L’APPARTAMENTO EREDITATO DAL SENATUR: DOVEVA ANDARE AL PARTITO, MA BOSSI SI E’ TENUTO I SOLDI
UNA MILITANTE DONO’ LA SUA CASA AL SENATUR “IN QUANTO SEGRETARIO” DEL PARTITO…VENDUTA A FEBBRAIO PER 480.000 EURO, BOSSI SI E’ TENUTO I SOLDI IN QUANTO NON RISULTA DICHIARATA ALLA CAMERA…NELLO STESSO PERIODO LA MOGLIE MANUELA HA ACQUISTATO UNA CASCINA A GEMONIO PER IL FIGLIO
Metti un’anziana militante leghista.
Metti che la signora, prima di morire, disponga nel testamento che una casa di sua proprietà vada “all’on. Umberto Bossi, quale segretario della Lega Nord…”.
Aggiungi che Bossi decide poi di vendere la casa.
Ora: al di là del rispetto della volontà indicata dalla ottuagenaria fan del Carroccio – e cioè che il bene lasciato finisca effettivamente al movimento – si apre un’altra questione.
Decidendo, come ha poi fatto, di vendere l’appartamento, il capo padano avrebbe l’obbligo di versare il denaro ricavato alla Lega, e di comunicare la compravendita alla Camera dei Deputati.
Se questo non accade, e non è accaduto, oltre a un problema morale se ne pone anche uno legale e amministrativo: posto che Bossi ha violato la normativa parlamentare, dovrebbe pagare una sanzione pari a una cifra che varia da due a sei volte il valore della casa (480mila euro).
La storia ha un inizio ma forse non ancora una fine.
L’inizio è datato 20 agosto 2003.
All’epoca Caterina Trufelli, classe 1931, pasionaria leghista da Cicognara di Viadana (Mantova), è ancora in salute. Il Tribunale di Milano ha risolto in suo favore un’accesa disputa familiare per la proprietà di un appartamento di via Mugello 6 a Milano.
La casa è al sesto piano di un palazzo inizio secolo in zona viale Umbria: 250 metri quadrati, quattro stanze, cucina, bagno, ripostiglio e balconcini, cantina, solaio
Rendita catastale, 958,03 euro.
Nel suo nuovo testamento olografo – ufficializzato il 20/8/2003 – scrive: “Io sottoscritta Caterina Trufelli, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali revoco ogni mio precedente testamento e nomino erede universale l’onorevole Umberto Bossi, quale segretario della Lega Nord, nato a Cassano Magnago (VA) il 19/9/1941…” La Trufelli muore il 10 maggio 2010.
Il suo ultimo scritto è un addio con “desiderata” degni della miglior militante leghista: vuole che le sue ceneri vengano cosparse nel “dio Po”, e, non potendo dare la casa in lascito nè alla sorella (non c’è più) nè al nipote (con cui ha rotto), decide che il beneficiario sarà il partito verde nella figura del segretario Bossi.
Che fa il Senatùr con la casa di via Mugello?
La gira nella disponibilità della Lega come prevede la normativa sulle “erogazioni liberali”?
Oppure: la vende e versa i soldi nelle casse del partito? Macchè.
Bossi la vende, sì, ma si tiene i soldi.
Il 1 febbraio l’appartamento viene acquistato da Angela Torazzi, “non coniugata”, alla cifra di 480mila euro (pagati con assegni non trasferibili e circolari).
L’Agenzia del Territorio registra accettazione e compravendita.
Secondo le norme parlamentari, il capo leghista è tenuto a comunicare il tutto alla Camera. Cosa che non fa.
E dunque, si macchia di una doppia leggerezza.
La prima è una violazione dei regolamenti parlamentari (qualunque atto che riguardi finanziamenti politici al partito deve essere denunciato; la sanzione amministrativa prevista consiste in un cifra che varia da due a sei volte il valore del bene).
La seconda è che è venuto meno ai suoi doveri verso il Carroccio: il termine previsto per i versamenti sotto forma di erogazione volontaria liberale è 60 giorni.
Non risulta che Bossi abbia provveduto ad alcun versamento.
Il bilancio ufficiale dei partiti, va detto, si chiude il 30 giugno, ma è prassi della Lega, come di altri, presentare gli stessi rendiconti alla Camera assieme alle “dichiarazioni congiunte”, il cui termine è scaduto il 31 marzo.
Tra le operazioni immobiliari sulle quali i magistrati stanno facendo luce c’è l’acquisto di una cascina a Brenta, vicino a Gemonio, intestata a Manuela Marrone, moglie di Bossi, e regalata a Roberto Libertà , altro rampollo di casa.
La first sciura leghista l’ha acquistata il 24 giugno 2011 da una signora milanese residente nel Varesotto con atto firmato a Cesano Boscone, nello studio di un notaio di fiducia.
Niente mutuo, sconosciuto il valore della transazione.
E se la cascina fosse stata acquistata col denaro proveniente dal lascito dell’anziana militante leghista?
È la domanda a cui i magistrati cercheranno di dare una risposta.
Paolo Berizzi
(da “la Repubblica“)
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