LODO MONDADORI, ALTRA TEGOLA SUL CAVALIERE: RESPINTO IL RICORSO, DOVRA’ PAGARE 541 MILIONI
PER LA CASSAZIONE “ANCHE BERLUSCONI E’ STATO RESPONSABILE DI CORRUZIONE”… DE BENEDETTI: “E’ STATO UNO SCIPPO”
Cinquecentoquarantuno milioni di euro: arriva dalla Cassazione l’ultima tegola di un periodo difficile per Silvio Berlusconi, che domani dovrà affrontare il voto della giunta per le elezioni sulla sua decadenza da senatore.
LA SENTENZA
La Cassazione ha respinto il ricorso della Fininvest contro la Cir per il risarcimento del Lodo Mondadori, che rimane confermato con un ritocco al ribasso, un taglio di circa 23 milioni di euro sulla cifra liquidata dai giudici e pari a 564,2 milioni di euro.
Le motivazioni sul Lodo Mondadori sono state depositate dalla Terza sezione civile della Cassazione.
Si tratta di un verdetto “monumentale” di circa 200 pagine.
“ANCHE BERLUSCONI RESPONSABILE DELLA CORRUZIONE”
In particolare, la Suprema Corte, nel verdetto appena depositato dalla terza sezione civile e relativa all’udienza svoltasi lo scorso giugno, ha accolto solo, e in parte, uno dei motivi della difesa Fininvest, il 13/o, inerente il reclamo per l’eccessiva valutazione delle azioni del gruppo L’Espresso.
Sul punto i supremi giudici hanno «cassato senza rinvio il capo della sentenza di appello contenente la liquidazione del danno in via equitativa, come stimata nella misura del 15% del danno patrimoniale già liquidato».
Nella sentenza la Cassazione scrive che «la valutazione complessiva» degli «elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini civilistici, di ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo imputabile anche al dott. Berlusconi», risulta «correttamente motivata».
LA REAZIONE
Dopo la sentenza, vola il titolo Cir a Piazza Affari. Carlo De Benedetti esulta: «Prendo atto con soddisfazione che dopo più di 20 anni viene definitivamente acclarata la gravità dello scippo che la CIR subì a seguito della accertata corruzione di un giudice da parte della Fininvest di Berlusconi, il quale, a quel tempo, era ancora ben lontano dall’impegnarsi in politica».
La spartizione del Gruppo Mondadori-Espresso – sottolinea – avvenne a condizioni per me molto sfavorevoli per un grave motivo che all’epoca nessuno conosceva. Ci sono voluti sei gradi di giudizio, tre penali e tre civili, per arrivare a questa inappellabile decisione».
«A me – conclude l’imprenditore – rimane la grande amarezza di essere stato impedito, attraverso la corruzione, di sviluppare quel grande gruppo editoriale che avevo progettato e realizzato. Avrò modo di ritornare sull’argomento».
(da “La Stampa“)
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