LETTA PENSA AL MATTARELLUM, MA DEVE FARE I CONTI CON IL M5S
SI RICOMINCIA A PARLARE DI SISTEMA MAGGIORITARIO MA IL M5S RESTA FERMO AL BRESCELLUM PROPORZIONALE
Enrico Letta rilancia il maggioritario e il Mattarellum. Ne parla con Giorgia Meloni e sa che a Matteo Salvini l’idea non dispiace.
Ma dovrà fare i conti, oltre che con le resistenze dentro al Pd, con il no del Movimento Cinque Stelle.
Giuseppe Brescia, presidente grillino della Commissione Affari costituzionali della Camera, padre della proposta di legge elettorale proporzionale che porta il suo nome, ribadisce quanto già affermato qualche giorno fa e cioè che l’orizzonte in cui si muove il Movimento è quello proporzionale.
“Al momento in commissione c’è un testo base già votato in materia elettorale ed è il proporzionale e quello per noi resta il punto da cui partire”, ha scritto su Facebook nei giorni scorsi. “Nessuno, tranne il Movimento 5 Stelle, parla delle preferenze. Noi ci batteremo per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti”, ha aggiunto.
E basta questo per dire no al Mattarellum, dove il 25 per cento di seggi sono assegnati con metodo proporzionale e liste bloccate. Liste però corte e che, dunque rispettano il criterio indicato dalla Corte costituzionale per l’uso di questo sistema di elezione dei rappresentanti.
Brescia, invece, sembra aperto al confronto e all’accordo su altri punti. “Una politica concreta dovrebbe pensare a sbloccare la riforma costituzionale per il voto dei 18enni al Senato. Manca davvero poco per approvarla definitivamente. – ha scritto – Ci aspettiamo poi dal Viminale entro giugno il decreto per la sperimentazione del voto elettronico. Questi sono i temi che andrebbero affrontati a breve in materia elettorale”.
I favorevoli al maggioritario
Il cammino di Letta quindi appare piuttosto impervio. Al fondo del suo ragionamento c’è il principio che le alleanze si devono fare prima del voto. Ma una delle critiche più efficaci che venivano mosse al Mattarellum era il peso enorme che nella coalizione, soprattutto nel centrosinistra, acquisivano i famosi “cespugli”, portatori dell’1 per cento determinante per la conquista di un collegio.
E su questo aspetto basterebbe riguardare un tavolo dove si riuniva l’Unione. E dunque il ritorno al Mattarellum sarebbe una festa per Carlo Calenda, Emma Bonino, Sinistra Italiana, Matteo Renzi e una miriade di altri micro partiti. Che lucrerebbero anche con il proporzionale. E infatti il blocco del Brescellum non era dovuto all’amore per il maggioritario, ma al disaccordo sulla soglia di sbarramento al 5 per cento.
E comunque questo progetto era su un binario morto perchè i numeri al Senato erano traballanti e l’unica speranza era un via libera da Forza Italia. Che però non sembrava intenzionata a rompere con la Lega su questo.
Ancora prima delle alleanze, però, si pone il problema di cambiare qualcosa nel Mattarellum. Anche alla luce del taglio dei numero dei parlamentari. Dunque si dovrebbe ridisegnare i collegi per evitare che siano troppo grandi. Si dovrebbero immaginare meccanismi che spingano verso le coalizioni. Si dovrebbe ripensare il famoso inghippo dello scorporo: nel Mattarellum tutti i voto serviti per eleggere un parlamentare nell’uninominale venivano tolti dalla parte proporzionale. E questo ha provocato la nascita delle liste civetta per eludere il meccanismo.
Voto ai sedicenni
Inoltre, il ritorno al maggioritario, nei pensieri del nuovo segretario del Pd si dovrebbe accompagnare al diritto di voto ai sedicenni. Ma questo implica di mettere mano alla Costituzione. L’articolo 48, recita infatti: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età “. Che è fissata a 18 anni. A meno che di abbassare questa soglia a 16 anni. E viste le difficoltà ad abbassare il diritto di voto per il Senato a 18 anni, sembra difficile pensare di arrivare al voto politico per i sedicenni. E le prime reazioni alla proposta di Letta fanno pensare ad un no del centrodestra.
Nuove regole per evitare i cambi di casacca
Letta pensa poi a mettere mano al successivo articolo, il 49, dove si parla del ruolo dei partiti politici e della regolamentazione democratica della loro vita interna. Ma questo è sempre stato un tabù e lo è stato a maggior ragione anche nei tempi di massimo splendore elettorale del Movimento Cinque stelle. Dalla disciplina dell’articolo 49 discende anche la battaglia che Letta vorrebbe fare contro la “casta” e il fenomeno dei transfughi, le decine e decine di parlamentari che eletti in un partito una volta in Parlamento passano da un gruppo all’altro. L’idea del segretario del Pd è di fare concorrenza ai grillini e togliere loro le residue bandiere della lotta alla casta. Forte anche del fatto che fu il suo governo nel 2014 ad abolire i rimborsi elettorali ai partiti.
Oggi, voluta dall’allora presidente Piero Grasso, esiste una norma del regolamento del Senato che vieta di formare gruppi parlamentari che non siano collegati a partiti presenti con un simbolo alle elezioni politiche.
Alla Camera la riforma del regolamento non fu mai approvata e una norma simile non esiste. E dunque c’è il diritto di transumanza. Ma anche a Palazzo Madama, la norma voluta da Grasso viene elusa e tradita. Basti pensare alla nascita del gruppo di Italia Viva, resa possibile grazie alla concessione del simbolo elettorale da parte del Psi di Riccardo Nencini.
E anche quelli che non riescono a formare un gruppo e finiscono nel Misto sono un problema. Perchè fanno crescere di numero questo raggruppamento, creano componenti che hanno diritto di parola e di spazio. Si pensa a soluzioni drastiche che arrivano ad ipotizzare, sul modello del Parlamento europeo, lo scioglimento del gruppo Misto e la nascita della figura del parlamentare non iscritto che ha meno poteri e diritti. O addirittura come ipotizza qualcuno la decadenza del parlamentare se passa dalla maggioranza all’opposizione o viceversa.
(da TPI)
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