LOTTI IN PRESSING PER CACCIARE TAVECCHIO
BALLANO I NUMERI IN CONSIGLIO FEDERALE, IL PRESIDENTE SAREBBE RIMASTO IN MINORANZA
E alla fine la “moral suasion” di Luca Lotti sembra avere fatto breccia nella Figc.
Un lavoro certosino, fatto di telefonate e di sms chirurigici sempre più intensi, che è a un passo dall’ottenere un risultato fino a qualche ora fa considerato una chimera: disarcionare Carlo Tavecchio dalla guida del calcio italiano.
Lo stesso Tavecchio che mercoledì scorso, aprendo il vertice federale convocato in fretta e furia dopo la catastrofe della mancata qualificazione della Nazionale ai mondiali russi, aveva fatto mettere a verbale la propria “indisponibilità ” a fare un passo indietro.
Lo aveva fatto dopo essersi accertato di disporre ancora della maggioranza che lo aveva portato su quella poltrona. I numeri, dopo il primo giro di tavolo, erano sembrati gli stessi di sempre, tanto che il principale oppositore Damiano Tommasi, rappresentante dei calciatori, una volta fiutata l’aria aveva deciso di abbandonare polemicamente la riunione.
Ma ora, lo scenario appare repentinamente mutato, e forse quanti avevano accusato il ministro dello Sport di disporre di armi spuntate dovranno ricredersi.
Perchè, stando a quanto filtra da una situazione che è e resta magmatica, Tavecchio non controllerebbe più il Consiglio Federale, organo che attende domani pomeriggio la presentazione di un piano di riforme annunciato dal presidente, contestualmente all’esonero dell’allenatore degli azzurri Giampiero Ventura.
Proprio sulla sostituzione di Ventura con un nome di primo piano (come ad esempio Carlo Ancelotti), Tavecchio aveva puntato molto per smarcarsi dall’assedio dei media e della politica, e in quest’ottica si era speso molto per lui anche Silvio Berlusconi, alleato del leader federale e amico dell’allenatore.
Sfumata questa ipotesi, ha ripreso vigore il pressing di Lotti, che sembra aver portato dalla parte degli oppositori alcuni consiglieri delle componenti da sempre alleate del presidente, come ad esempio la Lega Nazionale Dilettanti (da cui Tavecchio proviene e zoccolo duro dei voti in consiglio) e l’Associazione Allenatori.
In quest’ultimo caso, sembra sia in atto una vera e propria fronda nei confronti di Renzo Ulivieri, ex-oppositore di Tavecchio, convertitosi alla causa di quest’ultimo dopo un patto che prevedeva ingenti stanziamenti di denaro per i tecnici.
Le dichiarazioni di big come l’allenatore del Napoli Sarri, quello della Juventus Allegri e quello della Roma Di Francesco, hanno lasciato intendere che, a differenza di ciò che accade coi calciatori, Ulivieri non rappresenta più i suoi.
A questi vanno aggiunti anche Luciano Spalletti e Vincenzo Montella, legati da un solidissimo rapporto personale con Lotti.
Il diretto interessato avrebbe già verificato di persona che dei voti che prima erano i suoi se ne sarebbero già andati, e medita di presentarsi dimissionario.
I voti sufficienti per il clamoroso ribaltone sono due, e vediamo perchè: domani a Tavecchio servono almeno nove voti (su 17 membri del Consiglio Federale delle Figc).
Secondo lo schema di mercoledì scorso, in teoria ha dieci voti a favore: i sei dei Dilettanti, i due degli Allenatori, uno degli Arbitri e uno suo. Più sette contrari: quattro dei Calciatori, tre della Lega Pro.
Due voti, come detto, sarebbero sufficienti a metterlo in minoranza, ma c’è un altro scenario che viene dato come egualmente plausibile, e cioè che alcuni consiglieri si dimettano: potrebbero essere quelli di Lega Pro, Calciatori e Arbitri (con cui il filo diretto con Lotti è rovente). Se rimangono in dieci, da regolamento, il Consiglio non può rimanere in piedi
Ieri Lotti aveva rincarato la dose, affermando che era “il momento di rifondare il calcio, di non fare compromessi”, augurandosi che non si arrivasse a lunedì “al solito compromesso dove magari il Consiglio federale si accorda su varie posizioni e si riparte facendo finta di nulla”.
Parole dure, che tenevano conto dell’impossibilità di un intervento diretto del governo nella questione, ma che allo stesso tempo implicavano un forte impegno dietro le quinte, che ora sembra pagare.
(da “Huffingtonpost”)
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