L’UOMO DELLE SETTE VITE (E DELLE CENTO VILLE)
VIA DEL PLEBISCITO, MONUMENTO DEL BERLUSCONISMO AL POTERE, VA ABBATTUTO COME LE STATUE DEI GENERALI CONFEDERALI… AZZERARE TUTTO PER RICOMINCIARE DACCAPO
Mai sottovalutare Berlusconi, anche quando sembra battere in ritirata.
Il personaggio coltiva progetti extra-large, che è la taglia del suo ego; nonostante abbia 83 primavere sulle spalle, insiste a porsi traguardi che qualunque altro mortale liquiderebbe con un “ma va”.
Ad esempio, dalle sue parti lo raccontano scalpitante per il Quirinale. Se si presentasse l’occasione giusta, dicono, non disdegnerebbe di fare il presidente della Repubblica. Ha avuto problemi con la giustizia, lo sanno tutti, e il suo profilo non sarebbe adattissimo. Ma sono spuntate queste registrazioni fatte di nascosto a un magistrato defunto che sollevano dubbi sulla sua condanna.
La macchia legale resta, però sbiadita. Inoltre Silvio è sicuro che i candidati della sinistra (la metà di mille) finiranno per elidersi tra loro, rimettendolo in gioco. Nel centrodestra non teme rivali, anzi ritiene che tanto Salvini quanto Meloni, pur di sbarazzarsene, lo spedirebbero volentieri sul Colle. E proprio il sogno di trasferirsi lassù, nell’antica dimora dei Papi che per la sua magnificenza faceva gola già a Napoleone, mette in tutt’altra luce l’addio da Palazzo Grazioli.
Si sono dette una quantità di sciocchezze sul perchè del trasloco. Ad esempio, è circolata voce di un Berlusconi quasi in bolletta; che i 40 mila euro al mese di affitto erano diventati troppi pure per lui, ecco perchè si sarebbe dovuto accontentare della villa sull’Appia antica acquistata da Franco Zeffirelli vent’anni fa per la modica cifra di 4 miliardi di vecchie lire.
Di sicuro risparmierà , su questo non ci piove. Ma chi s’immagina un Cav diventato parsimonioso, per la prima volta in vita sua, non ha la minima idea di quanto l’uomo sia ricco, di come le sue fortune siano smisurate. Figurarsi se non poteva permettersi mezzo milione l’anno di affitto, una briciola per uno come lui che ha speso mille volte tanto di avvocati, trascurando tutto il resto.
Ha rinunciato a Palazzo Grazioli perchè non gli era più funzionale. Perchè quella sontuosa casa patrizia al numero 102 di via del Plebiscito aveva fatto il suo tempo, così come era accaduto per altre precedenti magioni, intensamente vissute e poi tutte abbandonate.
Del resto ciascuna fase del berlusconismo ha coinciso con una dimora-simbolo, con una residenza destinata a colpire l’immaginario collettivo, salvo essere rimpiazzata nel tempo da ulteriori simboli, da palazzi più consoni alle nuove ambizioni.
All’inizio dunque era via dell’Anima, dietro Piazza Navona, che faceva da solare pendant romano al villone di Arcore, immerso nelle brume della Brianza. Fu lì che il Berlusconi imprenditore edile e tycoon televisivo mosse i suoi primi passi da leader politico, lì che si tennero i primi summit del centrodestra allora noto come Casa delle libertà con Umberto Bossi e Gianfranco Fini.
Sennonchè una volta diventato premier, nel ’94, Silvio giudicò poco consono al nuovo status un appartamento borghese certo schicchissimo, però relativamente piccolo, dove i meeting politici si susseguivano con quelli amorosi creando pericolosi cortocircuiti, dove comunque sarebbe stato impossibile ricevere i potenti della terra con il giusto decoro.
Fu così che via dell’Anima venne rimpiazzata da Palazzo Grazioli, già abitazione dell’ambasciatore asburgico a Roma, una decina tra stanze e saloni con un paio di locali destinati alla comunicazione (regno di Paolino Bonaiuti) e il resto alle esigenze molteplici del padrone di casa, ai suoi vizi privati e alle sue pubbliche virtù.
Vi giocò a palla Putin con il cane Dudù, vi capitò spesso a cena Tony Blair, l’uno e l’altro ospitati anche in Sardegna nell’altra residenza cult: villa La Certosa, ristrutturata con un anfiteatro kitch e addirittura con un finto vulcano per strabiliare gli ospiti stranieri e animare le cosiddette feste eleganti.
Ormai le stanze che guardano su punta Lada fanno le ragnatele, Berlusconi non le visita da un bel pezzo, così come non frequenta Villa Gernetto che sarebbe dovuta diventare la sede della sua Università liberale e forse verrà venduta come accadde già per Villa Belvedere a Macherio, nido d’amore con la ex consorte Veronica Lario.
I nostalgici del berlusconismo ci vedranno la fine di un’epopea; qualche avversario immalinconirà al pensiero che sia calato il sipario su un brandello di storia italiana, senza rendersi conto che il primo a non provare nostalgia, tantomeno rimpianti, è proprio Silvio. Con il cuore e la mente lui sta già oltre. Nella sua vita ha comprato e venduto uomini, donne, soprattutto case.
Per mostrarsi vicino agli abitanti di Lampedusa acquistò una villa a Cala Francese, salvo accorgersi che gli aerei gli atterravano praticamente sulla testa. Voleva trasferirsi a L’Aquila dopo il terremoto, poi anche ad Amatrice, purtroppo non trovò location adatte.
Cercò senza successo una residenza napoletana ai tempi delle frequentazioni pericolose con Noemi Letizia; e quando la sua vita notturna superò i livelli di guardia, addirittura affittò per undici mesi un castello nei dintorni di Roma a Tor Crescenza (ribattezzata dai cronisti, chissà perchè, Tor Mignotta). Ogni qualvolta gira pagina, il Cav apre una casa nuova e celebra l’addio a quella vecchia.
Ora il sipario cala su Palazzo Grazioli perchè Berlusconi pensa a se stesso non come leader del centrodestra che lì riuniva ma come padre nobile della Repubblica, statista super partes che ha smesso perfino di sbeffeggiare i grillini. È in piena metamorfosi politica e gli piacerebbe farci dimenticare l’uomo di parte che, per un quarto di secolo, è indiscutibilmente stato.
Via del Plebiscito, monumento del berlusconismo al potere, memoria divisiva e scomoda, va abbattuto proprio come le statue dei generali confederati in America. Azzerare tutto per ricominciare daccapo.
(da “Huffingtonpost”)
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