LOCRIDE DISARMATA DAVANTI AL CORONAVIRUS: “POSSIAMO SOLO PREGARE CHE NON ARRIVI”
IL SINDACO: “L’OSPEDALE NON E’ IN GRADO DI AFFRONTARE L’EMERGENZA: NON ABBIAMO NE’ PERSONALE, NE’ STRUMENTI”
Nella Locride non resta che sperare che il virus non si diffonda.
L’impreparazione cronica dell’unica struttura — l’ospedale di Locri — , il ritardo nella preparazione delle misure d’emergenza e la lentezza degli esiti dei tamponi stanno alimentando l’ansia e le paure dei cittadini e dei sindaci stessi, che hanno lanciato vari comunicati verso le istituzioni per colmare il ritardo nel quale si trova l’unica struttura sanitaria.
“Siamo nelle mani di nessuno”, si legge nell’ultimo comunicato emanato dal Comitato dei sindaci della Locride. “In questo momento ci devono essere idee chiare, direttive precise, ma regna solo la confusione, il pressapochismo. Come si fa a non avere una gestione dell’emergenza sanitaria?”.
La struttura di Locri deve garantire le prestazioni sanitarie per “tutta la Locride, cioè 42 comuni, e anche di più. Abbiamo un bacino di 150-170 mila abitanti”, spiega ad HuffPost Giovanni Calabrese, sindaco di Locri e delegato alla Sanità del Comitato dei Sindaci della Locride. Un presidio in emergenza già prima del coronavirus.
“L’ospedale non è in grado assolutamente di affrontare l’emergenza. Non abbiamo personale, non abbiamo attrezzature, non abbiamo gli strumenti. Non abbiamo i presidi minimi: ci sono medici che hanno mascherine da 10 giorni. La situazione è molto critica, sterile e preoccupante. Dobbiamo pregare che non arrivi il coronavirus in questo territorio”.
La tenda del pre-triage “è rimasta vuota per una settimana, completamente”, ci ha raccontato Caterina Belcastro, sindaca di Caulonia e presidente dell’Assemblea dei Sindaci.
Solo lo scorso 19 marzo, un’ordinanza dell’Asp chiedeva la disponibilità del personale infermieristico per effettuare turni in straordinario. Anche impegnandosi, in molti dubitano che si possano risolvere i problemi cronici dell’ospedale in tempi brevi: “L’ospedale di Locri, per ritardi strutturali ed una serie di cose, oltre che l’adeguatezza del personale, non sarà in grado di accogliere i malati Covid. La nostra speranza è che si possa rafforzare gli hub del Riuniti di Reggio e a Catanzaro, in maniera tale che ci si possa appoggiare li per queste emergenze”, ha detto all’Huffpost il sindaco di Gioiosa Jonica, Salvatore Fuda.
Le altre proposte sarebbero quelle di riattivare l’ex ospedale della vicina Siderno — che è chiuso da anni, e per il quale servirebbe più tempo — o addirittura una nave-ospedale nel porto di Gioia Tauro.
Nella gestione dell’emergenza, ha un ruolo fondamentale l’Asp di Reggio Calabria, che al momento ha al vertice tre commissari straordinari – l prefetto Giovanni Meloni, il viceprefetto Carolina Ippolito e il dottor Domenico Giordano -, nominati dopo il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose del marzo 2019.
L’azienda riceve i tamponi della zona per farli analizzare nell’unico laboratorio che, al momento, è autorizzato per le analisi sul covid-19. Una procedura che rallenta l’arrivo degli esiti. “L’ Asp dispone i tamponi. Questi tamponi vengono disposti in numero limitato in presenza di pazienti sintomatici. I risultati li abbiano aspettati per un paio di giorni, tra il primo e il secondo tampone. Come sindaci abbiamo chiesto che ci possa essere sul territorio una struttura che ci possa assicurare rapidità e una certa quantità di tamponi”, ha spiegato il sindaco Fuda.
Senza dei laboratori sul territorio, sarà impossibile accelerare le procedure: “Stiamo aspettando notizie per l’attivazione di un laboratorio sul territorio. Devono essere strutture accreditate per la microbiologia molecolare. Ma se non c’è il personale di che parliamo?”, dice rammaricato il sindaco Calabrese. Nell’ultima riunione che ha avuto con il direttore sanitario Antonio Bray, avvenuta ieri, “non è emersa una congruità di vedute”.
Nei piani dell’Asp, l’ospedale di Locri dovrebbe mettere a disposizione 12 postazioni Covid, che al momento non ci sono. Non è stato trovato nemmeno il personale specializzato che dovrebbe occuparsi dei pazienti.
Inoltre, “il personale non ha i presidi minimi, le mascherine, guanti, caschi protettivi”, ribadisce Calabrese. Nella giornata di ieri, i commissari dell’Azienda Provinciale sono stati anche soggetti di un’interrogazione parlamentare, perchè non sarebbero più a Reggio. L’onorevole Francesco Cannizzaro, deputato di Forza Italia, ha chiesto: “Che fine hanno fatto i commissari dell’Asp di Reggio Calabria? i commissari, nominati dal governo, hanno abbandonato la città e le loro responsabilita’ in piena emergenza Coronavirus. Parole simili sono state dette dal segretario della Uil reggina Nuccio Duccio durante una puntata di Non è l’Arena: “Abbiamo dei commissari prefettizi che sono arrivati ad autorizzarsi la non presenza all’interno dell’azienda”, tramite una delibera, la 147 del 16 marzo.
I primi casi nella zona sono stati comunicati molto male dall’azienda provinciale. La prima positività è arrivata nella città di Siderno: un contagio che è stato prima confermato dall’Azienda provinciale, poi smentito, poi di nuovo riconfermato.
“Su Siderno noi abbiamo avuto la conferma della positività , poi la smentita per un caso di omonimia. Alla fine è risultato positivo. Ma la notizia sbagliata è arrivata sempre da Reggio Calabria”, racconta Calabrese, che è stato il primo a diffondere la notizia sui social, e ad essere ingannato dalla comunicazione dell’Asp. Nella confusione, si scatenano “ la caccia all’untore, insulti pesanti nei confronti di queste persone”. Sui gruppi WhatsApp girano subito le generalità dei presunti casi positivi.
A Caulonia è successo qualcosa di simile: una signora è risultata positiva al Fovid-19. Il terzo tampone ha smentito la positività , ma l’Azienda Provinciale aveva precedentemente confermato.
“I protocolli non li sappiamo, non abbiamo idea di che cosa prevedono i protocolli perchè non ci sono stati comunicati da nessuno. In maniera informale ti dico che si fanno altri due dopo il primo. Dopo averci comunicato la positività del terzo tampone, e che questo tampone doveva essere mandato allo Spallanzani. Ma ti assicuro che allo Spallanzani non è mai arrivato. Successivamente hanno smentito loro stessi, comunicandoci che l’esito era negativo”.
La positività del terzo tampone era stata comunicata addirittura dalla prefettura locale, e “anche in Prefettura è arrivata una notizia sbagliata”, ci racconta il sindaco Calabrese. La signora è stata dimessa due giorni fa.
A Marina di Gioiosa Jonica, l’unico caso positivo al coronavirus riguarda un dipendente del comune. Anche in questo caso, l’esito del tampone è arrivato dopo “più di un paio di giorni”, ha dichiarato ad HuffPost il sindaco Geppo Femia. “Avevo chiesto se fosse il caso che facessimo il tampone tutti quelli che sono stati a contatto con lui, ma ci hanno detto che in assenza di sintomi non si fa il tampone”.
Fortunamente, il dipendente comunale era in auto-isolamento già da tempo: “Lui era in malattia già da giorno 9, noi abbiamo saputo della positività il 12esimo giorno, a 2 giorni dalla scadenza della quarantena. Avevo richiesto espressamente di fare il tampone, essendo uno degli ultimi ad averlo visto. Mi pento di non averlo fatto per iscritto”.
L’unica arma di cui dispongo i sindaci in questo momento sono gli appelli al distanziamento sociale: “Noi ci stiamo comportando bene, checchè ne vogliono dire, la gente non esce”, spiega il sindaco Femia. Ma il territorio non può vivere con la speranza che la situazione non cambi.
“ Noi non vorremmo che qualche numero in meno nelle regioni del Sud e nella nostra area possa far pensare che ce la possiamo cavare un po’ così, abbassando un po’ la guardia — continua il sindaco Fuda – Da più parti, voci autorevoli dicono che non dobbiamo mollare sui comportamenti e pensare che ci possa toccare di striscio. Può darsi che tra un paio di settimane possiamo trovarci nel disastro”.
(da “Huffingtonpost”)
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