“L’ISTANTANEA DELL’ITALIA CHE ESCE DAL VOTO DI IERI A STRASBURGO SULLA DIFESA COMUNE E SUL SOSTEGNO ALL’UCRAINA È QUELLA DI UNA NAZIONE LACERATA E CONFUSA”
MASSIMO FRANCO: “LA POLITICA ESTERA TENDE A RICOMPATTARE L’UE MA SPACCA L’ITALIA, VITTIMA DELLE CREPE IDEOLOGICHE CHE L’‘EFFETTO TRUMP’ STA PRODUCENDO. IL RISULTATO È DI MARCARE L’IMMAGINE DI UN’ITALIA INCAPACE DI ASSUMERE UNA POSIZIONE NETTA IN UN PASSAGGIO FONDAMENTALE. QUANTO AL PD DI SCHLEIN, TENTATA ALL’INIZIO DA UN ‘NO’, CON LA SUA INVOLUZIONE RINUNCIA A PRESENTARSI ALMENO PER ORA COME CREDIBILE FORZA DI GOVERNO”
L’istantanea dell’Italia che esce dal voto di ieri a Strasburgo sulla difesa comune e sul sostegno all’Ucraina è quella di una nazione lacerata e confusa.
Il «sì» alla proposta di Ursula von der Leyen sul riarmo ha raccolto il 62,6 per cento dei voti: una prova di sostanziale compattezza. Ma l’appoggio delle forze politiche italiane si è frantumato: nella maggioranza di governo e tra le opposizioni.
La politica estera tende a ricompattare l’Ue ma spacca l’Italia, vittima delle crepe ideologiche che l’«effetto Trump» sta producendo. Il partito di Giorgia Meloni ha votato a favore del «libro bianco» sul riarmo e si è astenuto sull’altra risoluzione: quella sull’Ucraina, per un testo considerato tale da «scatenare odio verso gli Usa invece di aiutare l’Ucraina». Il Pd ha fatto di peggio.
Dieci europarlamentari hanno votato a favore del riarmo. Ma undici, dunque la maggior parte, si sono astenuti. A trainare l’approvazione sono stati i Popolari, dei quali fa parte FI, il partito del vicepremier Antonio Tajani; gran parte di Ecr, i conservatori ai quali aderisce FdI; i liberali e i Verdi. Contro si sono schierati i Patrioti europei di estrema destra ai quali aderisce la Lega di Matteo Salvini, l’altro vice-Meloni; una minoranza di Ecr, il M5S e Avs. Ma a colpire è stata soprattutto la posizione di Elly Schlein, risucchiata sulle posizioni «pacifiste» dei post-grillini.
Il risultato è di marcare l’immagine di un’Italia incapace di assumere una posizione netta in un passaggio fondamentale. Può darsi che creda davvero di accreditarsi come «ponte» tra Ue e Usa. I distinguo, tuttavia, rischiano di essere valutati come ambiguità o, peggio, furbizia di corto respiro. I 419 «sì», i 204 «no» e le 46 astensioni dicono che la volontà di trovare una strategia comune è maggioritaria. Nel fronte avverso o scettico si annidano invece contraddizioni crescenti: una deriva che promette di indebolire il peso non tanto della premier ma dell’Italia. Quanto al Pd di Schlein, tentata all’inizio da un «no», con la sua involuzione rinuncia a presentarsi almeno per ora come credibile forza di governo.
Massimo Franco
per il “Corriere della Sera”
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