girone dantesco. Un formicaio di gente che urla, si dispera, semplicemente aspetta. Saturato dagli arrivi delle ultime 48 ore, l’hotspot di Lampedusa è una gabbia stracolma di gente.
Più di seimila persone, l’ultimo bilancio, ormai come sempre approssimativo, di cui oltre 1.600 arrivate dalla mezzanotte di ieri. In Italia, secondo i dati aggiornati dal Viminale alle 8 di questa mattina, sono 123.863 gli arrivi dall’inizio dell’anno.
Negli ultimi tre giorni si è registrato un picco di 8.141 sbarcati: 2.073 l’11 settembre, 5.018 il giorno successivo e 1.050 nella giornata di ieri. “Sono stremata, ma non c’è neanche lo spazio per cadere a terra”, si lascia scappare una mediatrice dell’Oim, l’agenzia internazionale delle migrazioni. Nella struttura di contrada Imbriacola non c’è neanche un fazzoletto di terra che non sia occupato da uomini, donne, bambini.
Molti hanno addosso ancora i vestiti con cui sono arrivati, incrostati di acqua di mare e carburante, tantissimi sono scalzi. Per i più deboli, ci sono un paio di barelle piazzate davanti ai cancelli. Una donna magra, pelle scura e volto antico si tiene la testa fra le mani. Poco distante, tre bimbi tunisini trovano ancora la forza di giocare. Abbracciato a un mediatore, un neonato dorme stremato.
“Ci sono tantissime famiglie con minori”, dicono dalla Croce rossa. E centinaia di bambini e adolescenti che viaggiano da soli. I feriti più gravi, i più fragili, le donne prossime al parto – una ragazza all’alba ha dato alla luce una bambina – sono al Poliambulatorio, ma in hotspot sono in tanti a trascinare gambe zoppe per contusioni e fratture, o con fasciature enormi che nascondono ustioni estese.
C’è chi poi le ferite le ha dentro, come la giovanissima mamma guineana che ieri notte ha perso il suo bimbo di cinque mesi a un passo dalla salvezza. Quando la Guardia costiera è arrivata, sul guscio di ferro su cui viaggiava tutti si sono agitati. E quella barca di latta è andata giù. Anche lei e il suo bimbo sono caduti in acqua, quando sono riemersi lui non respirava più. Ma quel corpicino lei non lo ha voluto mollare, né sulla motovedetta che l’ha soccorsa, né appena arrivata al molo. Ci sono volute ore di lavoro degli psicologi per farle realizzare la perdita. Per lei, banalmente non era concepibile. È in hotspot anche lei, con i suoi fantasmi e tutto l’orrore della traversata ancora addosso.
Per entrare nella gabbia di contrada Imbriacola, si fa la fila. Anzi, si fa anche prima. È quella per l’identificazione, con centinaia di persone disperate, stremate che mostrano il braccialetto associato al loro sbarco e aspettano. I nomi non esistono nell’hotspot di contrada Imbriacola. Le persone sono numeri che scrivono su pezzi di cartone per farsi notare, per farsi chiamare. Per un pasto, per l’acqua, per una visita.
Chi può trova un posto all’ombra per rifiatare, riposarsi. I più hanno atteso ore al molo, sotto un sole che non dà tregua. Quando si è fatto mezzogiorno, i vigili del fuoco hanno attivato pompe e idranti per dare loro un minimo sollievo, qualcuno fra i più giovani si è lanciato in acqua indossando quei giubbotti di salvataggio che durante la traversata non avevano. “Acqua, acqua”, chiedevano appena sbarcati e chiedono adesso in hotspot. Ma non sembra esserci nulla in grado di placare l’arsura che li ha consumati durante la traversata. Come la fame
Nella struttura di contrada Imbriacola la distribuzione di cibo e acqua continua, ma la situazione è difficile. “Come Croce rossa stiamo continuando, sebbene con grandissimo sforzo e difficoltà, a garantire i servizi, dando priorità a fragili, famiglie con bambini e minori”, dice Francesca Basile, responsabile migrazioni della Cri.
“È fondamentale – sottolinea – che la macchina dei trasferimenti continui a funzionare”. In mattinata sono partite settecento persone, altrettante andranno via in serata con il traghetto di linea. Ma all’hotspot continuano ad arrivare naufraghi, altri attendono al molo, altri ancora sulle motovedette che non hanno lo spazio materiale per farli sbarcare.
“Qui siamo tutti stanchi e provati sia fisicamente che psicologicamente, la situazione sta diventando ingestibile e insostenibile”, dice il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino.
E dal mare continuano ad arrivare richieste di soccorso e notizie di nuove tragedie. Quattro migranti tunisini sono morti e altri 21 sono stati salvati dopo il naufragio di un’imbarcazione che li trasportava verso le coste italiane. La carretta del mare si è capovolta dopo aver lasciato la costa di Sfax martedì, ha detto all’Afp il portavoce del tribunale di Sfax, Faouzi Masmoudi, facendo sapere dell’apertura di un’indagine sull’accaduto.
Nel naufragio sono morti quattro migranti, una donna e tre bambini, mentre gli altri 21, tutti tunisini, sono stati salvati dalla Guardia costiera. In quarantasette chiedono aiuto al largo di Lampedusa, “sappiamo di trentasei barchini che hanno affrontato la traversata –avvertono da Alarm phone – ma non conosciamo l’esito del loro viaggio”. Sull’isola – tutti lo sanno – la giornata sarà lunga.
(da La Repubblica)
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